L'incontro con Sorella Chiara (parte prima) La notte l’aveva passata a vegliare tra i sudori.Un po’ per il caldo e un po’ per la vodka il mattino faticava ad arrivare.A un certo punto si era svegliato a metà della notte con la gola così secca come non la aveva mai avuta. E come spesso succede in tali frangenti neanche una bottiglia d’acqua nei paraggi. Vabbè si resiste fino al mattino.Balle, stavolta era disposto anche a bere dal rubinetto della camera di quello sperduto hotel sulle colline di Yerevan.Niente acqua, accidenti. L’acqua, come aveva imparato il giorno prima nel cadente hotel sovietico, va e viene. E in questo momento non c’era.Non si va avanti così.La decisione è presa. Dal momento che era l’unico ospite dell’hotel (come tra l’altro lo era stato il giorno prima, e quello prima e quello prima ancora …), si poteva ipotizzare di scendere in silenzio, avvicinarsi alle vetrinette frigo sperando nella loro non chiusura e sgraffignare una bottiglia d’acqua.Detto fatto, il suo primo furto di una bottiglietta d’acqua era compiuto: Sabato 10 luglio 2010,Garni, Armenia.L’operazione illegale lo aveva fatto sopravvivere fino al mattino, quando al primo negozietto si era comprato un succo di frutta, 1 litro d’acqua e 1 kg del miglior prodotta di questa terra, gli albicocchi.Di li, saltare su una marshrutka e ritornare a Yerevan, era questione di 45 minuti.Un attimo nell’economia di un viaggio.Un attimo infinito in quell’occasione.Almeno 30 persone amassate l’una sull’altra, con lo zaino che teneva il posto di una persona ad attirare sguardi di rimprovero. In piedi, leggermente piegato sulle ginocchia perché la marshrutka era ben più bassa di lui, con il gomito sinistro appoggiato sulla nuca di un anziano e la mano destra che teneva tutto il corpo in equilibrio aggrappata al sedile davanti, i minuti passavano lentissimi.Li contava ad uno a uno come se servisse a far passare più veloce il tempo in quella posizione non naturale. E invece il tempo scorreva forse più lentamente del suo naturale scorrere.L’arrivo a Yerevan fu una liberazione.Era però felice.Quel giorno sarebbe andato a trovare sorella Chiara.Acchiappato il primo taxi irregolare, una vecchissima Bmw di quelle che si vedevano in Italia una cinquantina di anni fa e che se non fosse per il logo impresso sul cofano arrugginito la si poteva tranquillamente scambiare per un Trabant, nel giro di mezzora era all’Envoy Hotel.Come il primo giornoIl cerchio si era chiuso. Il viaggio finito.Mancavano ancora due cose: la visita alla Santa Sede di Echmiadzin e la visita alla casa delle Sorelle di Madre Teresa.
Parte prima
L'incontro con Sorella Chiara (parte prima) La notte l’aveva passata a vegliare tra i sudori.Un po’ per il caldo e un po’ per la vodka il mattino faticava ad arrivare.A un certo punto si era svegliato a metà della notte con la gola così secca come non la aveva mai avuta. E come spesso succede in tali frangenti neanche una bottiglia d’acqua nei paraggi. Vabbè si resiste fino al mattino.Balle, stavolta era disposto anche a bere dal rubinetto della camera di quello sperduto hotel sulle colline di Yerevan.Niente acqua, accidenti. L’acqua, come aveva imparato il giorno prima nel cadente hotel sovietico, va e viene. E in questo momento non c’era.Non si va avanti così.La decisione è presa. Dal momento che era l’unico ospite dell’hotel (come tra l’altro lo era stato il giorno prima, e quello prima e quello prima ancora …), si poteva ipotizzare di scendere in silenzio, avvicinarsi alle vetrinette frigo sperando nella loro non chiusura e sgraffignare una bottiglia d’acqua.Detto fatto, il suo primo furto di una bottiglietta d’acqua era compiuto: Sabato 10 luglio 2010,Garni, Armenia.L’operazione illegale lo aveva fatto sopravvivere fino al mattino, quando al primo negozietto si era comprato un succo di frutta, 1 litro d’acqua e 1 kg del miglior prodotta di questa terra, gli albicocchi.Di li, saltare su una marshrutka e ritornare a Yerevan, era questione di 45 minuti.Un attimo nell’economia di un viaggio.Un attimo infinito in quell’occasione.Almeno 30 persone amassate l’una sull’altra, con lo zaino che teneva il posto di una persona ad attirare sguardi di rimprovero. In piedi, leggermente piegato sulle ginocchia perché la marshrutka era ben più bassa di lui, con il gomito sinistro appoggiato sulla nuca di un anziano e la mano destra che teneva tutto il corpo in equilibrio aggrappata al sedile davanti, i minuti passavano lentissimi.Li contava ad uno a uno come se servisse a far passare più veloce il tempo in quella posizione non naturale. E invece il tempo scorreva forse più lentamente del suo naturale scorrere.L’arrivo a Yerevan fu una liberazione.Era però felice.Quel giorno sarebbe andato a trovare sorella Chiara.Acchiappato il primo taxi irregolare, una vecchissima Bmw di quelle che si vedevano in Italia una cinquantina di anni fa e che se non fosse per il logo impresso sul cofano arrugginito la si poteva tranquillamente scambiare per un Trabant, nel giro di mezzora era all’Envoy Hotel.Come il primo giornoIl cerchio si era chiuso. Il viaggio finito.Mancavano ancora due cose: la visita alla Santa Sede di Echmiadzin e la visita alla casa delle Sorelle di Madre Teresa.