Divagazioni

La crisi in corso.


1. La crisi nella quale da tempo è immerso il nostro paese, è conseguenza di un ventennio di potere senza progetti e senza programmi, gestito da responsabili naive(?), e discutibilmente supervisionato da un’Europa a sua volta senza progetto.Argomentare in merito, sarebbe un pestare acqua nel mortaio. Tuttavia, un elemento di verità va ricordato: la crisi è dovuta alla bassa crescita della quale è segno l’andamento del Prodotto Interno Lordo (PIL). Poiché il PIL può essere espresso come somma dei redditi di un anno, esso non cresce se, con la disoccupazione, mancano redditi da lavoro. La mancata crescita, dunque, è dovuta in parte (in gran parte?) all’alta disoccupazione.2. Perché per un ventennio il nostro paese non è stato governato? IL dato di partenza è che la fine della cosiddetta prima repubblica, seppelliti scandali e corruzione in capo a un gruppo di personaggi di dubbio valore morale - alcuni, peraltro, responsabili di governo - polverizzò la speranza che i partiti politici potessero/dovessero ancora guidare il paese. Donde la nascita di movimenti che, mentre si proclamavano giustizialisti, nei fatti si sono rivelati adusi al potere, col quale curare interessi localistici, nel migliore dei casi, o aziendali e personali, nel più esecrabile. Il secondo caso alla fine è risultato prevalente. Ed ecco il primo governo Berlusconi. Da subito quel governo ha voluto dare segni dei cambiamenti che sarebbero stati imposti . ‘Rivolteremo l’Italia come un calzino’ è stato lo slogan che è risuonato nelle nostre orecchie per anni. Ed eccone un campione. E’ mutato il linguaggio della politica: il Governo è diventato la squadra, la parola partito è scomparsa dal vocabolario, Forza Italia più che il nome di un nuovo partito, è stato un incitamento sincretico, facile da ripetere, per chiamare a raccolta la gente intorno a un simbolo; che, squadra o partito, spingesse per la vittoria… suprema. La gente, purtroppo convinta di avere finalmente a che fare col ‘nuovo’, ha risposto con la ‘pancia’, piuttosto che con la ragione.La gestione del potere, più che con atti normativi, si è dipanata con ordini padronali, dimostrativi, e spesso improvvisati alle bisogne, come è successo per gli infausti fatti del G8 di Genova.Ma se queste innovazioni avessero rappresentato una nuova filosofia gestionale, alla quale affiancare idee per l’ammodernamento del paese, a partire dall’aumento del benessere e del lavoro, non sarebbero state il peggio. Anzi, forse potevano essere la precondizione per individuare, affrontare e, possibilmente risolvere più radicalmente problemi mai posti, come la carenza in ricerca e sviluppo, o la precarietà dei servizi essenziali: scuola, sanità, trasporti ecc. La negatività vera del primo governo Berlusconi è stata quella di non avere avuto attenzione neanche ai problemi più facilmente aggredibili del nostro paese, come, per esempio, la riforma della amministrazione pubblica, tanto spazio avrebbero sottratto a quelli di maggiore interesse per il capo-leader. D’altra parte, chi mai avrebbe dovuto/potuto pensare a programmare e progettare: i ministri impegnati in attività di corruzione, quelli a cui venivamo comprate case a loro insaputa, o quelli che invece di occuparsi del loro ufficio, scrivevano poesie (sic!) per il capo- leader?E che dire del modo come la politica è stata intesa. Sono stati mortificati i luoghi nei quali essa doveva essere formata, e quelli in sostituzione, mentre hanno via, via svilito la più nobile attività dei rappresentanti dello Stato, ci hanno abituato alla politica simposio, alla politica spettacolo e, perché no, forse anche alla politica sexy.Le priorità dell’attività parlamentare sono state una serie di provvedimenti ad personam, in mancanza dei quali il leader, e non solo lui, con molta probabilità, sarebbero andati incontro a ben più numerosi procedimenti giudiziari, e guai.Con gesti e con parole, è stata favorita la mancanza di rispetto della cosa pubblica, come, per esempio, il gesto delle corna in consessi internazionali, l’invito a non pagare le tasse, la denuncia di sentenze ingiuste e oppressive della libertà, la denuncia di ’giudici comunisti’.E, cosa da non sottovalutare: è stato stravolto il senso e lo scopo della comunicazione politica, e della comunicazione tout-court, organizzandola sui riflessi condizionati della gente, spacciando bugie per verità, e verità per bugie, confondendone le idee, per estorcerne il consenso, al di là delle preferenze.3. Tutto questo ha fatto storcere il naso - è letterale - ai responsabili di governo dei paesi con i quali eravamo, e siamo, in relazione. Come si poteva seriamente discutere di rafforzamento dell’integrazione europea, dei compiti da fare a casa per migliorare la crescita interna e ridurre i debiti sovrani, con interlocutori che fra una proposta e l’altra raccontavano barzellette, o si assentavano per rispondere a un cellulare sempre raggiungibile? Erano propri sicuri i vertici politici e istituzionali