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Ancora della Festa dei Gigli, di Bruno, di Dennis Sciama, di Coyne

Post n°854 pubblicato il 21 Giugno 2015 da giuliosforza

Post 797

 

S’avvicina, a Nola, la città augusteo-bruniana (Augusto vi morì, Bruno vi nacque) la Festa dei Gigli, una delle tante celebrazioni priapiche pagane cristianizzate (Macchina di Santa Rosa a Viterbo, i Ceri a Gubbio e le molte varianti meno celebri e meno spettacolari che in molte contrade italiane, soprattutto del centro-sud, caratterizzano le feste patronali). Tra tutte quelle alle quali  ho assistito, quella dei Gigli (giganteschi campanili  ogni anno rinnovati, più alti dei palazzi, a gara variopinti e tutti in genere sormontati o da una statua  di San Paolino o della Madonna) è la più rumorosa e laica e nello stesso tempo più incredibilmente devota: durante i tre giorni di festa non esistono a Nola più furti e scippi, tutte le classi sociali sono possedute dalla stessa passione (lo stesso dèmone, vorrei dire). Si tratta di una pax augusta più che …paolina, e al confronto del fracasso che l’accompagna un baccanale è poca cosa. E dire ditirambiche le danze che attorno e sopra i gigli si danzano è dir poco. Si tratta di un vero e proprio collettivo possedimento demonico.

Non so cosa direbbe Bruno, dovesse assistere ad uno dei moderni spettacoli dei Gigli: come reagirebbe, lui odiatore, non meno di Nietzsche, di folle e plebi vocianti? Oso pensare (misereor super turbam) che non gli dispiacerebbero, se trai più assatanati ‘gigliani’ che io conosco sono anche i più assatanati bruniani, come tutti i membri della “Giordano Bruno. Associazione culturale nolana”, voluta dall’avvocato Paolino Fusco, di cui m’onoro di essere socio cofondatore. Anche dunque quest’anno andrò alla Festa dei Gigli. Ancora una volta farò un bagno (e che bagno) di folla e mi commuoverò nel profondo, tranne poi a pentirmi e a sorridere, se non ridere, della folla e di me.

*

   E visto che ci siamo, riprendiamo il discorso bruniano, da troppo tempo interrotto.

   Ho mille volte detto, e non mi stancherò mai di ripeterlo, che trovo ridicoli tutti i tentativi di recupero del Nolano alla “ortodossia”, trovo ridicoli i presunti ripensamenti curiali, le richieste di assoluzioni e di revisioni da parte dei suoi amici di ogni tempo e di ogni luogo. Bruno di tutto ciò si strafrega, poiché egli non è un ereticuccio qualsiasi che ha nostalgia dei vecchi recinti e vorrebbe tenere, come ama dirsi, un piede fuori e un piede dentro, o un piede in due staffe: egli è un immenso, convinto  apostata, sa e ama esserlo, con “piena avvertenza e deliberato consenso”; egli è cosciente di operare una grande rivoluzione culturale, filosofica e, nelle premesse, scientifica, inarrestabile ed ha ben altro a cui pensare che non alle beghe dogmatiche e confessionali, alle beghe interne alle religioni, ghetti istituzionali entro cui la religiosità cosmica si confina e ritaglia. … “Ma fendo e i cieli e a l’infinito m’ergo”!, egli scrive, anzi urla, mai dimenticarlo. Liberato e librato negli spazi, Bruno non vuole essere ricondotto, pecorella “smarrita” negli  intermundii,  all’angustia di un qualsivoglia terrestre ovile! Lotta egli anzi, e continuerà a lottare, per la distruzione di tutti gli ovili che l’ignoranza , gli oscurantismi, i fanatismi, i fondamentalismi eressero, erigono e continueranno ad erigere sotto ogni cielo per i greggi proni. Liberatore, lui, da lacci e da catene. redentore, lui, da schiavitù e servaggi! Lo si lasci in pace nel suo inferno coi Prometei.! Egli mai invocò, né mai invocherà, nessun  padre Abramo a trarnelo.

Detto ciò fa piacere che ogni tanto si torni a parlare di lui e delle sue concezioni da parte di chi nei suoi riguardi non ha la coscienza tranquilla e tenta di rifarsela. In questo caso si tratta di un confratello di Padre Bellarmino, padre George Coyne, astrologo e teologo vaticano, che con “gesuitica” (ipocrita?) nonchalance fa una “innovativa  ammissione” e scrive: la tesi che, fra le altre, portò al rogo Bruno, vale a dire la molteplicità degli universi, è oggi tranquillamente condivisibile dalla teologia che “scienza fra le scienze  come ogni altra scienza si può evolvere dopo un confronto con le altre scienze”. Ma vah!

