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Emozioni musicali e non solo a Salò. "Pomeriggio panico" al Vittoriale

Post n°770 pubblicato il 06 Giugno 2014 da giuliosforza

Post 728

 

2 Giugno. Gardone Riviera è, come tutta la Riviera dei Limoni (Könnst du das Land wo die Zitronen blühen?:  questo felice angolo di terra, e non la Sicilia, come normalmente si crede, canta nostalgicamente la Mignon della ballata goethiana) immersa nell’atmosfera trasognata di una Primavera ormai esplosa in tutto il suo fulgore. Colori e profumi, e canti e sciabordii d’onde appena increspate respiro e aspiro e contemplo ed odo e gusto (totale sinestesia della mia super eccitata sensibilità) dal balconcino della mia stanza  che  quasi incombe sul lago e da cui il mio sguardo può abbracciare la distesa d’acque in  tutta la sua ampiezza, rispecchiante  un Monte Baldo ancora  innevato. E lodo Dio e la Natura, il mio Deus sive Natura, per il dono di questa terra privilegiata.

Ed è ancora quasi alba allorché m’avvio per la gardesana verso Salò: il traffico proveniente da Riva e da Gargnano non è ancora frenetico, e percorrerla a piedi è un piacere fra ville tuffate nel verde e giardini fioriti fino all’inverosimile di ogni sorta di flora, e rotonde esse stesse coloratissime tavolozze,  e monumenti storici di tragica memoria: dal Grand Hotel  trasformato in ospedale durante La Repubblica Sociale, a Villa Besana residenza del generale Wolff comandante delle Schutz Staffeln (SS). Raggiungo Salò attraverso la Porta Veneziana, subito m’accoglie un monito inciso sull’arcata d’un portale cinquecentesco (Vive ut post vivas, finale o consecutiva?) e passo a godermi il piccolo centro storico col suo grande duomo romanico e le silenziose ombrose  stradine che dalla piazzetta antistante si diramano. Sono ormai le dieci legali, le nove solari al mio orologio che rifugge da aggiornamenti, ed odo un accordarsi di fiati proveniente dalla “Loggia della Magnifica Patria”, galleria  la cui volta gigantesche travi secolari sorreggono: è l’Orchestra di fiati della bisecolare “Associazione banda cittadina di Salò” che s’appresta a celebrare il 2 Giugno con un programma  in due parti, affidate rispettivamente alla Junior Band di Chiara Turati, maestra di scuola diplomata in fagotto e laureata in Scienze della Formazione primaria, e di Andrea Oddone, pluridiplomato dal curriculum spettacolare.

Indeciso se assistere (un faticoso viaggio di ritorno sotto un sole ormai quasi al sua apice mi attende), vince infine la passione per Frau Musika e prendo posto tra il folto pubblico. Ad esibirsi son per primi i giovanissimi della Junior Band (qui longanime sono bene disposto anche nei confronti degli inutili barbarismi) con brani tratti da Jesus Christ Superstar di A. L. Weber), The Fantom of the Opera di A. L. Weber nell’arrangiamento di M. Sweeney), Highlights from Grease di J. Jacobs-W. Casey nell’arragiamento di P. Murtha.  Circa cinquantacinqne gli elementi tra fiati e percussioni, un insieme magistralmente diretto dalla Turati. Che spettacolo delizioso quel giovanile universo sonoro, che grazia quegli efebi, quelle  adolescenze in fiore, quelle angiole musicanti che lievemente sfiorano con labbra verginali la boccola del flauto traverso!

Essere io quel flauto!

 

L’orchestra dei seniores (si fa per dire, poiché molti elementi dei juniores suonano con essi abbassando di molto l’età media) esegue un programma in tono col precedente: nessun pezzo classico (unica cosa su cui ho da ridire: forse un compromesso con la tradizione non avrebbe…stonato) ma tutti di grande effetto: Die Regimentskinder, marcia op.69 di Julisu Ficik, El camino real. A latin fantasy di Alfred Reed, Paris Montmartre, di AA. VV. arrangiamento di T. Mashima, Tribute to Duke Ellington di AA: VV:, arrangiamento di P. Murtha.

