questa mattina

Moravia: Sono stato in Cina


 La rivoluzione culturale in Cina, è un libro di Moravia, finito di stampare il 5 ottobre 1973 dalla Aldo Garzanti Editore s.p.a. di Milano quando, la detta rivoluzione stava ancora procedendo con entusiasmo, dopo donato alla biblioteca comunale di Mira ed ora, casualmente arrivato nella mia mano. B: E così sei stato in Cina?A: Sì, sono stato in Cina.B: Che cos’è che ti ha fatto maggiore impressione in Cina?A: La povertà.B: La povertà?A: Sì, la povertà.B: Sono poveri i cinesi?A: Secondo l’idea occidentale di benessere, poverissimi.B: Che impressione ti ha fatto la loro povertà?A: Di sollievo.B: Diavolo, la povertà, che io sappia, vuol dire degradazione e frustrazione. E tu hai invece provato sollievo. Come mai?A: L’ho provato, di questo sono sicuro: sui sentimenti non ci si può sbagliare. L’ho provato per tutto il tempo che sono stato in Cina. Ma tu mi domandi perché l’ho provato. Non ci avevo ancora pensato. Cercherò adesso di pensarci e di darti una risposta.B: In occidente la povertà non ispira sollievo, al contrario. Ispira senso di oppressione e volontà di rivolta. Guarda per esempio i negri d’America che bruciano i loro ghetti.A: Agli Stati Uniti ci sono poveri e  ci sono ricchi. I poveri sono poveri perché ci sono i ricchi; e i ricchi sono ricchi perché ci sono i poveri. In Cina non ci sono che i poveri.B: Ho capito. In Cina tutti sono poveri. Avrei dovuto pensarlo.A: Sì, tutti. Ma chiamarli poveri è improprio. Bisognerebbe chiamarli in maniera diversa.B: Per esempio?A: Per esempio, non so. Non esiste ancora la parola che sta a indicare un povero in sé e per sé, senza il paragone del ricco. B: Ma insomma che cos’è la povertà cinese, allora?A: Direi che è una povertà senza ricchezza. Cioè, a ben guardare, la condizione normale dell’uomo.B: Spiegati meglio.A: Eppure è semplice. L’uomo nasce sfornito di tutto, ignudo come le fiere della foresta. Nascendo l’uomo non è ancora uomo. Per diventarlo deve provvedersi delle cose che fanno sì che un uomo sia un uomo. In altri termini, del necessario per cui l’uomo si distingue dall’animale. E questo perché l’uomo è quasi per intero un animale come tutti gli altri, a tal punto che spesso ci si domanda se valeva la pena che diventasse uomo. Ma tant’è: l’uomo ha voluto diventare uomo. Ora il necessario per diventare uomo sta nei limiti della povertà, anzi è la povertà stessa né più né meno. Al di là di questo limite comincia la ricchezza, cioè la superfluità. Ma la povertà è la condizione normale dell’uomo perché la ricchezza che è superfluità non lo rende più uomo di quanto non faccia appunto la povertà.B: Essere ricco sarebbe dunque, secondo te, una condizione anormale per l’uomo?A: Anormale, perciò disumana.B: In che consiste questa disumanità?A: Consiste nell’attribuire una funzione espressiva a tutto ciò che è superfluo.B: Il superfluo non è espressivo?A: Ovviamente, no. Altrimenti non sarebbe superfluo.B: Dimmi quand’è che l’uomo oltrepassa il necessario cioè l’umano e sconfina nel superfluo, cioè nel disumano.A: Ricorriamo di nuovo alla Cina. I cinesi, a giudicare da quello che si vede per le strade, hanno il necessario ma non il superfluo, almeno per ora. Sono poveri, l’ho già detto; ma nessuno potrebbe mettere in dubbio che la loro umanità sia completa, cioè che le manchi qualche cosa che potrebbe essere ottenuto attraverso la ricchezza, cioè il superfluo. Sono stato in Cina trent’anni or sono. Allora c’erano cinesi poveri che disponevano appena del necessario e cinesi ricchi che vivevano nel superfluo. I primi erano degradati e i secondi disumani. Appena i ricchi e il loro superfluo sono scomparsi, i poveri sono subito ridiventati umani pur disponendo tuttora soltanto del necessario.B: Eppure l’abbondanza ha qualche cosa di festoso, di allegro, di vitale. Il tuo