   Trovo queste dichiarazioni su un ritaglio del Corriere di non so quanti anni fa, nel resoconto che Francesco Foresta Martin, curatore della sezione scientifico-ambientale del giornale di Corso Sempione, fa di un convegno tenutosi a Venezia alla Fondazione Cini sull’ipotesi sostenuta da Sciama dei molti universi, tesi che, fra le altre, portò al rogo Giordano Bruno. Mi piace riportare qui integralmente l’articolo di Foresta Martin: se nulla esso contiene di nuovo per il bruniano minimamente informato, utile può risultare a chi frequentazione assidua non ha col Filosofo degli infiniti mondi.

 

   “L’ipotesi del cosmologo Dennis Sciama, che ha postulato l’esistenza di una molteplicità di universi, ciascuno governato da proprie leggi fisiche, è stata fatta propria da un autorevole rappresentante della Chiesa cattolica, l’astronomo, teologo e gesuita George Coyne, della specola vaticana.

   «L’ipotesi Sciama è compatibile con il ruolo avuto da Dio nella creazione; mi sento di condividerla in pieno», ci ha detto padre Coyne che è intervenuto alla giornata conclusiva del convegno sul «Principio antropico», svoltosi a Venezia su iniziativa dell’Istituto Gramsci.

   Per rendersi conto del contenuto innovativo della posizione di Padre Coyne basterà ricordare che Giordano Bruno fu condannato al rogo per aver sostenuto, fra le altre cose, le sue idee sulla pluralità dei mondi.

   La possibilità che il nostro universo non sia unico, ma uno dei tanti esistenti, è stata presentata al convegno di Venezia da Sciama (…) con l’obiettivo di proporre una soluzione del tanto discusso «principio antropico».

   Il principio è, in breve, una sorta di constatazione scientifico-filosofica sul fatto che le costanti e le leggi fondamentali della fisica, pur nella loro incomprensibile arbitrarietà, sono armonizzate in modo tale da permettere l’origine della vita e l’evoluzione dell’uomo. A partire da questo incontestabile dato di fatto si sono sviluppate in passato due opposte correnti di pensiero: una, storicamente legata alla tradizione religiosa, asserisce che la divinità ha inteso finalizzare il creato all’uomo; l’altra esclude l’intervento della divinità e attribuisce al caso l’ordinamento del nostro universo.

   La tesi di Sciama è un tentativo di superamento della controversia poiché «non è necessario pensare in un unico Universo, con costanti e leggi fisiche aprioristicamente determinate, ma a una molteplicità di universi in cui tutte le combinazioni fisiche sono possibili: una di queste è favorevole alla nostra vita». Questa ipotesi non ha, secondo Sciama, un valore meramente speculativo ma, in futuro, potrà essere sottoposta a verifica sperimentale.

   «Anche io non credo che Dio abbia voluto creare un Universo con tante condizioni fisiche casuali e tuttavia accordate fra loro per rendere possibile l’esistenza dell’uomo - ci ha detto Padre Coyne-, Dio è libero, non arbitrario».

   «Inoltre non credo che la razza umana sia la finalità suprema dell’atto della creazione. Tutto il creato ha un significato, non solo l’uomo – ha aggiunto Padre Coye -. Per queste ragioni ritengo che l’ipotesi Sciama si possa conciliare perfettamente col nostro credo religioso: Dio ha creato una molteplicità di universi e poi li ha lasciati liberamente sviluppare».

   Padre Coyne ammette che il suo punto di vista è molto innovativo rispetto alla tradizione della Chiesa: «Anche la teologia è una scienza – conclude – e si può evolvere dopo un confronto con le altre scienze».

  

   Inutile ricordare che Dennis Sciama, nato nel 1926, morto nel 1999, annovera tra i suoi discepoli  studiosi di grande fama, fra i quali Stephen Hawking.

   Per quanto riguarda la posizione di Coyne, noterò la sua tutta gesuitica  ambiguità: da una parte egli scrive Universo con la maiuscola, lapsus freudiano che rivela un profondo sentimento panteistico (quello per il quale il suo grande confratello Teilhard de Chardin, teorico del ‘Cristo cosmico’, si beccò, se non la scomunica, un forte monito del Sant’Uffizio - si era negli anni Cinquanta, ed io ricordo una famosa conferenza polemica al vetriolo, alla quale ebbi modo di assistere, contro di lui tenuta a Genova dal facondissimo Cardinale Siri); dall’altra scrive universi con la minuscola allorché deve riconciliarsi con l’ipotesi creazionista.

   Il lettore avrà notato che da qualche tempo non chiudo il post, più per distrazione che per altro, con il Chàirete Dàimones  seguito dalla …giaculatoria bruniana laudata sia ecc. (qualche maligno potrà pensare che anche nel mio caso possa trattarsi di  un lapsus freudiano … al contrario. Si tranquillizzi, è categoricamente da escludersi: ruscello felicemente confluito nel grande Mare dell’Assoluto, mai ricompirò il percorso a ritroso!)  Ma mai come in questo post essi calzano  a pennello. Rieccoli dunque, e magnificati dal grassetto.

 

 ______________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

  

 
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