Cassa di risonanza perfetta la Loggia, nonostante l’apertura bilaterale, pubblico numerosissimo ed attento stretto come in un abbraccio attorno all’orchestra, maestro sicuro, perfetto nel gesto sciolto ed elegantissimo, nella padronanza assoluta del complesso in ogni sua sezione, facilitata anche dal suo dirigere a memoria; e strumentisti appassionatamente compresi del ruolo di chi una pura tecnica è chiamato a trasformare in atto creativo (altro che vile mano d’opera, come da qualche direttore supponente ho più di una volta udito dire!): tutto  contribuisce a rendere l’esibizione pressoché perfetta, godibilissima da ascoltare e da vedere, non solo per l’avvenenza fisica dei concertisti, ma perché dall’assidua frequentazione d’annunziana ho appreso l’arte del percepire il colore di ogni nota (sette le note e sette, nonostante le puntualizzazioni newtoniane, i colori dell’arcobaleno!).

L’Inno di Mameli, che non amo, ma che udito in… Padania (è la prima volta che m’avviene) ha tutt’altro senso e sapore, chiude, come ha aperto, magnificamente la manifestazione. Incredibile a dirsi ed a credersi ho un groppo in gola, e su più di un volto vedo scorrere una lacrima.

Complimentatomi col direttore, con gli orchestrali, col presidente Mauro Salvadori che m’omaggia di un prezioso CD, riprendo, cuore e mente sazi e commoti e corpo rinvigorito, la mia strada floreale verso i Luoghi dell’Anima.

Gelobt seist du jederzeit, Frau Musika!

 

*

Il motivo della mia salita a Gardone è un altro: il conferimento del premio “Il Vittoriale”, quinto della serie, ad Alberto Arbasino. Tanto nomini nullum par elogium. La fantasia di Guerri s’è questa volta inventato, per la cerimonia, uno scenario naturale straordinario: il luogo dirupato in cui “il più bel giardino d’Italia” s’imbudella, per dirla dantescamente,  attorno al recuperato Laghetto delle Danze a forma di violino che la cascatella dei due rivoletti. quelli dell’Acqua pazza e dell’Acqua savia fatti artificialmente confluire, alimenta. Un pomeriggio più panico di così, come l’ha voluto titolare Guerri, non avrebbe potuto darsi. Avviatici, dopo l’alza bandiera,  in un quasi  religioso procedere per un giardino che si fa sempre più ripido tra fiori e viti ed ulivi; salutati il sepolcro dei Cani, della Sirenetta, di Maria Hardouin di Gallese principessa di Montenevoso; usciti sulla provinciale per l’eccessiva difficoltà della discesa ormai fattasi impervia, si rientra attraverso il cancello che chiude il complesso monumentale a sud e si è al Laghetto delle danze. Ed ecco l’aurea danzatrice che porto per l’occasione all’occhiello improvvisamente animarsi, e a me apparire turbe di baccanti briache e discinte scatenate nel thiaso, e schiere di satiri infoiati guidati da Pan inseguire per i dirupi ninfe driadi ed amadriadi, Panapollodionisiopescarese testimone sornione e corifeo .

Cerimonia stringata ed essenziale: resoconti del Presidente, doni d’artisti al Vittoriale (una originale composizione meccanica di Burri, una statua bronzea -atleta in riposo, neoclassico- di Greco ed un dipinto anonimo) e finalmente Arbasino. E’, il grande scrittore, una bella figura di 84enne dalla  foltissima cesarie bianca,  una di quelle persone che invecchiando (non è in questo caso luogo comune) acquistano fascino. Niente più baffetti e volto scarno delle copertine dei suoi capolavori giovanili, tratti distesi, sguardo mite e sereno, da recuperato stupore infantile. Ed affabile, d’una semplicità sconcertante. Parla poco Arbasino, ma tra il poco parlare trova spazio una simpatica esibizione canora: per illustrare i motivi dei rapporti inconclusi tra Puccini ed il vate, accenna arie delle più popolari tra le Opere del Lucchese con voce intonata seppur flebile e stanca, un particolare che ne aumenta il fascino. A conclusione l’annuncio d’un nuovo libro, una raccolta, con degli inediti, delle sue famose interviste, dal titolo Ritratti italiani, in libreria dall’undici di Giugno.

Il sole tramonta sul Benaco in un pacato sfavillio di toni rosati. Il pubblico si disperde lentamente per gli anfratti, chi inerpicandosi chi discendendo, come turba d’anime pei gironi infernali. Io m’avvio, traverso i clivi popolati di ville immerse nel verde, il parco comunale  e il botanischer Garten, al mio rifugio sul lungolago D’Annunzio, donde non udrò che silenzi, infittiti dallo sciacquio lenissimo delle onde.

 

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Chàirete Dàimones!

 

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

  

 
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