necessario sarà umano, non dico di no, ma è triste.A: Nel mondo moderno non c’è l’abbondanza, c’è la produzione la quale non è né festosta, né allegra, né vitale.B: Che differenza passa tra l’abbondanza e la produzione?A: L’abbondanza è un dono della natura che non costa né fatica, né denaro ,né tempo. Essa non è destinata al consumo ma all’immaginazione. Invece la produzione costa fatica, tempo e denaro e perciò non è mai abbondante. È semplicemente iterativa, cioè consiste nella moltiplicazione di un prodotto unico per il fine di un maggior consumo.B: Sarà. Ma ammetterai che i cinesi, se gli andassi a dire che la loro povertà è la condizione normale dell’uomo, potrebbero anche protestare. Probabilmente la maggior parte dei cinesi desiderano essere meno poveri oppure, sempre nei limiti e coi mezzi del comunismo, addirittura ricchi.A: Forse hai ragione. Ma io parlo della Cina così com’è adesso, formulando l’ipotesi certamente arrischiata che non cambi. In altri termini la Cina oggi è per me un’utopia realizzata, forse involontariamente, forse casualmente, non importa. È realizzata e io la prendo come esempio per il mio ragionamento. Poi, forse, la Cina diventerà un paese come tutti gli altri, inclusi i paesi comunisti di osservanza sovietica,nei quali ci sono i poveri perché ci sono i ricchi e viceversa. Ma per ora, oggi, la Cina è un paese povero senza ricchi, cioè un paese nel quale povertà è sinonimo di normalità.B: Ho capito. Dunque la produzione e il consumo al di là del necessario sono disumani.............(citato da: La rivoluzione culturale in Cina,Moravia) Oggi rileggo questi commenti di Moravia mi ispirano tante esclamazioni, riflessioni ma anche il tacere.   Non ho mai vissuto quella epoca, sono nata dopo, ma il sollievo nei miei ricordi limitati di anni 70' e 80', lo posso confermare. Eravamo tutti uguali non c'erano i ricchi quindi né esisteva il senso della povertà. Il sogno di diventare ricchi, se Moravia o il giornalista andasse a domandare i cinesi, sarebbe stata una barzalletta, perché nessun cinese di quel tempo sognava la ricchezza anzi, chi era ricco prima si vergognava buttando via di nascosto tutti gli superflui oltre il necessario per dimostrare la determinazione di rifare un uomo nuovo. Mia nonna e le sue sorelle avevano gettato tutti i vasi antichi della casa per terra . Il vicino scrittore che aveva una famiglia nobile e ricchissima ha voluto lanciarsi nella campagna per diventare un puro contadino,e suo padre ha donato tutte le collezioni del nonno seguendo la sua volontà,sono più di 20mila pezzi, adesso si trovano nel museo nazionale. Nessuno si pente con il pensiero che se fosse oggi quanto denaro varrebbe.  Era utopia sì. Perché completamente ha cambiato la mentalità della gente frantumando la prigione della ricchezza.  Peccato che non hanno frantumato la prigione della politica altrimeni sarebbe stata una vera bellissima utopia, una vera libertà. Ormai è passato, l'utopia, il sogno di diventare l'uomo ideale, qualsiasi di quel tempo....Siamo tornati nella normalità, una diversa,  con tutti i desideri umani, le debolezze umane, tutti gli superflui, le avarizie, dove l'umanità ha rivoltato la sua faccia.Moravia non poteva prevedere che la Cina di 30 anni dopo potesse diventare il centro mondiale della produzione, la fabbrica globale di desideri. Il cambiamento è venuto troppo velocemente, oltrepassato anche l'aspettativa dei cinesi.  Quando la bilancia diventa troppo declinata porterebbe ad una rivolta. Negli 70' di Cina non c'erano i ricchi ma c'erano i potenti.  Putroppo l'equo non può arrivare in tutti i settori .  L'equo della povertà era anche una maschera per non rivelare le altre iniquità.Ho visto che anche in Italia e in altri paesi europei c'è la manifestazione del comunismo, se dovesse succedere, speriamo che sia più perfetta.