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Usignolo, filmini tedeschi, Frainile

Post n°1008 pubblicato il 05 Luglio 2019 da giuliosforza

Post 930

   L’usignolo.

   In questa notte di caldo tropicale, destatomi zuppo di sudore (pericolosissima, alla mia età, la perdita notturna di zuccheri) alle 03 solari, uscito in terrazzo alla ricerca non vana di un minimo di refrigerio,  tra le voci d’uccelli, non rare per ventura da udire ancora in questa zona di residui verdi, m’è parso, solo parso, forse ho  solo immaginato,  riascoltare, fra un orrendo cra cra (cras cras!) di cornacchie del malaugurio e un gentile allegro e vario gorgheggiare di merli, un canto d’usignolo nelle sue centinaia di variazioni. E m’è tornata in mente una notte fatata d’Ischia, ospite di un piccolo capanno in quella parte di bosco che infittisce le falde dell’Epomeo sul  versante  di Forio, in cui vegliai non per calura ma per diletto (intrecciando  corone d’edere per il capo della Regina dei Fiori), in cui, unica volta forse in vita mia, mi estasiai nell’ascolto d’un canto solitario d’usignolo in tutta la sua estensione e durata (dai quattro ai cinque minuti le strofe nelle loro varianti  impossibili da fissare, tali che né Vivaldi né Haendel né Messiaen, che pur vi si provarono,  né Respighi - che nei ‘Pini del Gianicolo’, uno degli episodi de ‘I pini di Roma’, pensò bene di ricorrere ad una registrazione fonografica -vi riuscirono) e in quell’ascolto feci l’alba, un’alba chiara come l’Alba dei Tempi.

   Non ha ragione il Goethe del Mit Goethe dirch das Jahr che in data odierna, nel pensiero dedicato, guarda caso, proprio al Nachtigal, scrive: Die Nachtigal sie war entfernt / Der Frühling lockt sie wieder; / Was Neues hat sie nicht gelernt, / Singt alte liebe Lieder. Era lontano l’usignolo, la primavera di nuovo l’attira; ma qualcosa di nuovo non ha imparato, canta sempre le antiche care canzoni. Ha torto il Francofortese: nulla di sempre più nuovo del canto dell’usignolo, ogni volta più ricco di invenzioni timbriche, alte medie basse come fossero in una sola gola tante gole a compenetrarsi, a gara in invenzioni melodiche ora piane or distese, ora singhiozzanti ora esplodenti in arabeschi vocali dai mille toni e dai mille colori, colori-toni sinesteticamente  con- fusi: toni da trenodia o da epicedio, melanconici od osannanti come in una sinfonia dai molteplici movimenti. Nel canto di un usignolo puoi cogliere una varietà di situazioni sentimentali, gioia e dolore, rimpianto ed attesa, Ahnung o Sehnsucht, a seconda del tuo stato d’animo. E’ cosi che in un canto popolare tedesco dedicato all’usignolo (che la mia raccolta di Deutsche Lieder attribuisce a Hoffmann von Fallersleben, 1844) la semplice melodia (Do Maggiore, 4/4, che in traduzione ritmica sillabica rendo  dore mii misol faa fala sooolfa mii misol fa fa re sol miiii, un tempo di silenzio, dove ogni sillaba nel gruppo unito vale 1/8, croma, da sola1/4, semiminima, o 2/4, minima) esprime una grande serenità in contrasto con la tristezza che le parole evocano: già Maggio è passato, passata è la primavere, tu te ne torni ai tuoi lidi lontani e  malinconia ed amarezza invadono il mio cuore. Nachtigal Nachtigal wie sangst du so schön, sangst du so schön vor allen Vögelein.Wenn du sangest, rief die ganze Welt:Jetzt muss es Frühling sein! Nachtigall Nachtigall, wie drang doch dein Lied, drang doch dein Lied in jedes Herz hinein! Usignolo usignolo, come era bello il tuo canto, più di quello di tutti gli altri uccellini! Quando tu cantavi tutto il mondo invocava: ora dev’essere primavera! Usignolo usignolo, come penetrava il tuo canto nel profondo del cuore! Ma è soprattutto nella seconda e nella terza strofa che un sentimento di rimpianto e di sofferenza predominano sulla gioia, il sentimento del tempo fugace su quello dell’eterno ritorno: Nachtigall, was schweigest du nun, du sangst so kurze Zeit. Warum willste du singen nicht mehr? Das tut mir gar zu leid. Wenn du sangst war mein Herz so voll von Lust und Frühlichkeit. Warum willst du singen nicht mehr? Das tut mir gar zu leid. Wenn der Mai, der liebliche Mai mit seinen Blumen flieht, ist so mir so eigen ums Herz, weiss nicht , wie mir geschieht. Wollt ich singen auch, ich könnt es nicht, mir gelingt kein einzig Lied. Ja es ist mir so eigen ums Herz, weiss nicht, wie mir geschieht. Usignolo, perché ora taci? Cantasti così poco tempo. Perché non volesti cantare più? Quando tu cantavi , il mio cuore era così pieno di serenità e di gioia. Questo mi fa molto soffrire. Quando Maggio, il caro Maggio, coi suoi fiori se ne vola via, mi sento così strano dentro, non so che cosa mi succede. Volevo cantare anche io, ma non potevo, non mi riusciva nessuna canzone. Sì, ho attorno al cuore uno strano sentimento, non so cosa mi succede.

