Creato da di.mascio il 01/12/2010
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Di Mascio: una lieta notizia, il matrimonio dell'On. Carfagna

Post n°3 pubblicato il 01 Dicembre 2010 da di.mascio
 

Di Mascio Arturo, vi segnala il lieto annuncio sul matrimonio del Ministro per le Pari Opportunità, On. Mara Carfagna e il costruttore romano Marco Mezzaroma.

Dopo le recenti polemiche che hanno spinto l’Onorevole Carfagna a rassegnare le proprie dimissioni, prontamente respinte dal Presidente  Silvio Berlusconi, la ministro rende pubblica la bella notizia che presto convolerà a nozze con il fortunato imprenditore Marco Mezzaroma, rampollo della dinastia dei Mezzaroma, proprietari dell’importante azienda omonima e cofondatori del MEDIC (Movimento Etico per la Difesa del Crocifisso).

 
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La Russa come D'Annunzio

Post n°2 pubblicato il 01 Dicembre 2010 da di.mascio
 

Di Mascio, vi riporta questa notizia de “Il Corriere Della Sera” pubblicata oggi. Il Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, in Afganistan per elogiare i militari italiani impegnati nella missione di pace “Enduring Freedom”, sorvola i cieli del villaggio di Bala Murghab su un elicottero CH-47  e come il poeta D’Annunzio, lacia undicimila volantini sui quali vi erano dei messaggi importanti di pace. Uno di questi ricorda invece che le mine e gli ordigni esplosivi, utilizzate dagli insorti, rappresentano la maggiore minaccia sia per i militari che per la popolazione civile.

Leggi l’articolo su Il Corriere Della Sera

 
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Di Mascio: il lavoro che c'č

Post n°1 pubblicato il 01 Dicembre 2010 da di.mascio
 

Di Mascio Arturo, sempre sensibile verso il mondo dell’industria e del lavoro, ma soprattutto nei confronti dell’occupazione giovanile, vi sottolinea questo articolo apparso oggi su “Il Sole 24 Ore” che spiega come molte opportunità di trovare lavoro esistano. Quest’ultime però, causa diversi pregiudizi, non vengono presi in considerazione.

“Se mai ci fosse stato bisogno di una prova sul campo delle teorie da Nobel sulla difficoltà di far incontrare ogni lavoro con il suo lavoratore eccola: ci sono 110mila posti che in Italia non trovano altrettanti occupanti disponibili (o capaci) a ricoprirli. O se li trovano, ciò accade con grande dispendio di tempo e risorse. Diamond, Mortensen e Pissarides, gli ultimi vincitori del Nobel per l’Economia, forse – si parva licet componere magnis – la spiegherebbero con l’equilibrio dinamico della curva di Beveridge, vale a dire la rappresentazione cartesiana che, in ogni epoca e in ogni realtà, dimostra la difficoltà di far combaciare posti di lavoro disponibili con l’entità dei disoccupati. Un Nobel a chi ha dimostrato, in sostanza, che l’incontro tra domanda e offerta di lavoro è sempre imperfetto. Perché questo esercizio è cosa degli uomini e non della matematica. E lo si capisce se dagli assi cartesiani si passa alle persone e agli stati d’animo. Insomma, dietro ai 110mila tecnici meccanici, elettromeccanici, chimici, biologi o biotecnologi di cui le imprese avrebbero bisogno e non trovano c’è l’idea stessa che il paese ha avuto finora del lavoro. La sua idea di cultura del lavoro. Con valori e disvalori. E troppi pregiudizi. Eccoli.

Sono lavori di serie B o sottoccupazioni
Non ha senso allevare generazioni con il mito, ad esempio, della laurea in Scienza delle comunicazioni quando si sa che il mercato non è in grado di creare sbocchi occupazionali acconci. Vale più un diploma tecnico che si sposi con le richieste dell’eccellenza industriale del paese. In termini macro, è solo garantendo la base occupazionale a questi settori che si consente al paese di irrobustire il tessuto manifatturiero senza il quale anche il mondo dei servizi perde l’ancoraggio strutturale per svilupparsi.

Sono sottopagati.
Un saldatore iper-specializzato che magari deve avere qualche rudimento di lingua straniera perché lavora nei cantieri sparsi per il mondo può guadagnare anche 2mila euro. Non sono pochi gli avvocati che, a inizio carriera, accettano di lavorare per poco più di 5-600 euro. E proprio l’indagine che pubblichiamo a pagina 35 dimostra che i nuovi entranti sono assai lontani dagli standard retributivi di chi li ha preceduti”.

leggi tutto l’articolo su Il Sole 24 Ore

 
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