Creato da giuliosforza il 28/11/2008
Riflessione filosofico-poetico-musicale

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Ultime visite al Blog

giuliosforzafantasma.ritrovatom12ps12patrizia112maxnegronichioooooannaschettini2007kunta.mbraffaele.maspericotichPoetessa9avv.Balzfamaggiore2dony686cassetta2
 

Ultimi commenti

Non riesco a cancellare questo intruso faccendiere che...
Inviato da: Giulio Sforza
il 20/11/2023 alle 07:25
 
Forse nei sogni abbiamo una seconda vita
Inviato da: cassetta2
il 01/11/2023 alle 14:32
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:38
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:34
 
Ciao, sono una persona che offre prestiti internazionali. ...
Inviato da: Maël Loton
il 18/09/2023 alle 02:31
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

« "Ce l'ho con l'Ilaria...Vicende politiche ed altro »

In memoria di Luigi Volpicelli

Post n°1014 pubblicato il 16 Agosto 2019 da giuliosforza

 

Post 935

   Della stessa autrice di cui segnalai la monografia dedicata ad Armando Armando mi risulta essere un altro notevole studio, pubblicato anch’esso da Anicia, il cui oggetto è lo studioso e l’uomo Luigi Volpicelli, colui che per me fu ben più che un  maestro: fu di fatti all’origine delle mie scelte culturali ed umane, della mia conclamata ‘riconversione’ all’immanenza e della mia modesta carriera. Mi chiedo come non sia venuto a mente al  suo figliolo prof.  Ignazio  (del quale l’Autrice è stata collaboratrice) che ben conosce i rapporti strettissimi che a sua padre mi legarono e mi legano, di consigliare a costei di prendere contatto  con me (oltretutto l’unico dei ‘discepoli’ ancora vivente, che ha la presunzione, parcant di, di non ritenersi colui che gli ha reso meno fedele testimonianza e, nella vita e nell’opera, minor onore) che  le avrei potuto mettere a disposizione i molti ricordi originali e significativi in mio possesso.

   La sua morte fu per me una gravissima perdita, come quella di un padre. E questo a caldo scrissi e pubblicai   in quella triste occasione:

    «”Die Mänlein, Weiblein, traurige Gesellen  / sie tun wie arme Puppen vor dem Tod.

   Omini, donnette, triste compagnia / si muovono come miseri fantocci davanti alla morte”.

   Sono immerso nello ‘sfinimento’, nella ‘putrescenza’, nello ‘sfacimento’ trakliani alle 17 di questo 17 Giugno quando mi annunciano la tua morte. Mai ferale notizia trovò stato d’animo più preparato. Io già so della tua dipartita. Un totale malessere dell’essere me ne preavvisa.

   Corro all’Ars medica da te. Sei là sciatto come non fosti mai (grigia anche la cravatta: non una delle tue smaglianti cravatte), le mani sul petto, ma il solito sorriso birbone sulle labbra: un ammiccamento alla morte: “Nella penombra della stanza spoglia “tracci con stanca mano un ghignante silenzio alla parete / dormiente sussurri nel sonno”. Mi sussurri  le parole ora dolci, ora dure, or facete, ora irose che da trenta anni, Vecchio, mi moduli, mi dici, mi gridi. Ascolto. Ricordo.

   Ricordo un remoto 1956. In un pubblico concorso mi si chiede di consigliare dei libri di lettura a un adolescente. Io dispongo di molta paccottiglia da oratorio (che non dispiace al buon Bongioanni, se supero con lode la prova) e cito, giustificandone con ottime argomentazioni la scelta, i romanzi di Luigi…Volpicelli, un nome che non so per quale caso mi è nelle orecchie. Volpicelli sta per Ugolini. Quando in seguito te lo narrerò, poco mancherà non mi bastoni.

   Ricordo un remoto 1958. Al termine di un appassionato esame di pedagogia (‘Sommariogentiliano, biblioteca di Pedagogia alle Terme, tu in maniche di camicia sbuffante per la calura, io madido di sudore, oltretutto, per l’emozione) sbotti: “ma che vai girando mascherato a codesto modo? Fuori la faccia!”.

