Dis-incanti

Elvira Frosini e Daniele Timpano e il loro 'Millesettecentoottantanove'


 1044   Elvira Frosini e Daniele Timpano sono approdati su Rai5 con Millesettecentottantanove (produzione del Teatro ‘Metastasio’ di Prato in collaborazione con Kataklisma teatro e Teatro di Roma, Teatro Nazionale residenze artistiche, Istituto Italiano di Cultura Parigi, Città delle 100 Scale Festival), di cui sono anche autori, attori, registi (wagneriana opera d’arte totale, Gesamtkunstwerk!), come del resto di tutti gli altri pezzi del loro ormai ben nutrito repertorio, quali Ecce robot! Cronaca di un'invasione (2007), Negative film-Teneramente Tattico (2009, in collaborazione con Lorenzo Letizia), Risorgimento pop, - memorie e amnesie conferite ad una gamba (2009, scritto e diretto da D. Timpano e Marco Andreoli, interpretato da D. Timpano e Valerio Malorni), Sì l'ammore no (2009, scritto, diretto e interpretato da Daniele Timpano ed Elvira Frosini), Aldo morto | tragedia (2012), Zombitudine (2013, scritto, diretto ed interpretato da Daniele Timpano ed Elvira Frosini), Alla città morta (2014, scritto con Elvira Frosini, regia di Fabrizio Arcuri), Carne (2016, diretto e interpretato da Daniele Timpano ed Elvira Frosini, scritto da Fabio Massimo Franceschelli, musiche di Ivan Talarico), Acqua di colonia (2016), Gli sposi - romanian tragedy (2018, testo di David Lescot).   Del meritatissimo approdo (da tanti anni la compagnia Frosini-Timpano, con somma fatica e sommo estro, è attiva sui palcoscenici italiani e stranieri, e la Rai non se n’è accorta) scrive Timpano con la sua ben nota ironia:   “Stasera guarderanno tutti Milly Carlucci ma grazie lo stesso a chi sceglierà di passare una prima serata casalinga con noi e col nostro spettacolino ambiziosetto "Ottantanove" alle ore 21.15 su Rai5.   “È davvero una sensazione novecentesca attendere di guardarsi alla TV (questo oggettone ormai quasi sparito da molte casuccette, o in secondo piano, e snobbatino assai dalle generazioni Z e Alpha) ma è la sensazione che stiamo provando in queste ore. Siate miti. Perdonateci. Lo sappiamo che è un tantinello amatoriale emozionarsi così, ma capirete bene che è la prima volta che debuttiamo dal morto e non dal vivo: per noi essere in TV con uno spettacolo integrale è una novità assoluta.   Guardate (se potete). Commentate (se volete)   Scriveteci in privato (se c'è in voi calore umano)   [Elvira e Daniele]”.   Io sono tra quelli che hanno scelto di vederselo e goderselo lo ‘spettacolino ambiziosetto’ lasciando da parte senza tanto sforzo per la verità, l’imperitura Milly nazionale della quale ho più volte detto in questo Diario e non cose carine. Ho scelto in ‘piena avvertenza e deliberato consenso’, senza alcun pentimento, e il perché tenterò di dire con la solita franchezza dell’inappigionato impenitente, dell’anarchico mentale che fui che sono, e che s’appresta a ormai, forzosamente, più non poter essere. *Così una nota di presentazione anonima:    “La Rivoluzione francese del 1789 ha cambiato e fondato il mondo in cui viviamo. Ma cosa ne rimane 230 anni dopo? Con la loro scrittura affilata e ironica, Elvira Frosini e Daniele Timpano, affiancati da Marco Cavalcoli, smascherano l’apparato culturale occidentale con tutti i suoi simboli e le sue retoriche fino ad arrivare all’osso dei suoi miti fondativi. Passato e presente, storia francese e storia italiana, modernità e postmodernità si sovrappongono sul palco in un percorso volto a mettere in crisi le nostre vite “democratiche” e l’immaginario legato al concetto di rivoluzione. Una rivoluzione è ancora possibile? Oppure si tratta di una cosa vecchia, novecentesca, conclusasi in un altro tempo e in un’altra Storia?   “Ottantanove” non vuole raccontare una storia, o la Storia, ma immergersi nei materiali culturali che hanno prodotto quel mito fondativo e che questo ha prodotto a sua volta. L’attuale crisi della Democrazia vista in rapporto con il 1989, la fase che apre un’epoca, oggi che il concetto stesso di rivoluzione sembra aver perso concretezza.   