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Creato da giuliosforza il 28/11/2008
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Faire pousser des artistes en herbe
Conobbi Geneviève e André Besse a Tours nel 1989, due pittori che nel loro Atelier educavano un vivaio di piccoli artisti con grande passione. Me li avevano fatti conoscere Jacqueline e Claude Held, due poeti e scrittori orleanesi per l’infanzia e la giovinezza, di cui io avevo tradotto un saggio e degli albums per l’editore Armando Armando di Roma. Li invitai, con gli Held, a partecipare al Convegno internazionale (il primo dei circa venti che sarebbero negli anni seguiti) da me programmato sul tema L’Educazione estetica oggi. Accettarono con entusiasmo e al ritorno a Tours il brillante giornalista Pierre Imbert, che li aveva accompagnati al Colloquio, li pubblicò nel testo che qui traduco, togliendo o attenuando, come in tutte le traduzioni fatalmente avviene, molto della sua verve originale. Lo stile di Imbert è ironico (soprattutto nei confronti del sottoscritto), vivace e disinibito, senza scapito per altro della precisione e della fedeltà dell’informazione. Non va dimenticato che come i Besse egli è un ‘Tourengeau’ puro sangue, e la Touraine è una delle province francesi più culturalmente vivaci, famosa non solo per i suoi Castelli, ma per aver dato i natali a molti dei grandi filosofi poeti e letterati francesi, dei quali mi basti qui ricordare Rabelais, Descartes, Ronsard, Balzac, de Vigny, Anatole France, Bergson, Jules Romain; e, direi soprattutto, per custodire ad Amboise, ove nel 1515 era stato invitato da Francesco I, suo grande amico ed estimatore, e dove sarebbe morto nel 1519, quel che resta delle spoglie di Leonardo da Vinci, i cui resti andarono dispersi in una delle terribili guerre di religione che nel Cinquecento insanguinarono anche la Francia.
Ecco dunque l’articolo, frettolosamente tradotto, uscito su un quotidiano di Tours venerdì 1° giugno 1989.
“Fare sbocciare degli artisti in erba.
di Pierre Imbert
“Invitati in Italia ad un Convegno sull’arte e il bambino, i pittori di Tours André e Geneviève Besse sognano di organizzarne uno simile qui. Per il trentennale del loro atelier?
I partecipanti arrivavano dall’Italia, ma anche dalla Nigeria, dall’URSS, dalla Norvegia, dalla Germania, dall’Argentina, dal Canada e dalla Francia.
Fra essi, due di Tours e due d’Orléans. Ospiti, come i loro colleghi, di uno strano personaggio, uno di quegli intellettuali bons vivants, aperti a tutte le gratificazioni della vita, che sanno conciliare spietatamente, e contemporaneamente, Nietzsche, il vin rosé della zona e l’avvenire dell’Umanità. L’uomo si chiama Giulio Sforza. Nativo di Vivaro Romano, un piccolo paese genialmente appollaiato sui primi contrafforti dell’Abruzzo, a 60 km da Roma, insegna all’Università “La Sapienza”. Tutto un programma! E questo professore, che ben si immaginerebbe avviare dei deliranti dialoghi con Castafiore (uno dei personaggi, con Tintin, dei fumetti del belga Hergé- NdT) era l’organizzatore ‘deus ex machina’ di un convegno internazionale che più serio non si può: “l’Educazione estetica oggi”.
La cultura al Castello
Un convegno ospitato ad Arsoli, incantevole borgo vicino Vivaro Romano, a cento leghe dagli imbottigliamenti felliniani della capitale.
Tra le mura del Castello Massimo, una splendida dimora appartenente ad una delle più antiche famiglie aristocratiche d’Italia. La principessa Massimo in persona era lì, ad aprire questo ballo dell’intelletto distribuito in quattro giornate e rallegrato, come ogni manifestazione di questo genere, da interessanti intermezzi turistico-culturali. Nel salone decorato a trompe-l’oeil da un celebre pittore romano del XVIII secolo, si fece dunque irruzione nei campi della ‘sapienza’, cercando di individuare la via meno angusta per svegliare l’adulto di domani all’arte e ai suoi molteplici avatars. Un compito delicato al quale tre Francesi si apprestavano a portare il loro contributo.
Una esperienza di trent’anni
Fra di essi Geneviève Besse, che anima, in via Victor Hugo a Tours, un atelier d’arte infantile di grande rinomanza.
Annunciata nel programma come pittrice, intervenne sviluppando le idee sottese al suo abbrivio di trenta anni fa ormai; «L’arte deve essere la parola d’ordine degli insegnanti, degli educatori, perché non basta aprire tutte le grandi porte dei musei per eccitare l’immaginazione infantile. Non basta, inoltre, dettare al bambino una regola teorica alla quale riferirsi obbligatoriamente…Per aprirla bisogna soprattutto convincersi che l’accademismo la fissa, che la copia diminuisce la sua sensibilità…». In breve: «L’educatore deve capire che bisogna lasciare il bambino libero di interpretare le sue forme e dargli il tempo di cogliere i suoi colori…».
L’intervento di Geneviève Besse trovò un’eco in quelle di Jacqueline e Claude Held. La prima, autrice di libri per la gioventù, ma anche di opere teoriche sulla letteratura infantile (soprattutto L’imaginaire au pouvoir, tradotto in italiano da Giulio Sforza per l’editore Armando di Roma, NdT) pose, in dieci foglietti di appunti, la grande questione: «Se il bambino non è già artista, che gli manca? Che può offrirgli l’adulto, e in che modo?». E il secondo, poeta e professore de Khâgne (il biennio accademico previsto in Francia con contenuti umanistici per indirizzi di docenza nelle scuole- NdT) al liceo Pothier di Orléans, fece udire una intelligente dissonanza sostenendo la tesi de «l’absurde formateur». Un assurdo che passa prioritariamente per la poesia, e le molteplici possibilità di gioco con il linguaggio.
Tornati dal Castello Massimo ricchi di confronti e di scambi, André e Geneviève Besse amerebbero che il Convegno di Arsoli avesse, un giorno, il suo seguito da essi a Tours. Perché non in occasione della celebrazione dei trent’anni del loro atelier, previsto per il 1990, e di cui i creatori di Rue Victor Hugo vorrebbero fare un vero e proprio festival per bambini? L’entusiasmo non manca. Giulio Sforza, per non citare che lui, vi parteciperebbe. Come gli Held, che non avrebbero molta strada da fare. Geneviève Besse ha preso interessanti contatti, per esempio con Perla Suez, una giovane Argentina scrittrice per l’infanzia e direttrice di una rivista, «Pedra Libre».
Resta da mettere in piedi un tale evento, che non è cosa da poco. Il Convegno di Arsoli era sostenuto finanziariamente dalla Regione Lazio. È permesso auspicare che possa essere lo stesso qui con le collettività locali addette? L’Università di Tours, che non lesina i suoi sforzi per organizzare simili manifestazioni (ci ricordiamo i Convegni Char, Yourcenar, eccetera) potrebbe apportare un bel contributo.
Geneviève Besse, nel suo intervento al Castello di Arsoli, si interrogava a proposito dell’educazione artistica: «Si può conciliare il sogno con la realtà?». Una domanda valida in ogni campo”.
Pierre Imbert
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