Dis-incanti

L'Arcangelo Coclite in un sogno divertente. Un Inca a Roma...


Post 940   E’ volato dal Perù a Roma e atterrato in Via delle Vigne Nuove, angolo Isole Curzolane, Hector, l’Inca ciabattino filosofo.   Al suo confronto il tuo marziano, Ennio, impallidisce.  Un Inca a Roma in carne e ossa, che spero non sia obbligato a rivolarsene, deluso come il tuo personaggio, ai suoi mondi. Mi è apparso per caso, nel suo bugigattolo di due  tre metri quadrati, dove fa splendidamente il ciabattino per quelli, come me, che amano ancora farsi risuolare rattoppare ricucire e ritingere, per necessità o per antico costume, le scarpe (è nella mia memoria infantile un nerboruto e baffuto mastro di nome Righetto, ex emigrato in sud America -che forse in ricordo  chiamò suo figlio Perù- in grado di calzare con grande maestria tutti gli abitanti del mio borgo selvaggio con scarponi chiodati destinati a durare una vita o, in tempo di guerra, con alti zoccoli di legno durissimo da fare invidia agli artigiani olandesi). Immerso negli odori venefici delle vernici, delle colle, della sporcizia delle vecchie suole, Hector mi degna delle sue confidenze e mi intrattiene delle culture, dei miti, delle usanze, della storia della sua terra, e, il volto sempre atteggiato a un sorriso che rivela una profonda e ineffabile pace dell’anima, mi dice di Sole e di Fuoco, e di Pacha Mama, la Madre Terra che nutre non solo il corpo ma soprattutto l’anima, che è la grande Divinità, l’unica immensa immanente divinità delle cultura Inca. Paganesimo puro, quello che piace a me… Francesco ha torto a prendersela coi suoi oppositori ‘ortodossi’ e ad affermare (vedi i discorsi dei suoi recenti viaggi fra i popoli autoctoni del Sud America) Pacha Mama non essere una divinità. Lo è, lo è, ma non certo trascendente. Me lo conferma Hector col suo italiano spagnoleggiante, tra un colpo di martello, un foro di lesina, un taglio di trincetto, una spennellata di tintura nerissima sul mio borsello vintage (lo comprai in un negozio esclusivo di Piazza San Silvestro un giorno del 1982: la plebe pallonara impazziva al Corso per la Roma Campione del mondo, la mia ‘importante’ amica d’allora mi avrebbe voluto coinvolgere e attrarmi con sé nella marea impazzita - forse anche per questo qualche giorno dopo l’avrei abbandonata al suo destino, perdendo una grande occasione, o forse trovandola). Hector mi affascina. Le sue parole, che partono, come una musica beethoveniana, dal cuore per al cuore tornare, arrecano serenità al mio animo turbato. Non te ne partire, Hector Inca, per tornare ai tuoi mondi. Mane nobiscum, quoniam  advesperascit . E’ buio e freddo qui nella Città del Pontifex -‘costruttore di ponti’- che tenta di lanciare, bene intenzionato, ma fatalmente frustra, i suoi. Ché quali ponti, verso dove, verso chi? *   Ci ha impiegato quasi un secolo, ma infine è venuto. Dico di Lui in carne e ossa, di Gabriele, l’Arcangelo coclite. E’ venuto a me vecchio e brutto, ai limiti del ripugnante, nei sogni di una notte agitatissima trascorsa fra una fantasia onirica erotica e l’altra, tra una corsa e l’altra in toilette per una  crisi di poliuria; è venuto a me  su una collina assolata della valle dell’Aniene, trasformatasi in Vittoriale, a giocare coi villici e me, dimesso nella sua divisa lisa di generale di brigata aerea, le decorazioni di guerra sul petto e un medaglione dell’impresa fiumana, già defraudatogli, con sua disperazione, tra scherzo e scherno da un Comisso ex legionario giocherellone, e poi resogli; è venuto sdentato e pallido, emaciato  ma vivace sempre come quel satiro affetto da priapismo che non cessava nonostante tutto di essere: un