Dis-incanti

Calendario laico. 25 agosto 1900: san Friedrich Nietzsche da Roecken vergine e martire


 Post 922 Quello che stiamo per leggere non è tratto da nessun martirologio. In un calendario laico (ma perché non anche in uno religioso?) il 25 agosto (1900), anniversario della morte,  dovrebbe celebrarsi ‘Heiliger Friedrich Nietzsche von Röcken, unberührt und märtirer, San Friedrich Nietzsche da Röcken vergine e martire.  Per fortuna ci hanno pensato qui Zweig, e, in Elettra, D’Annunzio, che è bene rileggere: un’ode (ventuno strofe di ventuno versi, per un totale di quattrocento quarantuno versi) non puramente celebrativa, la cui lettura è bene anteporre alle pagine di Zweig poichè tutto il travaglio, fisico e spirituale, del filosofo poeta (o poeta-filosofo) in essa è espresso in forma epica, come nelle pagine di Zweig emerge in forma tragica. Epica e tragedia in simbiosi daranno del Filosofo solitario una immagine più completa e più verace, e più vivace, strappata agli stereotipi dei critici passionalmente pre-critici e di quelli che una fredda, presuntuosa acribia fa spesso più perniciosi dei primi. PER LA MORTE DI UN DISTRUTTORE f. n. xxv agosto mcm. DISSE al cuore dell’uomo: “Quando tu fervi, o cuore, largo e pieno, simile alla grande fiumana, beneficio e periglio dei lidi, quivi la tua virtù s’inizia.„ Disse: “Nel deserto estremo, con risa e con gridi, danzando e cantando, irrompe il mio desiderio e irraggia la sua letizia. Nacque su le montagne eterne la mia saggezza inumana, su le montagne che stanno vergini e sole nel meriggio sereno, nell’ardore solenne; pregna divenne su i culmini prossimi al Sole la mia virtù selvaggia; partorì su gli aridi macigni il più giovine de’ suoi figli.„ Disse: “Nel deserto estremo,nella fulva sabbia, sotto la rabbia del sole, duro, violento, silenzioso, avido di conoscenza come il leone di nutrimento, senza dio, senza nome, senza spavento e spaventoso, con la volontà del leone, con la fame del leone, famelico, sitibondo, infaticabile, padrone del deserto e del mondo fui, e delle mie forze segrete. Inesprimibile e senza nome„ quel che fu il tormento e il giubilo dell’anima mia, quel che fu la fame e la sete dell’anima mia!„ Disse: “Le fonti attossicate, i fuochi graveolenti, i sogni corrotti e i vermi nel pane della vita son necessarii?Non io la mia vita mendicai a frusto a frusto, ma esso il mio disgusto mi diede le forze e l’ale che presentivano le sorgenti dei fiumi solitarii. E per giorni e per notti, di monte in monte, oltre il bene, oltre il male, senza sosta, senza sonno, il mio volo robusto cercò cercò la fonte della gioia; e la trovò in sommo. Avido nelle acque canore s’abbeverò il mio cuore ove arde la mia grande estate. Il mio cuore, ove splende l’estate, s’abbeverò nell’acque gelide e n’ebbe gioia infinita. Tutta la mia vita fu un’alta speranza. O miei fratelli, dove siete? Accorrete, accorrete alla gioia che v’attende. Troppo si piacquedella pianura la vostra virtù. Non è sete quella ch’estinguono i ruscelli garruli, quella che alla cisterna empie l’otro e vi s’indugia. Uditemi, o miei fratelli! Poi ch’io bevvi alla fonte apparita, tutta la mia vita fu una speranza eterna, tutti i miei pensieri per mille varchi e mille sentieri migrarono alla terra futura. Oh venite, fratelli in angoscia, perché io vi mostri la sorgente ignota nell’alba che si leva! Scaturisce ella con troppa veemenza e scroscia così che la coppa si riempie e si vuota. V’insegnerò come si beva. Venite a me! Lasciate gli egri e i vili alla bassura. Venite perché io vi rallegri, fratelli, ne’ cuori vostri.Grande sarà l’estate su i monti con gelide fonti e silenzio infinito. L’aquile ci porteranno il cibo con i lor curvi rostri. Vivremo come i vènti forti. Negli occhi profondi avremo la terra futura. Venite a me col vostro amore che non soccombe, con la vostra sete che non si placa, quanti siete uomini che v’accresceste di conoscimento e di dolore, che la vita incideste con la vostra vita dura, che osaste abbattere le tombe perché taluno risorgesse, che seguiste il più aspro cammino a cercar le vostre anime stesse, che chiamaste il più crudo nemico per guerreggiar la vostra guerra, che santificaste nei perigli le vostre inesorabili sorti, venite a me su l’ultima altura!Vivremo come i vènti forti. Saremo fedeli alla terra, fedeli alla terra dei figli, fedeli alla terra futura.