Dis-incanti

Tetrastici saffici a Fiammetta


 1074   Un’amica mi ha chiesto di condividere una breve ode saffica da me composta per le nozze d’oro con la vita della mia figliola più giovane, Fiammetta, l’ultima, con le sorelle Beatrice e Laura, ad omaggiare nel nome l’insuperabile Triade trecentesca (Ermione, a me altrettanto cara, non se n’abbia). Ed eccola accontentata. Per affetto amicale mi espongo al ludibrio dei latinisti, rendendo pubblica questa cosuccia: nella mia debordante produzione poetica neoclassica in volgare poco o nullo spazio ha trovato il metro “barbaro” saffico catulliano-oraziano, quello che nella metrica moderna accentuativa consiste di tre endecasillabi e un quinario. Nei saffici a Fiammetta mi muovo alla maniera del Carmen Saeculare del Venosino, del quale riproduco il tetrastico centrale “Alme Sol curru nitido diemqui” et coetera come inizio tale e quale, solo sostituendo il termine Roma col nome Flamma. Ho scelto tale metro per un preciso motivo: perché si presta ad essere cantato sulle note dell’Inno a Roma pucciniano nella versione di Renato Salvatori del 1918, omaggio ad hoc per Fiammetta che canta da trenta anni in un noto Coro polifonico di Roma, “Entropie armoniche”, amatoriale ma ai confini del professionale, tanta la ricchezza la varietà la complessità del suo repertorio, sacro e profano, antico e moderno; uno di quei cori ai cui membri dovrebbe essere riconosciuta una laurea in Canto Corale! Le quattro strofe dell’ode (perfettamente riprodotte in caratteri gotici e tricromatismo su carta similpergamena da una nobile Signora, decima Musa e quarta Chàrite insieme, che di sé abbella e aggrazia il quartierino ex rurale di periferia ove abito, che l’incuria comunale e l’inciviltà di molti dei residenti deturpano) tradotte in prosa così recitano: “Almo Sole, che sul tuo carro splendente apri e nascondi il giorno sempre nuovo e sempre diverso, che tu non possa vedere nulla di più bello della nostra Fiamma che compie cinquanta anni. La madre e il padre, il figlio, lo sposo, le sorelle e i nipoti per lei fanno mille auspici. Il suo solare sorriso vinca, Febo, il tuo, e nei secoli la luce dei suoi occhi risplenda a rallegrare l’universo, e come una stella a incendiarne la notte. Le muse del Canto la proteggano, lei intima della dolce Euterpe”.    In Roma, alla vigilia delle None decembrine, nell’anno duomillesimo settecentesimo settantesimosettimo dalla fondazione di Roma”.   Cosuccia amatoriale, dicevo. Non sono il cantore delle Myricae, non vincerei concorsi internazionale di poesia latina, non mi costruirei coi loro proventi nessuna casa a Castelvecchio, di cui non intonerei i Canti. A me Musae non dant panem. O sì?  A FIAMMETTA  Per Il Suo 50° CompleannoVersi saffici alla maniera del Carmen Saeculare oraziano da cantarsi sulle note dell’Inno a Roma pucciniano*Alme Sol curru nitido diemquiPromis et celas aliusque ed idemNasceris possis nihil nostra FLAMMAVisere maius Quinquagesimum annum agenti. MaterEt Pater, Filius, Vir atque SororesNepotesque illi ex corde deprecanturOmina mille. Eius solaris tuum Phoebe risusVincat et per saecla eius oculorumSplendor circum reluceat totum mundumAd oblectandum Et siderum modo universi noctesAd incendendum. Musae canticorumProtegant eam intime familiaremDulcis Euterpes.*Romae, pridie Nonas Decembres Anno MMDCCLXXVI ab Urbe condita __________________                               Chàirete Dàimones!   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)