   Ricordo la tua prima lettera. Sono a Genova travagliato da problemi metafisici. Tu che i miei problemi hai intuito, mai per la verità irridendoli, solo qualche volta  celiandovi attorno, mi parli con paterna partecipazione e concludi, lapidariamente: “È questo il tempo dell’immanenza. È questo il tempo della costruzione di Dio mediante il nostro storico impegno”. Inauguri così la mia nuova stagione, gentiliana e rilkiana, imprimendole il tuo marchio e il marchio dei tuoi Maestri. Tu ami i tuoi maestri, vivi i tuoi maestri. Sei attualista in…atto, testimonianza vivente della dottrina: attualista la tua curiosità intellettuale, attualista la tua attenzione al farsi storico dell’uomo, attualista il tuo critico dominio del tempo, attualista il gusto della vita in ogni suo aspetto, attualista la tua spirituale giovinezza, attualista la tua capacità di discernimento della stipa dai sempreverdi, attualista l’ironico distacco, attualista il gusto della parola, attualistica la sensibilità estetica, attualista la sensibilità ‘religiosa’ come senso universale delle cose e degli uomini che la loro precarietà unificando redime, e nell’unità delle Spirito esalta e sublima. Tu, alieno dal vizio teoretico, riuscirai a far calare nella realtà un che da quel vizio è segnato, e consunto, come da tabe originaria.

   Ricordo…

   Quanto ti faccio soffrire. Eppure mi ami e mi rispetti. Mi ami e mi rispetti per quel mio essere schivo, per quel mio essere incapace di servilismi, per la mia indipendenza di giudizio, per la mia ‘ribaldaria’, per quella testarda difesa della mia libertà da tutto e da tutti. Sei magnanimo, tollerante, umano. Mi ami perché sai che nella mia ribellione (che è l’anima stessa della dottrina: lo spirito non può mai ripetersi) ti sono ostinatamente fedele. Non rinnego la tua eredità, non vendo la tua eredità per il piatto di lenticchie delle mode pedagogiche. Per questo mi ami, ed il tuo affetto si intensifica col tempo. Fustighi la mia presunzione, stimoli la mia pigrizia, mortifichi la mia ipocondria. Severo e paziente, come un padre.

   Quanti ricordi, Vecchio. Te li dedico ora che continui a sorridere dal tuo cataletto alla mia fragilità ai miei tormenti alle mie esaltazioni ai miei sogni. Lasciati carezzare la fronte gelida. Ricordi questi ultimi nostri mesi? Ricordi il nostroPinocchio’ veronese?. Per esso abbiamo passato indimenticabili giorni (gli ultimi tuoi giorni) nel Veneto, abbiamo bevuto grappa alla taverna del Ponte, abbiamo brindato ai fanti nella trattoria sotto il Monte. Le foto di quei giorni, le ultime della tua vita, ti ritraggono più giovanile che mai. La stessa giovinezza offri alle studentesse incantate (sei venuto a concludere il mio corso di educazione estetica, rivarcando dopo anni le porte della tua università. Chiudi affermando, ed io t’abbraccerei: “La comunicazione è un fatto spirituale. Solo due Spiriti possono comunicare”. Un testamento. La sera, all’Eden Cassiano di Tivoli, sei in forma splendida. Affermi da star mangiando il più buon pesce della tua vita. All’una di notte di quel 30 Maggio congedandoti mi dai l’ultimo consiglio: non fumare tanto, serbati a te stesso ed alle tue figlie. Ci proverò, anche per serbarmi alla tua memoria.

   S’è fatto buio nella stanza del sottosuolo. Quasi non ti vedo più. Risate irriverenti, voci estranee e indifferenti  dai corridoi. Voci sacrileghe. Tu continui, birbone, a sorridere. Nemmeno la tenebra riesce a spegnere il tuo malizioso sorriso. Ciao, Vecchio. Vado tra la gente. ”Irreale m’appare la ridda dei viventi e stranamente dispersa nel vento serale”.

   Settembre. Sono ora tre mesi che riposi nella tua Scanno. Ascolto la Messa da Requiem di Mozart e te la dedico. Hanno scritto in parecchi di te, ma non tutto ti piacerebbe. Io ti darò nuove di me e del mondo. Continuerò ad apprender da te il gusto della vita, il senso della morte. Ciao, Vecchio. E’ autunno qui. “Oh, le rosse ore serali! / Baluginante oscilla alla finestra aperta / la vite confusamente all’azzurro intrecciata / dentro nidificano i fantasmi dell’ansia”.

   Ciao, Vecchio. È autunno qui. Migran gli dei. Restano, sempre più numerosi, i re. E tu sai che dannata anima d’anarchico alberga nel mio petto».

________________

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

  

  

  

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

  

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/disincanti/trackback.php?msg=14550893

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
Nessun Commento
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963