superuomo lacerato e  priapico. Lui. Cantava e rideva con me, prendendosi e prendendomi in giro, raccontandomi le sua storie, confidandomi  suoi segreti, illustrandomi alcuni dei suoi più cari ninnoli esposti su un muretto divisorio di una saletta rustica, che era poi quella mia del mio Frainile, scherzando come un bambino, tentando maldestramente di aprire una botola metallica che conduceva in una cantina dove conservava, lui astemio, nobili vini antichi, scivolando sui gradini di ferro battuto e rischiando di rompersi, non l’avessi io trattenuto, l’osso del collo. Mi sono destato con lui ancora penzoloni dalla mia mano destra, ambedue scompisciandoci dalle risate. Quale visione!  *  Inizio la mia giornata con una presa d’atto …ottimisticamente novembrina: essere sempre più evidente  l’uomo aver usato la sua intelligenza per affinare la sua ferocia e diventare la più selvaggia delle belve.  L’esercito del bene, se mai è esistito e non è stato un abile camuffamento (foresta di Birman) dell’esercito del male, si è dimostrato perdente. Sempre più homo homini lupus. Hobbes  ha sempre più la meglio su Locke e il suo homo homini homo e su Spinoza e il suo homo homini deus. Il Superuomo, suprema illusione, può attendere.  *   Un ricordo di fb di 7 anni fa, il cui contenuto confermo, nel mio ottantaseiesimo anno e quattro mesi:      “Non so cosa mi stia avvenendo.    Non nel quinto ventennio di mia vita mi par di essere entrato, ma nel secondo, tale e tanta è la mia sete di vivere e sì frenetica la mia attività fisica e mentale. So bene trattarsi degli ultimi guizzi di una candela che è in procinto di spegnersi. Ma è così esaltante una tale esperienza che non posso non condividerla e non rendere grazie a chi, Natura (Deus sive Natura) o Dio (Mens super omnia e Mens insita omnibus), mi ha benignamente consentito di arrivare a viverla”. *   Due pensieri positivi, au milieu de l’orage   Inizio moduloFine modulo”Je dirai malgré tout que cette vie fut belle" (Jean Bruno Wladimir Francois-de-Paule comte d'Ormesson,titolo dell'autobiografia).   “Il silenzio è la voce di tutte le grandi passioni” (Leopardi, Zibaldone. Milano Mondadori, p. 172) *     Alle Heiligen con von Kleist e Goethe. "Sento che nel mio animo ci sono svariate dissonanze che si fanno sempre più dissonanti sotto la pressione delle circostanze avverse in cui vivo e che un sereno godimento della vita, se mai mi toccasse, forse le condurrebbe senza difficoltà all'armonia. In tal caso lascerei del tutto da parte l'arte per un anno o anche più e, tranne che di alcune scienze in cui ho da recuperare, non mi occuperei più altro che di musica. Infatti considero quest'arte la radice o addirittura _ per esprimermi in termini scolastici- la formula algebrica di tutte quante le arti e, come abbiamo un poeta - col quale non oso assolutamente confrontarmi - che ha riferito ogni suo riflettere ai colori, così io, sin dalla mia primissima gioventù, ho riferito tutto ciò che ho riflettuto sulla poesia ai suoni. Credo che nel basso continuo siano contenuti i più importanti suggerimenti sulla poesia". (In Anna Maria Carpi, Un inquieto batter d'ali. Vita di Heinrich von Kleist, Milano, Mondadori 2005). *   Due giorni di convegno a Roma Tre (organizzato dal bravo ex Gianmarco Bonavolonta') dedicati al tema ''intelligenza artificiale ed educazione". Vi ho partecipato un giorno in presenza, uno in streaming. Nuovi             Universi, nuovi linguaggi, per me assolutamente arcani che non mi sarà dato ormai più di poter penetrare. Ne esco confuso e umiliato. Mi rifarò alle Rinascite.______________   Chàirete Dàimones!   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)