„ Disse: “Il mio lavoro fu la guerra, la mia pace fu la vittoria. La mia volontà fu sospesa sul mio capo come una legge, come una gloria, come un nimbo d’oro. In ogni impresa il mio pensiere fu la mia sola face. Sdegnai di bere dove bevve il gregge, sdegnai di rimirare il cielo oscurato dalla cava nube; perch’io sapea che nella rupe aerea tu eri, o sorgente pura, o sorella dell’aria, io sapea l’erta necessaria per rimirarti, o cielo pudico e ardente, libertà, serenità d’oro. O cielo su la mia testa nuda, giocondo abisso, gorgo di luce, festa del sole, o cielo senza nube e senza tuono, ecco la mia innocenza, ecco che io risorgo verso di te mondo di ogni tabe e di ogni lebbra, ecco che io sono colui che afferma e colui che benedice; e per questo lottai su la terra, per questo ebbi tanta guerra tante armi tante ire: per aver libere mani, serenità liberatrice, miracolo d’oro sul mondo, per avere un giorno le mani libere a benedire! E così benedico: – Essere sopra ogni cosa come il suo proprio cielo, come il suo volubile tetto,come la sua cerulea volta e l’eterna sua pace. – E felice colui che benedice così! Però che la sorgente dell’eternità sia il battesimale fonte di tutte le cose, oltre il bene, oltre il male; e il bene e il male sien ombre fuggitive; e su tutte le cose unico si spanda il ridente cielo delle sorti misteriose; e sia la terra una divina tavola al divino gioco degli iddii che tu porti, Eternità, per colui che t’ama. Però che io sia colui che t’ama, o Eternità, colui che brama il tuo anello eternale, colui che vuole da te il nuziale anello del ritorno e del divenire, colui che ti chiamaal suo desire ed al suo giorno, o Eternità, per teco generar la sua prole, colui che fu cieco per la possa del tuo sole che a lungo ei mirò fiso, colui che alfine ha un riso vasto come un baleno creatore sul mondo, colui che ama il tuo seno, il tuo seno profondo, o Eternità, colui che t’ama!„ Così parlava l’Asceta. Questa parola disse colui che terribilmente visse per la sua terribile mèta. Così parlava su la plebe schiava su la moltitudine morta colui che errò lunghi anni pei labirinti fallaci, per tutte le ambagi dei secolari inganni, e ritrovò la portaantica della Vita bella. Disse: “Insegno al cuore umano una volontà novella.„ Disse: “Insegno all’uomo non l’amore del prossimo ma del più lontano, del vertice ch’ei s’elegge. Sia l’uomo la sua propria stella, sia la sua legge e il vendicatore della sua legge.„ E il fiato impuro dell’uomo lo soffocava; lo soffocava il lezzo della bestia inferma e vile. Ed egli andava andava andava, cupo ed ostile, nell’aria gravida di tempesta, emulo del lampo e del tuono, ebro della sua guerra, splendido della sua virtù, irto de’ suoi pensieri, tra i sogni grami di mille e mille anime stanche. E disse: “Il tuo spirto e la tua virtù infiammino anche la tua agonia, come il fuoco del tramonto infiamma la terra.Così voglio io morire perché a causa di me tu ami, o fratello, sempre più la terra; così voglio io reddire luminoso alla gran madre terra.„ Ahi che dal Fato, cui d’evento in evento amò di così gagliardo amore, non gli fu dato morire nel combattimento, morire alzato e pronto al più difficile varco, nell’atto di tendere l’arco lucido ponderoso per l’ultimo dardo, il grande arco d’Ulisse, quello dal nervo che garrisce come la rondine messaggera, quello che tende sol uno contro la schiera innumerevole! Ahi che il notturno Fato l’oppresse a mezzo dell’opra! Ed egli stette nell’ombra senza mutamento, immoto, vacuo, taciturnocome un cratère spento. Poi, come l’acqua informe colma i cratèri immemori del fuoco pugnace, la materia eguale l’agguagliò nell’ombra infinita e nei silenzii eterni ove si celano le norme del ritorno e del divenire, ove tutte le forme dell’essere s’aprono in misteri ineffabili e la morte è vita e la vita è morte. O Verità