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E’ già accaduto che anche in momenti importanti come quello di oggi, in cui si vuole affrontare un argomento così complesso come quello della Giustizia in Italia, non si è pensato di far intervenire la voce dei lavoratori della Giustizia. Eppure il tema trattato in questo convegno organizzato dal PD come forza politica che aspira a divenire forza di Governo, riguarda proprio il servizio per il cittadino. Non vogliamo certamente omettere che i lavoratori della giustizia soffrano di quel complesso di Cenerentola che ha radici profonde e più sfaccettature; come non vogliamo sorvolare sulla scarsa attitudine soggettiva degli stessi a voler superare i propri limiti culturali e di integrazione, ovvero dell’incapacità di risposta a un sistema che non ha mostrato alcun interesse al tirocinio iniziale e alla formazione continua degli addetti ai lavori, anzi gli interventi sono stati sporadici e mai veramente finalizzati a una giusta soluzione. Infatti, se utilizziamo una lente di ingrandimento, appariranno immediatamente ai nostri occhi - come tratto distintivo e peculiare – tutti gli elementi di un intenso e decennale dibattito quali la partecipazione, la rappresentanza e l’irrisolta riqualificazione professionale del personale, che sono indice di una vera e propria rimozione. Anzi, superando la vecchia dizione della psicoanalisi, si tratta di una vera e propria negazione del ruolo costituzionale afferente il lavoro delle cancellerie. Con la logica conseguenza che qualora non affiorino gli aspetti più nascosti e banali della nostra storia, non vi può essere guarigione. Rimanendo sul piano della metafora, si può parlare di stato di salute solo quando vi è completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia. Il Sistema Giustizia, a nostro giudizio, è malato. La malattia, prima di tutto, si è alimentata anche a causa del diluvio inarrestabile di interventi distorti sulla giustizia. E’ necessario ed ineludibile, a questo punto, analizzare e canalizzare gli eventuali interventi di riforma da nuovi punti di vista ed introdurre più efficaci cambiamenti. Ci sembra prioritario soffermarci su un elemento chiave per trovare le giuste sinergie. Non neghiamo l’importanza della rappresentanza sindacale - oggi tra noi sono presenti i rappresentanti della Uil-pa e della Cgil - ed è proprio questo elemento della rappresentatività che per noi delinea esattamente il nocciolo della questione, legato al tema della funzionalità delle istituzioni poste a fondamento in un sistema democratico che non intenda gettare all’aria il sistema del welfare. Se una società si sclerotizza su forme di rappresentazione (e di rappresentatività) che rischiano di non tener conto delle diverse sinergie e delle tanti voci presenti nei diversi contesti, l’elemento della partecipazione può naufragare nel mare magnum della sterilizzazione. Per una democrazia parlamentare quale è la nostra, il rischio grosso è di accettare e far proprio lo iato tra partecipazione e rappresentanza. Non vogliamo esaltare la forma di democrazia diretta, ma pensiamo che bisognerebbe fare perno sulla centralità della “voce e dell’ascolto” ove questa attenzione rinnovata può consentire di pensare alla partecipazione e alla rappresentanza, appunto, non come due forme nemiche o alternative, ma come forme correlate e complementari che dovrebbero costituire il continuum dell’azione politica nelle democrazie contemporanee, un’azione, cioè, che collega e tiene insieme istituzione e società. Teniamo a precisare, e torniamo a farlo nello specifico, che non si può prescindere dall’ascolto di tutte le istanze che contribuiscono alla definizione del “Pianeta Giustizia”. I lavoratori non possono essere vissuti soltanto come presenza strumentale dello stesso e naturalmente privati degli strumenti che altre componenti del “Pianeta” detengono e che non esitano ad utilizzare: in strictu sensu, la problematica dell’astensione dal lavoro e la sua autonomia di scelta, torna alla ribalta! Reiterando il problema della riqualificazione professionale, ciò che nessuno ha colto - o non si è voluto cogliere - è stata la riduzione ad una semplice rivendicazione delle mansioni e ruoli a discapito di una figura professionale formata e aggiornata alle nuove esigenze emerse sia sul piano organizzativo che sociale, preliminarmente come servizio alla cittadinanza, rivendicando un nuovo ruolo che ha già i suoi validi contesti culturali in ambito europeo (vedi, “Il Cancelliere Europeo”). D’accordo, quindi, se ci si attesta semplicemente sul piano della rivendicazione economica e contrattuale - anche se non è poco – perché non si veicola il messaggio di rinnovamento e novità contenuto nel lavoro e nell’assunzione di nuove capacità e di acquisizione di nuovi strumenti da parte del personale giudiziario, che a tutt’oggi fa leva – e purtroppo da sempre - sulla normale attività quotidiana. L’ordine del giorno del programma del convegno di oggi fa convergere importanti temi e figure significative per le funzioni svolte in campo giudiziario. Si è parlato tanto di efficienza e di qualità, ma quando ci si immerge nella materia umana che è sempre sottesa anche nei più nobili discorsi sull’eguaglianza, c’è una specie di oscuramento della realtà che si ha di fronte. Riteniamo quindi che sia importante soffermarci per breve tempo sulle cifre che seguono. Attualmente i dipendenti della Giustizia sono 39.594 e se consideriamo il blocco delle assunzioni e del turn-over con il prossimo vicinissimo pensionamento di circa 3000 unità, si assisterà ad una continua emorragia.
