don't come knoking

NAGORNO kARABCK


NAGORNO KARABACKDifficile condensare in poche righe le 7 ore di viaggio di oggi da Yerevan a Stepanakert.Un paesaggio in continua trasformazione mi ha accompagnato sin qui.Dalle pianure coltivate a frutteti, mais e grano (un po' come la provincia granda per intenderci ma un tantino piu' secca) ai primi contrafforti montuosi, brulli e secchi come non mai.Dpo aver costeggiato per un po' la ferrovia, la abbondiamo quando lei piega a sud verso l'Iran. Noi pieghiamo a est lasciandoci l'Ararat alle spalle.La strada sale sempre piu' fino a entrare in un altipiano secco. Scendendo un fiumiciattole rinverdisce dapprima le sue sponde e poi l'intera valle.I villaggi verdi, vere e proprie oasi in mezzo al scco delle colline, lasciano il posto a montagne verdi battute dai venti. In lontananza qualche chiazza di neve. Per intenderci un paesaggio simile a quello che si vede sul pianoro del Colle della Maddalena dalle nostre parti.Raggiunto il Varatan Pass (2344 m.) siamo ormai nella regione di Vayots Dzor (che vuol dire gola delle Disgrazie)e scendiamo vesro un grande lago che costeggiamo per intero.Prima pero' per strada innuemerevoli banchetti improvvisati vendono bottilglie di plastica piene di un liquido scuro. Non siamo in asia, non e' quindi benzina, bensi' vino. La zona di Aremi e' famosa per la sua produzione.La strada riprende a salire, passiamo il confine dove, unico starniero della marshrutka sono costretto a scendere e mostrare i documenti, e poi inizia la picchiata su Stepanakert.La citta' sorge in una conca a circa 900 m., il caldo e' asfissiante.Memorie tangibili della guerra non se ne vedono molte, anche se e' finita da appena 14 anni. Bisognerebbe leggere nei cuori della gente, forse li' ci sarebbe altro da leggere.All'uscita da quel blocco di cemento che e' la guest house tre bambini mi corrono incontro. Non erano ancora nati nel periodo della guerra.Il loro sorriso il miglio augurio per questa terra dimenticata dalla storia.