redimita di quercia, cantami la sua vita e la sua morte con la possa delle antiche lire! Canta pei figli degli Ellèni il Barbaro enorme che risollevò gli iddii sereni dell’Ellade su le vaste porte dell’Avvenire! Io lo canterò, io figlio degli Ellèni, con una odeampia, di possente volo; perché dissi, quando udii la voce di lui solo io solo, dal suo esiglio nel mio esiglio, dissi: “Questi è il mio pari. Questo duro Barbaro che bevve una colma tazza dell’ardente vin campàno ed ebro di dominio e di libertà corse i mari armoniosi agognando il suolo ove l’uomo per la divina etra incedeva al fianco del dio ed entrambi erano Ellèni, questi è il fratel mio. Salutammo le rosse triremi nelle acque di Salamina nutrice di colombe; portammo una corona alle tombe di Maratona.„ Dissi: “O Vita, egli non sa che vive su le rive sonore un figlio della florida stirpe. Io nasco in ogni alba che si leva. Io so io so come si beva, o Vita. E chi t’amò su la terracon questo furore? Chi più larghe piaghe s’ebbe nella tua guerra e chi ferì con spade di più sottili tempre? Chi di te gioì sempre come s’ei fosse per dipartirsi? Ah tutti i suoi tirsi il mio desiderio scosse verso di te, o Vita dai mille e mille volti, a ogni tua apparita, come un Tiaso di rosse Tiadi in boschi folti, tutti i suoi tirsi! Io nasco in ogni alba che si leva. Ogni mio risveglio è come un’improvvisa nascita nella luce: attoniti i miei occhi mirano la luce e il mondo. Egli non sa come sien pure le mie pupille, o Vita, mirando il cielo verecondo. Egli non sa come trabocchiil mio cuore, simile alla grande fiumana. Che m’insegnerà egli, o Vita? Io so come si danzi sopra gli abissi e come si rida quando il periglio è innanzi, e come si compie sotto il rombo della tempesta l’opera austera, e come si combatta con l’ugne e col rostro, e come si uccida, e come si tessan le ghirlande dopo le pugne.„ Ma riconobbi i suoi pensieri fraterni come il navigatore ansio riconosce i verzieri d’Italia da lungi all’odore che gli recano i vènti. Il tuo sole, il tuo sole, o Italia, colorò la sua fronte, maturò la sua saggezza forte, converse in oro il ferro delle sue saette. Il Barbaro pellegrino sotto il tuo cielo alcionio apprese il canto dal coro alato delle tue selve aulenti.O Italia, egli bevve il vino delle tue vigne ambrosio; colse il miele de’ tuoi favi meri, le rose de’ tuoi roseti gravi di api e di colombe. I piedi suoi divennero leggeri su i prati di violette. La serenità adamantìna che s’inarca su i ghiacciai dell’erme Alpi placò la sua furia. Gli proposero enimmi le rupi che nel mar di Liguria si protendono come sfingi coronate di fiori. Come un novo Erme senza caducèo egli portò su la sua spalla Dioniso infante, nelle Terme di Caracalla, nel Fòro, nel Colossèo. Come Eraclito nel tempio efesio, egli meditò la sua dottrina illuminato dagli ori di San Marco nell’ombra marina. E il fresco vento etesiogonfiò la sua vela nei meriggi d’estate, fra Sorrento e Cuma, sul golfo ove il Vesuvio fuma. Quivi, o triste ombra della greca Antigone, anima profonda che gli fosti custode fedele nella notte cieca, o sorella, quivi reca il cadavere dell’eroe, sul golfo lunato e grande come l’arco ch’egli tese. Gli alzeremo un tumulo grande, un’altissima tomba, là dove le coste sono più scoscese e il flutto più rimbomba nelle caverne più nascoste con le eterne risposte alle eterne domande. Gli daremo ghirlande d’ulivo selvaggio e, tra le accese faci, libàmi come all’altare. Gli canteremo in coro una ode misurata al respiro del mare. Canteremo: “Qui dorme, nella sacra Italia, sul mare delle Sirene, sul Mare Nostro, in vista dell’arce cumèa dove il figlio di Venere Enea giunse recando i Penati di Troia ed i Fati di Roma, qui dorme, in vista del fuoco distruttore e creatore che irrompe dal cuor della Terra, vegliato dalle antiche Mire figlie della Notte arbitre sole della nascita e della morte, o prole degli Ellèni, qui dorme, placate le ire dopo tanta guerra, il Barbaro enorme che risollevò gli iddii sereni dell’Ellade su le vaste porte dell’Avvenire.„(Per motivi di spazio la citazione da Zweig è rimandata al post prossimo)