Dimmi di no...

ecco il primo capitolo del libro, il capitolo 0:


Capitolo 0  “È necessaria una selvaggia pazienza per sbrogliare le ossa…ci vuole un cuore desideroso di morire e rinascere!”[1] Leggevo. Era lui le mie ossa. Ecco cosa dovevo fare, morire e rinascere. La morte era già cosa fatta, ma rinascere? Sembra facile…Ci vogliono nove mesi, un grembo che ti accolga…Avessi almeno avvertito qualcosa, avrei potuto preparami, invece niente. E così capita, a volte, di stare alla porta ad aspettare. Falso allarme, ancora qualche giorno e tutto rientra. Troppo improvviso, troppo inverosimile perché possa accadere. Si resta a casa, in utero, sospesi fra astio e dubbi, con un occhio perennemente al telefono e una mano alla maniglia del frigo. Ma quella telefonata non arriva. Se n’era andato nel peggiore dei modi, con rabbia, ecco perché pensavo che sarebbe tornato. Avevo ricevuto un messaggio da un amico, un semplice invito a bere qualcosa insieme con altri conoscenti. Di lì, una lite furiosa. Chi poteva immaginare che quella sarebbe stata la bomba che avrebbe distrutto tutto? Aveva sbattuto la porta dell’auto, ma non solo. Un dolore feroce alla testa mi ricordava il peso dei ricordi. Mi aveva scagliato, con inaudita violenza, due album di foto - quelli mini, per fortuna – dritto dietro la nuca. Foto scattate d’estate, che avevo gettato a terra per rabbia. Che colpo, però! Roba da stelline, come nei cartoni animati. Da quel momento, qualunque tentativo per fargli cambiare idea era risultato vano. Il gelo era diventato padrone dei suoi gesti e delle sue parole. L’autoconvinzione madre dei suoi pensieri. Per lui ero ormai un capitolo da cancellare. Ogni volta al telefono una scusa diversa per giustificare il distacco «Se penso che qualcuno, guardandoti, può immaginare le stesse cose che penso io, mi sento morire, è una sensazione così distruttiva, con la quale non riesco a convivere…» Quella frase avrebbe dovuto squillare come un campanello d’allarme dentro di me. Invece nulla. Mi piaceva e mi piace stimolare sensazioni forti. Ma con lui avevo toppato. Lo avevo incendiato a tal punto da ustionare la carne oltre ad aver incenerito i vestiti. E il dolore lo aveva spinto a cercare altrove l’acqua per spegnere quell’incendio. C’è da credermi quando dico che non ho mai pensato di tradirlo. Ma cosa importa: a lui questo messaggio non è mai arrivato. Si è perso nel vapore dei suoi pensieri cupi. Quando ci si dona completamente a qualcuno occorrerebbe accertarsi che l’altro applichi, almeno momentaneamente, la sospensione dell’umano e naturale giudizio. Difficile. Ma non impossibile. Accade raramente. Spesso appare matematico pensare che ciò che sta accadendo a te; domani sarà pane per qualcun altro. Ed è in quel momento che scatta la voglia di giudicare, quando t’azzanna la paura cieca di perdere quel che possiedi. “Possedere”, che strana parola, si usa anche in ambito sessuale: si dice “possedere una donna”. Ma chi ci è mai riuscito a possedere completamente un essere di sesso femminile? Per possedere occorre capire, comprendere tutto di quella persona, conoscerne desideri e sogni. E ci vogliono tempo e coraggio. Non si può tener ferma una donna afferrandola semplicemente per i capelli, ma per i desideri o per i sogni sì. Per un uomo, il discorso non credo sia molto diverso. La mia colpa sembrava esser quella di aver compreso i suoi desideri. Ma erano in contrasto con i suoi sogni. Succede, sì, eccome se succede. Occorre avere due anime, l’una fortemente in contrasto con l’altra. Ed è talmente frequente, che due anime divaricate come le nostre si erano incontrate. Allora, qual è il problema? Il problema sta nell’avere la forza di reggere il contrasto: ha una potenza che può spezzare i polsi deboli e rinsaldare quelli forti. Mordi il freno e non fermarti neppure quando l’alba si sovrappone al tramonto. Innaturale? Questo lo dici tu… se succede non può essere innaturale, altrimenti non accadrebbe. «Ciò che vivo sono io a provocarlo», mi diceva «non ho paura di perderti perché sono sicuro di poter riprodurre ogni cosa di questa storia, con un’altra persona. Sono io la matrice attiva che innesca il meccanismo e persone ricettive come te ce ne sono tante… ». Ah sì? Dici sul serio? Allora, dimmi, è proprio tutto uguale adesso che non ci sono? Non mentire, però, devi essere sincero, con me e con te stesso… Va beh… parole inutili, fiato sprecato. Non mi interessa se stai in silenzio, se mi osservi muto dal tuo nascondiglio… La nostra storia, adesso, la racconto io, dal mio punto di vista. Poco importa che tu sia d’accordo…  dissolvenza… [1] da Donne che corrono con i lupi di Clarissa Pinkola Estés (ed. Frassinelli)).