   Noi mediterranei siamo fortunati: il canto dell’usignolo ci allieterà fino alla fine di Agosto. Nel passaggio dal Leone alla Vergine trapasserà anche il nostro sentimento alle autunnali malinconie.

 *

   Da qualche tempo il canale tv 55 Cine Sony trasmette di prima mattina e lungo il giorno una serie di film di produzione  tedesca ambientati anche nei riposanti paesaggi scandinavi limitrofi. Si tratta per lo più di semplici storie d’amore, cui fanno da cornice panorami paradisiaci, verdi foreste, laghi trasparenti, lussureggianti giardini, azzurrissimi cieli e azzurrissimi mari. Il colore predominante delle cose è quello che sfuma in pastello, le turbolenze interiori ed esteriori non sono mai devastanti, l’amore trionfa sempre e con esso il bene. Il critico trinariciuto ne riderà. Io, che non sopporto le truculenti serie di gialli, polizieschi, di guerra, di tribunali, d’ospedali, di mafia e malaffari consimili che infestano tutti gli schermi ad ogni ora del giorno e della notte, me li guardo con piacere e  riposo mente e corpo. Per gli stessi motivi guardo ogni tanto la serie bavarese “Tempesta d’amore”, ambientata nell’albergo Fürstenhoff, dove più che le vicende degli uomini sono gli impareggiabili panorami a predominare, una Natura incontaminata, per la cui celebrazione sembrerebbe siano state in realtà le trame leggiadre pensate.  Oppure mi godo antichi film per lo più  in bianco e nero, italiani ( ci fu un tempo in cui anche il nostro cinema fu vivo) e francesi, oltre i soliti Stanlio e Ollio e Charlie Chaplin. Poco fa ho rivisto ‘Nonna Sabella’, con Tina  Pica, ed ho riso a crepapelle. Ma c’à stato anche spazio per la commozione.

*

   Ho lasciato finalmente l’inferno di Roma, e m’ha nuovamente il fresco del Frainile. Prima ancora che la prima luce sorgesse dalle montagne d’Abruzzo, la A24, a quell’ora quasi solitaria, m’aveva (bramosa di me come io di lei: ho già detto dello strano fenomeno che in talune circostanze mi fa vedere la via muoversi verso di me, quasi desiderosa di inghiottirmi) mi accoglieva felice di riavermi, dopo tanto tempo, gioioso nell’abitacolo della fedele Saxo, antica quasi quanto me, come mai dinamica e sciolta sull’asfalto in procinto di ribollire. Un felice percorso a corsia unica a causa di lavori in atto in quasi ognuno dei  cinquanta km di percorrenza. Fossi uscito un’ora dopo, sarei forse ancora imbottigliato nel traffico. Al Frainile trovo uno splendore di verdi e di colori di rose e di ortensie. I noci vigilano, verdissimi anch’essi. Sembra proprio che al Frainile ci si infischi della canicola.

   ________________

  

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 
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