DIRIGENTI PRIMA FASCIA Oltre i 50 anni: 1 uomo – 1 donna
DIRIGENTI SECONDA FASCIA Da 31 a 40 anni: 2 uomini – 3 donne Da 41 a 50 anni: 18 uomini – 15 donne Oltre 50 anni: 129 uomini – 63 donne
SECONDA E PRIMA AREA (ex B e A) Meno di 30 anni: 35 uomini – 27 donne Da 31 a 40 anni: 1001 uomini – 2060 donne Da 41 a 50 anni: 4108 uomini – 7293 donne Oltre 50 anni: 5532 uomini – 9258 donne
TERZA AREA (ex C) Meno di 30 anni: 3 uomini – 4 donne Da 31 a 40 anni: 225 uomini – 735 donne Da 41 a 50 anni: 1008 uomini – 2094 donne Oltre 50 anni: 2736 uomini – 3243 donne
Totale donne 24796
Totale uomini 14798
Totale 39594
Come possiamo constatare la presenza femminile è quasi il doppio di quella maschile e la fascia d’età più consistente è quella, sia per le donne che per gli uomini, oltre i 50 anni in tutte le funzioni e più precisamente:
Dirigenti I e II fascia: 232 di cui 192 nella fascia di età sup. ai 50 anni
Terza area (ex C): 10055 di cui 5996 nella fascia di età sup. ai 50
Seconda e Prima area (ex B e A): 29252 di cui 14790 nella fascia di età superiore ai 50 anni.
E’ su questi numeri e sull’alta percentuale di età superiore ai 50 anni del personale che ogni intervento in campo organizzativo deve fare, per prima cosa, i conti. Invero, un discorso a parte andrebbe intrapreso sulla presenza femminile. Entreremmo, però, su un terreno molto delicato e vasto. Basti pensare che con un colpo di spugna l’attuale governo ha aumentato l’età pensionabile per le donne a 65 anni, sbandierandolo come il punto di arrivo di quella parità tra i generi che a noi sembra uno dei tanti miti alimentati per nascondere subdolamente un’accentuazione, non solo depauperamento e deregolarizzazione, operata in questi anni sul mondo del lavoro, e di indebolimento del diritto al lavoro. Si tratta di una complessità che va colta senza tralasciare nessun aspetto ed è per questo che ci preme, in questo contesto, far presente che la specificità del nostro ambito lavorativo - composto in maggioranza da donne - non può prescindere anche da un approfondimento sulla questione, che rimane apertissima. La palese complessità della situazione è stata colta dal PD: però affrontare lo storico disfunzionamento della macchina giudiziaria, (si pensi sopratutto al Civile) con celerità e proficuità in un contesto di magra economia è complicato. E viene facile pensare di trovare soluzioni che abbiano un effetto placebo, mediaticamente funzionanti, politicamente riscuotibili. Noi riteniamo che, oltre alle situazioni tampone, che comprendiamo possono essere utilizzate nell’immediatezza per necessità di gestione politica (nell’eventualità di un nuovo governo), sia giunto il momento di mettere in cantiere un progetto di una vera riforma della Giustizia, che tenga conto del contesto europeo e internazionale e che abbia una macchina leggera e fruibile e che per far questo progetto ci debba essere il concorso di tutti gli operatori della giustizia, il confronto con le associazioni di cittadini e non, come è sempre stato, il compromesso fra le lobby. Non importa quanto tempo ci vorrà per completare il progetto di riforma, l’importante è che l’architettura di base della riforma possa includere i provvedimenti tampone di cui accennavamo sopra, in momenti di gestione provvisoria che dovranno essere segmenti della riforma stessa. Associazione “Diritti e Dignità”
(*) in relazione al Convegno “Una giustizia efficiente per il cittadino” organizzato dal PD nazionale e Forum Giustizia-PD Roma, giovedì 9 giugno 2011– Camera dei Deputati, Sala della Mercede |
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