internazionali che i nostri governanti sarebbero stati pronti a elaborare politiche di bilancio in linea con gli accordi in essere, o a discutere, con le parti sociali, concrete possibilità di accettarle? A queste e ad altre domande dello stesso tipo non si può che rispondere: no. E ce ne siamo dovuti accorgere quando, nel corso del 2012, i mercati hanno fatto salire alle stelle il premio di rischio del nostro debito, il famoso spread, che a fine estate aveva superato i 500 punti base.Ormai va detto senza sconti - perché ripetiamo convinzioni più dotte delle nostre - la responsabilità di tutto quello che è successo è stata dei governi Berlusconi. Il penultimo dei quali, tra l’altro, con la votazione in parlamento del famoso ‘porcellum’, ha dato vita a governi senza maggioranza, ingovernabili e senza stabilità. Laddove sarebbe bastato, per esempio, che un personaggio dalle qualità comunicative di Berlusconi, in uno dei suoi sproloqui, avesse detto che l’evasione fiscale, prima che un reato, è una ruberia al vicino di casa, e che, senza l’evasione fiscale i nostri bilanci sarebbero stati sempre in pareggio e il debito non avrebbe superato la fatidica soglia del 100%, che tanto piace alla speculazione.4. Al momento, Berlusconi e i suoi governi sono un cumulo di macerie. Ma la crisi (politica) non è finita e, anche se tanti, persino in sede competente, sono pronti a scommettere che si vedono segni di ripresa (economica), molto probabilmente lo stallo non cesserà.I governi di larghe intese non hanno per loro natura l’autorevolezza necessaria per decidere scelte radicali, di sinistra o di destra non importerebbe. La prima esperienza italiana, quella del governo Monti, l’ha dimostrato con il suo fallimento. La seconda, quella del governo in carica, che è ostaggio di un ricatto indegno di una civiltà moderna (si alla governabilità, solo se al leader del centro destra sarà assicurata l’agibilità politica), che con qualche mal di pancia, accetterebbe che un condannato collaborasse alla guida della cosa pubblica, nonostante l’abbia frodata, non promette grandi novità. Solo la Presidenza della Repubblica ritiene che la logica rigorosa che informa il suo ufficio, possa, e debba essere l’ancora per la continuità del Governo Letta. Vediamo perché.5. La logica rigorosa che muove la Presidenza della Repubblica è che se cadesse il governo in carica, non ce ne sarebbe uno di ricambio, senza governo i mercati rimanderebbero lo spread alle stelle, e lo Stato non sarebbe più in grado di pagare le sua spese, a cominciare da stipendi e pensioni. Le cose non stanno proprio come descritte. La Presidenza della Repubblica ripete il mantra degli esecutori di un programma in corso, che mira a concentrare i capitali europei in una piazza sicura come la Germania, per essere meglio gestito, e magari portato a un livello più competitivo nel trading non regolamentato.Sennonché, è fatto di verità che i mercati sanno da tempo come vanno le ‘cose’ della politica italiana! E sanno anche che la speculazione è più produttiva laddove c’è volatilità. Ai mercati interessa la stabilità, ma non si strappano i capelli di fronte alla instabilità: con la prima fanno affari ‘puliti’, con la seconda speculano.Quello che ancora manca alla finanza europea è un capitale, come dire: a massa critica più consistente. Il programma in svolgimento, che fa capo a FMI, BCE, Commissione Europea e paesi e governi deboli, più o meno consapevoli, deve realizzarla. La Presidenza della Repubblica partecipa a questo programma? Direi di no. Anzi, sicuramente no. Perche, tra l’altro, è svolto al di sopra della politica e delle istituzioni democratiche degli stati. Penso, piuttosto, che la sua azione sia guidata più da una etica della politica come valore in sé, piuttosto che da una visione finalistica della stessa. E, probabilmente, non la è via che ci porterà fuori dalla crisi. Ma nulla da obiettare.6. Concludendo. Al punto in cui ci troviamo, la crisi è, più che mai, da addebitare a Berlusconi: che non cangia stile e continua a dare il segno di sé. Ma come può succedere? Beh!...Intanto non ha avversari credibili. Ma, poi. Berlusconi, praticamente era finito a novembre 2011, e la Presidenza della Repubblica ha convinto il Paralamento a votare la fiducia al suo governo dopo la legge finanziaria: un mese di compravendita di parlamentari, e il suo governo non è caduto.Berlusconi era di nuovo finito dicembre 2012, e la Presidenza della Repubblica ha inventato Monti, che l’ha infilato nel governo sostenuto dalla strana maggioranza.Berlusconi era finito per la terza volta a febbraio scorso, e la Presidenza della Repubblica ha inventato Letta e le larghe intese, e un Governo al quale il personaggio detta regole e minaccia.Sembrava che la fiducia a Letta fosse l'occasione per la sconfitta, ma il personaggio, s'è smarcato. Grande, secondo Letta.Berlusconi presto andrà fuori dal parlamento, e ancora c'è chi è pronto a ritenere che merita rispetto.I tapini siamo noi che… i conti non ci tornano.