E un’altra, riprendendo il concetto:   “La Rivoluzione Francese tocca e cambia tutta l’Europa fondando il mondo in cui viviamo. Ma cosa ne rimane oggi? Lo racconta ‘Ottantanove’. Elvira Frosini e Daniele Timpano, affiancati per la prima volta in scena da Marco Cavalcoli, tornano con la loro scrittura affilata e spietatamente ironica, pronti ancora una volta a scandagliare e a smascherare l’apparato culturale occidentale con tutti i suoi simboli e le sue retoriche fino ad arrivare all’osso dei suoi miti fondativi. Passato e presente, storia francese e storia italiana, modernità e postmodernità si sovrappongono sul palco in un percorso volto a mettere in crisi le nostre vite democratiche e l’immaginario legato al concetto di rivoluzione. Una rivoluzione è ancora possibile? E in che modo? Oppure si tratta di una cosa vecchia, novecentesca, conclusasi in un altro tempo e in un’altra Storia?   Mi verrebbe subito da dire che la domanda è oziosa, perché è in essa implicita già la risposta. Se la rivoluzione ‘nova’ fecit omnia, che pretendere di più?   Dunque: Elvira e Daniele non hanno la presunzione di fare storia (o meglio, per intenderci, di esercitare il mestiere di  storici: ché essi,  entità ex-sistentes, fuori cioè del gran mare impersonale dell’essere,  sono soggetti e oggetti nel contempo di storia, fanno storia, in quanto realtà pensanti e creanti qui ed ora - ché ex-sistere o è  creare o è rappresentare un errore dell’essere nel suo processo di oggettivazione, del suo autoporsi; sanno dunque di non esercitare il mestiere di storici di professione, ma anche di non essere dei semplici  ‘giullari’ che si divertono e divertono giocando con e sul fatto storico, quel factum che infectum fieri nequit, e quindi non può essere oggetto di giudizio moralistico ma solo di disincantato gioco di rappresentazione. Il guaio è che la storia la scrivono sempre i vincitori, e non è facile esser certi che il fatto col quale si sta giocando sia quello vero ed autentico. Secoli sono spesso necessari perché reperti emergano dalla paziente opera di scavo degli archeologi dello Spirito, hegelianamente inteso, in grado di offrire materiali originali e nuovi che consentano al gioco creativo dell’artista di sbizzarrirsi in forme sempre nuove e diverse.   Ed Elvira e Daniele “giocano” col materiale ancora incandescente della storia rivoluzionaria senza scottarsi, la loro levità (quella di Elvira in ogni senso, anche quello di in-corporeo) toglie peso al tragico e ne conferisce, mediante l’ironia consacrante e dissacrante, al comico, creando una intercambiabilità che è fusione senza esserlo, senza che le differenze si annullino e i caratteri si deformino. Io ho goduto al gioco intellettual-comico (una sorta di  denkendes Komik, che richiama la heideggeriana Denkende Diktung)  dei due attori dall’arte ormai consumata, che col riso rivoltano la maggiatica tragica  della storia rivoluzionaria intrisa di sangue (ma sine sanguinius effusione non fit remissio!) e ne fanno germogliare i fiori dell’Arte rigeneratrice. E che oltretutto sanno citare in un francese perfetto (si perdonano facilmente un, dico uno, accento errato, due o tre liaisons mancanti e una lettera erroneamente sfuggita, e non ad Elvira, la esse in No(s)tre Dame) come quello delizioso che abbiamo ascoltato dalla bocca di Elvira nella sua lunga divertentissima litania circa i prestiti linguistici della sorella latina, mai douce quanto nella sua très douce lingua.  Molto soddisfatto, dunque, non da quel critico che non sono, ma da quello spettatore attento e attivo che non si lascia passivamente coinvolgere dall’azione scenica, ma coi suoi protagonisti reinventa e ‘giocando’ crea.   Sia lode e onore a voi, Elvira, Daniele, Marco.   Godendovi in TV ho ridato un po’ di senso al mio tempo precario.    *   Ma non sarei io se non terminassi queste mie riflessioncelle con un coup de théatre, e non dicessi che, pur divertitomi assai al denkendes Komik, alle ‘pensanti ironie’ di Elvira e di Daniele, condivido pochissimi dei loro dubbi e delle loro riserve circa gli esiti della Rivoluzione francese, e perciò li punisco dedicando loro alcuni sonetti in francese (apparsi anni or sono nei miei Canti di Pan e ritmi del thiaso. Liriche dell’immanenza e donati -e dal direttore graditi- all’’Institut Jean-Jacques Rousseau’ di Ginevra) in lode di uno degli ispiratori, con tutti i suoi colleghi dell’Encyclopédie, del 1989, e di Colui che la Rivoluzione e i suoi intenti portò a compimento (perdendo a Waterloo una battaglia, ma vincendo una guerra) spargendo a mani piene in Europa e nel Mondo la semente LÉF.   De temps en temps quand mon âme sommeilleet son ciel gris sillonnent les éclairsJean-Jacques und deutsche Freunde qui l’éveillentje convoque auprès d’elle et change l’air. Et bien souvent sans pudeur avec euxje discute je blague et me disputed’amour de temps d’espace d’art de dieuxprêt à la paix mais plus prêt à la lutte. Mais ce matin pour respirer le pieuxbeaume de la Nature chez l’Amije vagabonde à Erménonville, aux lieux du mystique Ermitage ou son Espritvaillant et pur avant d’aller aux cieuxà sa terre, en lançant son dernier cris de merveille enfantine, dit adieu.*Âme de mon Ami, je te respireje t’écoute, te goûte te regardeje te flaire te touche et je t’admiredans l’arbre, le ruisseau, la pie bavarde dans le sapin, la fougère, la rosedans l’étang silencieux et dans la voixmystérieuse du vent qui se reposeà l’ombre du hêtre. Oh m’évanouir en toi ! me faire nuage et pluie, me faire chaudrayon, me faire ciel me faire auroreet coucher du soleil et chant d’oiseau dans le soir solitaire qui se doreet me faire ta tombe et ton berceauà l’ombre des peupliers qui décolorent sur l’Île humide en face du Château !*Jean-Jacques écoute. Laisse le Panthéonau cynique Voltaire. Ici ton Templet’attend sur la colline. Ici le Pontqui retentît à ton pas. Ici contemple son corps pudiquement Vénus encore,plaisante avec les Grâces et les Naïadesdans la Grotte moussée et aux jeux sonoresdes eaux s’amuse aux rayons des Pléiades. Jean-Jacques viens. A la table des mèresnous rêverons d’Emile et d’Eloïse;puis nos pensées, promeneurs solitaires vers le Kiosque rustique, et nos sottisesà nous nous confieront et nos chimèresde vagabonds vers la terre promise.*Jean-Jacques écoute. Laisse le Panthéonaux Héros de l’Armée. Ici notre chantde paix à la flûte nous accorderonsdu rossignol, au contrebas du vent au violon du feuillage, à la violede gambe des murmures que les ondesdu lac font à la brise. Je m’envole,et léger sur mes ailes vagabondes je viens te relever. A aucun autre incombe,Ami chéri de mon premier réveil,de t’arracher aux sombres catacombes. Reviens, Jean-Jacques et l’éternel sommeilNous dormirons en plein air dans ta tombeAux doux rayons de la lune vermeille.*Salve Napoléon. Ceux qui te blâmentsont des aveugles. Ta grandeur sublimel’ignorance leur cache. Moi je t’aime et je célèbre la flamme divine o divin Prométhée, que tu arrachasaux dieux envieux qui à Waterloo vengeancestérile en firent, car le feu déjàétait mis à la terre. La conscience des peuples tu sécouas et leurs drapeauils hissèrent. Au monde résignéaux oppiacés des papes et des rois tu sonnas le Réveil. Le desarroiallait bientôt finir. La chair damnéeau vers tu rachetas aux grands idéaux.*Salve Napoléon. Par toi l’immondeesclavage finit. Par toi lumièrenouvelle sur la terre moribonderesplendit. Ta passion humanitaire fut la poudre sacrée de tes canons.Par toi, Tiran-Tytan, la libertéOh paradoxe, fut sauvée. L’idéeRusée par toi en entonna la chanson. Sur ton tombeau, parmi les bêtes lachesdu troupeau touristique, le sermentje renouvèle qu’en venant au jour par mon père indompté je fis : l’Amoursera ma loi mais dans le cas pourtantla Haine pour Amour sera ma tâche. De mon bonheur et de ma paix au risqueje me consacre à la Dike tragique._________________      Chàirete Dàimones!   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)   Gelobt seist Du jederzeit, Frau Musika