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Thomas Bernhard e le sue stroncature contro Stato, Chiesa, Scuola

Post n°983 pubblicato il 26 Aprile 2018 da giuliosforza

Post 903

   Invito alla lettura di Thomas Bernhard e alle sue dissacranti stroncature a Stato Chiesa Scuola.   

  

   Davvero “Anchora inparo” (sic), come recita il cartiglio dell’incisione giuntalodiana rappresentante un Vegliardo che faticosamente si trascina per la biblioteca sorreggendosi a un girello.

    Conoscevo solo il nome di Thomas Bernhard, per taluni il più grande scrittore austriaco del XX Secolo, uno dei più grandi del Continente e forse del mondo. Nei suoi romanzi-monologhi non solo la scrittura è stravolta, ma con tutta  la sua esibita Rücksichtslosigkeit, la sua irriverente mancanza di riguardo e la sua critica spietata alla cultura e ai costumi austriaci (Nestbeschmutzer, colui che sporca il proprio nido -da noi traducibile col meno elegante ‘colui che sputa nel piatto in cui mangia’- fu detto dai suoi avversari) si pone come uno dei più grandi dis-educatori, nel senso nostro  di de-gregatori (coloro che strappano pecore al gregge) del genere umano, un “distruttore” alla Nietzsche, un apostolo dell’oltre-uomo affrancato dai residui della barbarie pre-superomistica. I deboli di spirito ne saranno scandalizzati e si sentiranno oltraggiati, gli spiriti forti ne godranno, riconfortati da cotanta impertinenza.

    Ho tra le mani un suo libro che da anni giaceva trascurato in un angolo di biblioteca, reparto scrittori tedeschi. Si tratta di Antichi Maestri (Alte Meister, Adelphi 1992, traduzione di Anna Ruchat) e l’ho riscovato per caso cercando il Novalis di cui nelle precedenti pagine di diario. E mi ci sono tuffato a capofitto rinchiudendomi come il protagonista Atzbacher nella Sala Bordone, antistante alla Sala Tintoretto, del Kunsthistorisches Museum viennese e con lui ascoltando le dissacrazioni del signor Reger, spesso affidate alla bocca  del vecchio custode Irrsigler, diventato col tempo il suo più fede discepolo e portavoce. E sarà proprio  Irrsiegler a iniziare la salva contro i visitatori, le guide  ed i critici d’arte “da cui sentiamo esclusivamente le solite chiacchiere sull’arte che ci danno ai nervi, le chiacchiere insopportabili degli storici dell’arte (p.13)… Gli storici dell’arte, diceva Reger, sono i veri e propri devastatori dell’arte. Gli storici dell’arte raccontano sull’arte una gran quantità di chiacchiere. L’arte viene uccisa dalle chiacchiere degli storici dell’arte. Santo cielo, penso spesso qui seduto sulla panca quando gli storici dell’arte mi passano accanto spingendo innanzi quelle greggi di sprovveduti, che peccato per questi esseri umani ai quali gli storici dell’arte, diceva Reger, fanno passare una volta per tutte ogni gusto per l’arte (p.27)… Le cosiddette arti figurative sono della massima utilità per un musicologo come me, diceva Reger, e io, più mi sono concentrato sulla musicologia, e anzi più mi sono fissato sulla musicologia, tanto più insistentemente mi sono occupato delle cosiddette arti figurative; viceversa, penso che per un pittore, ad esempio, sia molto vantaggioso dedicarsi alla musica e che se uno ha deciso di dipingere per tutta la vita, così pure per tutta la vita sarà per lui vantaggioso dedicarsi agli studi musicali (ivi). (Quando dedicai un anno accademico e un convegno, prendendo lo spunto da Orazio ma allargando il senso della sua affermazione,  al tema Ut pictura poesis, ut pictura et poesis musica, ut pictura et poesis et musica chorea, ignoravo Bernhard; e pensare che avrebbe potuto essere uno degli autori, se non il principale, di riferimento).

