Dis-incanti

Il Giardino dei canti. Son forse un poeta?


Post 763 Il paradiso dei Mazdeisti è detto da Zarathustra,  profeta di Ahura Mazda, il Giardino dei Canti. Tanto basta per farmi sperare che un posticino in esso sia riservato anche a me, che consumai  la mia vita cantando e facendo cantare. Si tratta dell’unico Paradiso che mi si addica, avendo già per il canto e il suono alleviato di almeno della metà il peso del tempo, sperimentando la verità del detto tirolese: Arbeitest du bei Sang und Klang wird die Zeit dir halb so lang.  *Ho sognato di leggere in Tv i miei versi neoclassici Canti di Pa, e ritmi del Thiaso, L’Evità, Aqua nuntia Aquae iuliae e di riscuotere un enorme successo, quello che ho sempre dentro di me bramato, ma nulla facendo per procurarmelo: ho evitato di fatti ogni pubblicizzazione ed ogni agone letterario, ho stampato a mie spese le mie liriche per farne dono agli amici, e le ho confidate ad una editrice immaginaria, ‘Metanoesi’, la stessa della mia Associazione culturale di Varia Umanità e Musica “Vivarium”, pur affidandone la stampa ad una prestigiosa tipografia della Valle dell’Aniene, la Fabreschi di Subiaco.Ho sempre pensato di essere, prima che un filosofo dell’educazione estetica e musicale, attività che ho svolto per mestiere, soprattutto un poeta. Ma anche ne ho sempre dubìtato, come recito nella lirica che qui pubblico, e che conclude la prima parte (Zarathustras Kinderreime, filastrocche di Zarathustra) dei Canti di Pan. Nelle quattordici quartine di novenari a rime alternate (per lo più amo esprimermi in endecasillabi sciolti, meno vincolanti ai fini della fluidità espressiva del pensiero poetante e della poesia pensante) mi interrogo e mi rispondo con semplicità e insieme con complessità, difficile risultandomi riassumere ritmicamente ed esaurientemente i dubbi e le ragioni sul mio essere o non essere poeta. E il risultato non mi dispiace, e per questo lo pubblico ad usum Delphini, come dire dei  miei figlioli spirituali prediletti che non hanno disdegnato  di entrare con me nel thiaso dionisio, nella sfrenata danza bacchica. L’abolizione quasi totale della punteggiatura, soprattutto delle virgole, è una scelta stilistica discutibile ma sicuramente efficace ai fini della resa della vorticosa  rtmicità di essa danza. Il ‘divino’ dell’undicesimo verso, che rima con l’aggettivo ‘divino’, è naturalmente voce del verbo ‘divinare’. Io forse non sono un poeta.Eppure con mano gentileForgiare da un’umile cretaPrototipi so ed un gentile Velame d’essenza trapuntoAd Iside fingo ed il cantoSorreggo col mio contrappunto delle umili cose e l’incanto dell’essere vivo e il divinodel mondo il perenne suo simboloin suo permanenza divino.E so del suo arcano ed il bandolo Donarono a me i sempiterniDell’aspra matassa del veroE sciolgo in lirismi gli interniMiei grumi e non v’ha cuore altero Che a me le sue stanze non schiuda.Oh bella vita oh venturaOh come materia sua cruda Si scioglie e sua cupa frattura Si colma! Se vado ramingoRomanticamente se chiedoParole ai silenzi se stringoCol demone patto se vedo D’iddii popolata la terraSon forse davvero un poeta?Se lacero il velo che serraAi grossi e agli ignavi segreta Bellezza se traggo da duroDiamante sospiri se sangueTrasfondo alle pietre se puro Di mente alla plebe che langue Traduco in parabole il verboDi vita se fondo nel vacuoSe irrigo il deserto se nerboComunico al verbo se innocuo So rendere il mare se morteDileggio se batto le vieTortuose di redole attorteSe violano mie fantasie Riserve e divieti se a Giove contendo la folgore a Ermete italari ad Apollo e alle nove castalidi il plettro se sete disseto alla fonte Aretusase agli inferi al pari di Orfeodiscendo se Saffo ed Alceosan l’ode mia bella se fusa nel verso ho la vita, Fanciullache bevi con avidi sorsimia vita  fra il tutto ed il nulla sospesa, Fanciulla che i morsi disfecero miei, che la metam’additi dell’estasi, Filliche allieti i miei giorni di trilli,Fanciulla son forse un poeta. Torno a ripetere che questi versi non mi dispiacciono e spero non dispiacciano nemmeno ai miei cinque lettori. I quali se vorranno accusarmi di peccato d’orgoglio, decisamente non errano e io non gliene voglio. L’autostima da una parte e l’autoironia dall’altra son le due cose che  meno mi fanno difetto. ______________Chàirete Dàimones!Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)