De gustibus

Fraternità umana e Fraternità cosmica...


La maggior parte degli uomini “moderni” è convinta che solo i propri simili meritino rispetto e amore: in quest’ottica limitante, il resto delle creature presenti su questa Terra sono viste solo come un mondo di oggetti da usare, manipolare, dominare a piacimento. In questo modo la nostra presenza nel mondo si manifesta all’insegna di un netto dualismo: da un lato abbiamo a che fare con le “persone”, dall’altro con gli “oggetti”…E, tra i due ambiti, stabiliamo arbitrariamente una separazione radicale, invocando la dignità peculiare dell’essere umano, unico essere razionale, unico soggetto di diritti, unico essere degno di rispetto! In realtà l’uomo oggi vive come se potesse conciliare due atteggiamenti profondamente contraddittori: un atteggiamento di rispetto nei confronti dei suoi simili (almeno in linea di principio…) e un atteggiamento di conquista e di dominio verso la natura nel suo insieme, nei confronti della quale si sente infinitamente superiore. L’umanesimo, di cui siamo tanto fieri, implica questi due aspetti opposti, rivelandosi così un umanesimo del potere: così, paradossalmente, mentre tende a creare uno spazio umano basato sui diritti e sul rispetto dell’uomo, l’umanesimo moderno ci autorizza a lanciarci a corpo morto alla conquista del mondo e ad esercitare su tutta la natura una sovranità assoluta. Una sovranità feroce, che non esita, pur di raggiungere i suoi scopi, a sacrificare alcune specie viventi, vegetali o animali che siano.Tutta la nostra cultura scientifica, industriale, tecnica ci porta ad essere padroni e sfruttatori della natura, padroni e sfruttatori della vita. E più l’uomo approfondisce le sue conoscenze (la Scienza) e sviluppa i suoi mezzi d’azione (la Tecnologia), più la sua sete di potere si esaspera e si esalta. Così il desiderio di potenza che l’uomo “umanista” intende esercitare sulle cose della natura si rivolta fatalmente contro di lui e i suoi simili: il desiderio di potere travolge anche la razionalità, non conosce più limiti, non rispetta più nulla. Per giustificare ogni eccesso è sufficiente decretare che alcuni uomini o categorie di uomini non fanno propriamente parte della razza umana, che non sono più uomini, o non lo sono ancora… Cosa che, nella logica del nostro umanesimo, autorizza a trattarli con uguale disinvoltura e irresponsabilità, come una specie animale inferiore! Questo è l’autentico peccato originale che spinge l’uomo all’autodistruzione: una volta tracciato un arbitrario confine dei diritti dell’uomo rispetto alle altre specie viventi, è inevitabile riproporre tale confine all’interno della specie umana. È in questo modo che si è giustificata storicamente la schiavitù, come anche la condizione di subordinazione delle donne nella società: e, allo stesso modo, una tribù, una nazione, una razza o una religione hanno sempre giustificato il proprio dominio su altre tribù, nazioni, su di un’altra razza o religione!“Il rispetto dell’uomo da parte dell’uomo non può trovare il suo fondamento in certe dignità particolari che l’umanità si attribuirebbe autonomamente, perché allora una parte dell’umanità potrà sempre decidere che essa incarna queste dignità in una forma più qualificata rispetto alle altre”  (C.Lévy-Strauss). In definitiva, occuparsi dell’uomo senza preoccuparsi di tutte le altre manifestazioni della vita significa, lo si voglia o no, portare l’umanità ad opprimere se stessa, aprirle la strada dell’auto-oppressione e dell’auto-sfruttamento. Non ci può essere una vera riconciliazione con se stessi senza una vera riconciliazione con la natura, con la vita nel suo insieme e sotto ogni forma.