    Come in un discorso a braccio sono continue le divagazioni (quella sulla musica non è che la prima) alle quali Reger-Bernhard si abbandona, quelle divagazioni che solo ai disattenti e ai superficiali possono apparire dispersive, e invece servono a recuperare l’argomento a nuovi e più vasti significati, ad ampliarne ventaglio  riferimenti ambiti, in fine ad approfondirne e dilatarne il senso. Già nelle prime pagine egli si diffonde, con la libertà che la sua intellettuale anarchia gli consente, sulla lettura, sulla maniera di guardare un’opera d’arte, sull’ignoranza degli insegnanti, sulla divaricazione inconciliabile tra natura e cultura, sullo Stato usurpatore, attraverso la scuola, di menti e di coscienze, sull’aberrante maniera di educare alla musica nelle scuole. Dovrei riprodurre le prime trenta pagine per intero, per dare una minima idea della violenza, della verve polemica, direi della rabbia con cui Bernhard si scaglia (e la sua scrittura non prende respiro) contro le falsità e le ipocrisie della cultura, a cominciare da quella estetica ufficiale.  Mi dovrò contentare di riprodurre degli ampi stralci, i più icastici ed efficaci. “A volte la gente mi guarda sorpresa quando vede chi io qui, seduto sulla panca, leggo il mio Voltaire e per di più bevo un bicchiere di acqua fresca, si meraviglia, scuotono il capo e se ne vanno, ritenendomi probabilmente un individuo a cui lo Stato ha concesso la libertà che si dà ai buffoni. Sono anni ormai che a casa non leggo più un libro, mentre qui nella Sala Bordone ho già letto centinaia di libri, il che non significa però che qui nella Sala Bordone io abbia letto da cima a fondo tutti questi libri, io in vita mia non ho mai letto un solo libro da cima a fondo, il mio modo di leggere è quello di uno sfogliatore di grande talento che preferisce sfogliare piuttosto che leggere, e che perciò sfoglia dozzine, qualche volta centinaia di pagine, prima di leggerne una…E’ meglio leggere dodici righe di un libro con la massima intensità e penetrarne, possiamo dire, il senso profondo, piuttosto che leggere tutto il libro come il lettore normale, che alla fine conosce il libro che ha letto come uno che viaggia in aereo conosce il paesaggio che sorvola. Non ne percepisce neppure i contorni…Chi legge tutto non ha capito niente. Non è necessario leggere tutto Goethe, neppure Kant è necessario leggerlo tutto, e neppure Schopenhauer; qualche pagina del Werther, qualche pagina delle Affinità elettive, e alla fine di questi due libri ne sappiamo di più che dopo averli letti dalla prima pagina all’ultima, ciò che comunque ci priverebbe del più puro piacere della lettura…  E anche circa la lettura di una quadro, di un così detto capolavoro, le idee di Bernhard sono dirompenti. Direi che egli sostiene una sorte di falsificazionismo popperiano applicato all’arte ed all’esperienza estetica. “Finora in ciascuno di questi quadri, in ciascuno di cosiddetti capolavori, ho scovato e portato alla luce un errore palese…Solo dopo aver constatato ripetutamente che il tutto e il perfetto non esistono, solo allora ci è dato di continuare a vivere. Il tutto e il perfetto non li sopportiamo. Dobbiamo andare a Roma e constatare che San Pietro è una costruzione abborracciata e di pessimo gusto, che l’altare del Bernini è un esempio di ottusità architettonica. Dobbiamo vedere il Papa faccia a faccia  e constatare personalmente, per poterlo sopportare, che è un uomo sprovveduto e grottesco come tutti gli altri…”. Cercare dove e come Bach, Beethoven, Mozart, Pascal, Montaigne, Voltaire, El Greco, Veronese falliscono per poter godere del buono che è in essi. E per quanto riguarda la musica,  non c’è stato un solo compositore, neppure tra i più grandi, che abbia composto una fuga compiuta, nemmeno Bach ci è riuscito, che pure era la calma e la purezza, la limpidezza compositiva in persona… La mente deve essere una mente che cerca, una mente che cerca gli errori dell’umanità, una mente che cerca il fallimento. Una mente diventa effettivamente umana soltanto quando cerca gli errori dell’umanità…Così sono stato sempre più felice nell’arte che nella natura, per tutta la vita la natura mi è parsa inquietante, nell’arte invece mi sono sempre sentito al sicuro…nella natura non mi sento a mio agio neppure per un istante, mentre mi sento sempre a mio agio nel mondo dell’arte, e assolutamente al sicuro nel mondo della musica. Per quanto mi riesce di ricordare, non c’è niente al mondo che io abbia amato più della musica…E per quanto riguarda i visitatori della Pinacoteca “incalzati, questa è la parola giusta, perché questi gruppi non camminano, ma come se qualcuno li tallonasse attraversano il museo a passo di corsa, fondamentalmente privi di ogni interesse, del tutto stremati per le emozioni che certo hanno già provato durante il viaggio che li ha portati a Vienna…Gli italiani, con la loro innata sensibilità artistica, si comportano sempre come se l’arte ce l’avessero nel sangue. I francesi attraversano il Museo piuttosto annoiati, gli inglesi hanno l’atteggiamento di chi sa e conosce tutto. I tedeschi al Kunsthistorisches Museum guardano tutto il tempo il catalogo mentre attraversano le sale, gli originali che sono appesi alle pareti li vedono appena, seguono il catalogo e attraversano il museo strascicando i piedi, immersi sempre più profondamente nel catalogo, finché non giungono all’ultima pagina del catalogo e a quel punto si ritrovano fuori dal museo….”.

