don't come knoking

North Vietnam 6 - Giai Phong


Dien Bien Phu, all''arrivo ieri sera apparentemente insignificante, mi ha regalato una giornata bellissima, da manuale del viaggiatore indipendente.Sveglia relativamente presto, uno yogurt a colazione preso al volo in un market (niente pho stamattina non tanto per scelta ma perché la mia guest house non dava la colazione nel garage) e poi ricerca di una motorbike per la giornata.Avevo visto la sera prima un'indicazione di un hotel che li affittava.Lo trovo e ovviamente nessuno sa darmi indicazioni su eventuali moto da affittare, poi l'anziana signora ha un colpo di genio e chiama al telefono un ragazzo giovane col quale ci capiamo e mi lascia il suo scooter e il suo casco.... Ecco l'agenzia di affitto motorbike!Scoprirò solo la sera che anche la mia guesthouse mi avrebbe fatto il medesimo giochetto con maggiore comodità da parte mia. Può iniziare la mia giornata a Dien Bien Phu che per attività svolta si può comodamente dividere in tre parti.La prima parte della giornata si è consumata con le visite istituzionali: il museo della Vittoria, il cimitero degli eroi, le colline dove si è consumata la sconfitta dei francesi e il bunker del Colonnello de Castries.Ma che è successo a Dien Bien Phu?In parole molto semplici i Francesi che stavano occupando il Vietnam da un po' di tempo, per timore che il Viet Minh entrasse in Laos (i francesi ne avevano già abbastanza in Vietnam di sto partito che li voleva cacciare), inviarono un po' di battaglioni in loco. Il posto era invitante, c'era abbastanza spazio per organizzarsi e si poteva usare un aeroporto per l'approvigionamento e l'invio di eventuali nuove truppe. Il Vietminh non poteva arrivare li con armi pesanti e molti uomini.E invece, come dimostrarono poi con gli americani, i vietnamiti riescono in imprese impossibili.Truppe ed armamenti furono portati a Dien Bien Phu con una stoica marcia nella giungla, spinti a mano centimetro per centimetro o a pezzi in spalla o in bici. Fu un'impresa epica che portò il generale Giap ad accerchiare i francesi, a chiuderli tra infiniti cunicoli e trincee, ad impedire che i rifornimenti arrivassero via aerea complice anche l'avanzata del monsone.L'assedio di Ðiện Biên Phủ si concluse il 7 maggio del 1954, dopo cinquantasei giorni. Circa 5.000 dei 20.000 soldati francesi che vi avevano preso parte morirono in combattimento. Dei circa 50.000 vietnamiti coinvolti si stima che 8.000 morirono e altri 15.000 vennero feriti.La sconfitta dei Francesi portò agli accordi di Ginevra e alla divisione del Vietnam in due.Ma questa è un'altra storia.Torniamo a me.In motorbike mi dirigo al museo, parcheggio nel cortile e ho davanti a me un grande piazzale dominato dalla solita e solida struttura di cemento in stile socialista. Una struttura rotonda cilindrica a cui si accede per una discesa in cemento. Rimango colpito da quanta gente ci lavora. All'ingresso del piazzale c'era la bigliettaia, dopo lo scivolo in cemento sono accolto da un addetto al controllo del biglietto, poi mi avvicino ad un ufficio dove ci sono 4 o 5 ragazze che smanettano sui loro cellulari e mal volentieri mi indicano un altro ufficio dove un altro addetto mi ritira lo zainetto. Poi si avvicina una signora che mi chiede se necessito di guida.Insomma una decina di persone per un unico visitatore.Arriverà più tardi un gruppetto di turisti vietnamiti ma per un po' il museo è di mia proprietà.Dalle ricostruzioni capisco cos'è la vita di trincea e mi rendo conto dell'impresa quasi impossibile che è stata portare le armi pesanti a Die Bien Phu, impresa condotta con l'aiuto di tutta la popolazione incontrata lungo la strada. I francesi erano soli e non sufficientemente motivatiLa lotta per la liberazione coinvolge tutti perché tutti sono motivati.Un aspetto, questo di cui non tenne per nulla conto l'arroganza americana.E infatti fecero la stessa fine dei francesi.Rapida visita alla collina A1, Eliane per i francesi (dal nome di una delle amanti del colonnello de Castries) dove ci sono delle ricostruzioni delle trincee.Arrivato in cima alla collina mi guardo intorno.Tutto è silenzio, sono solo. La biglietteria era chiusa ma il cancello non era chiuso del tutto, non cera nessuno e sono entrato.E' difficile immaginare in questo irreale silenzio cosa poteva essere nel 1954 durante l'assedio. Non avverto le anime dei defunti ma il grido di un popolo che voleva solo la libertà dai coloni stranieri.Ma è l'ora di andare e di tornare al museo dove intanto hanno chiuso il cancello con il mio scooter ovviamente dentro.Ps il caso o forse no ha voluto che postassi questa parte di viaggio oggi, 25 aprile 2020. Giai Phong