Termino queste citazioni con quella di una pagina esilarante nella sua violenza ai limiti del denigratorio (e come tale fu letta dai critici austriaci) dedicata alla mala educazione estetica operata dagli insegnanti, la cui corporazione è formata “da sentimentali di poco cervello”… che sono al servizio di “questo inestetico Stato cattolico”, mendaci della “mendacità della Stato cattolico e del potere cattolico che governa lo stato…” Le bordate, le filippiche bernhardiane contro la corporazione degli insegnanti di stato austriaci a molti dei mie lettori potranno risultare esagerate e poco condivisibili. Non a me che, pur con qualche prudenza e minor generalizzazione, non sono stato mai tenero nei confronti della maniera in cui l’educazione estetica in generale (l’educazione dei sensi, come vuole l’etimologia), e quella musicale in particolare, viene praticata nelle scuole italiane (al qual proposito mi permetto di rimandare al mio e di Teresa Luciani Musica in prospettiva europea. Educazione musicale comparata, Seam, Roma, 1996)…Dopo dunque la divagazione musicale così riprende Bernhard: “Di austriaci, e in particolare di viennesi che vanno al Kunsthistorisches Museum ce ne sono ben pochi, se si prescinde dalle migliaia di scolaresche  che ogni anno compiono al Kunsthistorisches Museum la loro visita di pragmatica. Le scolaresche vengono guidate attraverso il museo dai loro insegnanti e dalle loro insegnanti, cosa che sugli alunni ha un effetto devastante, perché in occasione di queste visite al Kunsthistorisches Museum gli insegnanti, con la loro piccineria di maestri di scuola, soffocano qualsiasi sensibilità degli alunni nei confronti della pittura e dei suoi artefici. Ottusi come sono nella maggior parte dei casi, gli insegnanti uccidono ben presto negli alunni che sono stati loro affidati qualsiasi inclinazione, non solo l’inclinazione per la pittura, e in conseguenza della loro ottusità, e quindi della loro ottusa verbosità, la visita al museo da loro guidata di quelle per così dire vittime innocenti diventa quasi sempre per ogni singolo alunno l’ultima visita a un qualsivoglia museo. Dopo essere andati una volta al Kunsthistorisches Museum con i loro inseganti, quegli alunni non vi mettono più piede per tutta la vita. la prima visita, per tutti questi giovani esseri umani, è nello stesso tempo anche l’ultima. Gli insegnanti durante queste visite annientano per sempre l’interesse per l’arte degli alunni che sono stati loro affidati, questo è un fatto assodato. Gli insegnanti rovinano gli alunni, la verità è questa, è una storia vecchia di secoli, e gli insegnanti austriaci in particolare rovinano nei loro alunni, fin dall’inizio, soprattutto il gusto per l’arte; ancora oggi, ottuse nella maggior parte dei casi, le menti degli insegnanti austriaci continuano a non avere nessun riguardo per lo slancio dei loro alunni verso l’arte e l’universo artistico in generale, che fin dall’inizio affascina ed entusiasma tutti i giovani nella maniera più naturale. Gli insegnanti, invece, da veri piccoli borghesi quali essi sono, si oppongono istintivamente al fascino esercitato dall’arte sui loro alunni e all’entusiasmo che l’arte suscita in loro, riducendo l’arte e l’intero universo artistico al proprio dilettantismo stupido e deprimente, e nelle scuole fanno passare per arte e per universo artistico in generale quelle loro rivoltanti arie per flauto, e quei canti corali, anch’essi rivoltanti e abborracciati, per i quali gli alunni non possono che provare disgusto…Non esiste gusto artistico più dozzinale di quello degli insegnanti…Del resto a infoltire la corporazione degli insegnanti sono solo i sentimentali e i perversi  di poco cervello, tutta gente che proviene dagli strati più bassi del ceto medio. Gli insegnanti sono i galoppini dello stato, e se, come nello stato austriaco di oggi, lo Stato è corrotto dalla testa i piedi, spiritualmente e moralmente, e non insegna nulla se non depravazione e imbarbarimento e caos pericoloso per l’intera comunità, è ovvio che anche gli insegnanti siano spiritualmente e moralmente corrotti e imbarbariti e depravati e caotici….Gli insegnanti insegnano che cos’è questo stato cattolico, insegnano quello che lo Stato stesso li incarica di insegnare: grettezza e brutalità, volgarità e vigliaccheria, abiezione e caos…” (pp. 26-28, passim).

   Qui mi fermo, ma la spietata analisi di Bernhard si spinge ancora più il là. La denuncia impietosa che lo scrittore austriaco fa di uno stato tirannico, inestetico ed antiestetico, politicamente e moralmente corrotto, che ha negli insegnanti, aguzzini di corpi e di menti, i suoi galoppini, prosegue in ogni direzione, e non risparmia nessun aspetto della vita politica, intellettuale e sociale. Qualcuno potrebbe dirla datata, provocatoria, illiberale. E certamente sotto molti aspetti lo è. E la classe insegnante potrà ritenersi offesa. Ma farebbe male ad offendersi. Dovrebbe invece prenderne spunto per una profonda riflessione ed un’autoanalisi che sommamente le gioverebbe, in un momento di così grave crisi, anche da noi, dell’istituzione loro affidata; una crisi che, come (o a causa di? ma non voglio esser più marxista di quel che non  sono) quella economica, sembra non dovere avere più fine.

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Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 
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