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Sunt lacrymae rerum. Ancora di "Antichi Maestri". Conoscenza e dolore

Post n°987 pubblicato il 09 Luglio 2018 da giuliosforza

Post 908

Ho risognato il Gran Satiro Nolano e la Festa dei Gigli della sua città (una celebrazione che forse l’avrebbe divertito, pur scontroso e sprezzatore di plebi qual era), che con la Macchina di Santa Rosa di Viterbo e la Corsa dei ceri di Gubbio detiene il primato delle feste pagane dal simbolismo fallico nemmeno tanto celato sopravvissute all’avvento del Cristianesimo, debitamente riconsacrate. E contemporaneamente, per singolare coincidenza, fb mi propone un ricordo di qualche anno fa che mi vide spettatore divertito e disincantato, e in qualche fase anche stordito e …trasportato (alla lettera, ché nella ressa la fiumana tri travolge come un fuscello à vau-l’au quasi sollevandoti da terra) protagonista del thiaso. Ricondivido con gioia il ricordo coi miei lettori. 

Notte magica dalla terrazza dell'avvocato Paolino Fusco che festeggia il suo onomastico mentre dalla città che è tutta riversata per le strade illuminate a giorno e addobbate di mille colori salgono gli strepti dell'infinito ditirambo che si danza da tutto un popolo invasato. Cicala risalta alla luce tenue della luna o esplode luminoso e policromo al chiarore dei fuochi che i nove comitati delle corporazioni lanciano al cielo a far concorrenza alle stelle, Cupole e Gigli, simiglianti a missili su una rampa in attesa di lancio, posano nella semioscurità o improvvisamente s'avvivano emergendo fuggevoli come fuochi fatui dal ventre della Regina della Notte. Nola, Nola, città dell'Anima briaca che " fende i cieli e a l'infinito s'erge"!, O Furori Eroici, o raptamento atteonico! La Sua Ombra non più corrucciata danza per le vie la Vita con la sua gente che il tempo edace consegna integra all'in-civiltà di un mondo che il Mistero, con tutti i suoi Iddi, ha disertato, di un tempo in cui "le ninfe hanno abbandonato i bei boschi dorati".
Alba chiarissima, Esco ad immergermi nella Festa infinita.

*

Appena terminato di seguire (e di godere) su Rai5 il "Mefistofele" di Boito nella edizione del Maggio musicale fiorentino 2017.
Avrà ragione il Faust dell'Epilogo, a un passo ormai dalla morte salvifica: "Il real fu dolore e l'ideal fu sogno"? 
Lo negherò fino alla morte.

*

Osservare il tempo dall’eternità (che è da sempre, ma soprattutto in questa fase terminale della vicenda temporale del mio io empirico, il mio luogo),  seguire le rotazioni e le rivoluzioni di questo minimo irregolare minuscolo globo che chiamiamo terra galleggiante negli spazi illimiti e in essi agitantesi in tondo,  parte infinitesimale d’un pulviscolo planetario e stellare,  tra miliardi di galassie; e su di essa sapersi nei loro formicai freneticamente (vanamente?) affaccendarsi esseri pensanti che in questo momento attraverso di me si pensano e dunque sono, è piacevole e stordevole insieme. E mi sovvien del nulla terreno e del Tutto universo, e sono  scosso, e commosso. Ma più mi commuove, e mi spezza il cuore, il grido di dolore universale che dal piccolo globo sale agli infiniti spazi, un dolore così diffuso da apparire delle cose l’essenza, dall’infanzia alla vecchiezza, quasi il dolore fosse, come nell’Ecclesiaste, la condizione della conoscenza. E più mi spezza il cuore il dolore dei bambini, quasi da una Volontà cattiva  cosmica cinicamente proiettati nell’essere su questo minimo globo solo per soffrire. E udire la voce di  un bimbo al telefono tra le lacrime disperatamente singhiozzantemi: è tristissimo, nonno, essere bimbi, con gli adulti che ti stanno sempre addosso a  rimproverarti e a strillarti! Le lacrime di J. non sono nulla, esse sì sunt lacrimae , lacrimae rerum. E nelle lacrime disperate di un bimbo ri-assume (o definitivamente perde?) senso questa aiuola (rorida di lacrime, rugiada delle cose) che ci fa tanto superbi.

*

Torno a Thomas Bernhard ed al suo Antichi maestri. Con la quiete, il verde, i colori, i cinguetti del mio giardino estivo le nuove stroncature, vere e proprie  demolizioni, dello scrittore austriaco, appaiono dissonanti e il mio animo non ne resta, ormai ad esse avvezzo, particolarmente turbato Oggi è la volta dei poveri Bruckner e Stifter ridotti, ambedue come persone, come musicista il primo, come scrittore il secondo, in pezzi. Per  Stifter (tra l’altro molto caro al mio Nietzsche) sinceramente mi dolgo, ma troppo poco lo conosco per poter prendere efficacemente le sue difese. In Antichi Maestri gli attacchi ai due sommi rappresentanti dell’arte tedesca , a Linz e a tutta l’Alta  Autria bacchettona che li espresse, sono preceduti da altri, immagino non ultimi, attacchi feroci allo Stato, alla religione (particolarmente il Cattolicesimo), alla scuola, all’arte di Stato ed ai suoi rappresentanti appigionati, dai più grandi ai più piccoli. E questi attacchi voglio oggi condividere coi miei lettori, sperando di far loro cosa gradita, almeno quanto gradita essa è a me. Infine Bernhard è divertente, credo egli ne sia conscio e voglia esserlo. Le dissacrazioni messe in bocca al Reger all’interno del Kunsthistorisches  Museum viennese sono proprio per la loro radicalità, originalità, genialità spassose, come spassosi possono essere lampi e tuoni quando si è al riparo dalla loro minaccia, ben protetti dal parafulmine della mente libera e della coscienza critica.

«…Ma in un simile diabolico gioco, non ha vinto la natura, ma l’artificio, la scuola e lo Stato, non la casa dei miei nonni. Lo Stato ha costretto me, come tutti gli altri, a entrare al suo interno e mi ha asservito, lo Stato ha fatto di me un essere umano di Stato, un essere umano irreggimentato e registrato e addestrato e diplomato e pervertito e depresso come tutti gli altri. Quando vediamo degli esseri umani, vediamo soltanto degli esseri umani di Stato, servi dello S, come giustamente si dice, non vediamo esseri umani naturali, ma esseri umani di Stato sotto forma di servi  dello Stato che sono ormai in tutto e per tutto innaturali, e per tutta la vita rimangono al servizio dello Stato, il che significa per tutta la vita al servizio dell’artificio……Gli esseri umani che vediamo sono vittime dello stato e l’umanità che vediamo non è altro che il foraggio dello Stato, con cui lo Stato, sempre più ingordo, viene appunto foraggiato. L’umanità non è altro ormai che un’umanità di Stato, che ha perso, penso, ormai la propria identità. …L’umanità è uno Stato gigantesco che al risveglio, se siamo sinceri, ci fa ogni volta venire il voltastomaco. Come tutti gli esseri umani io vivo in uno Stato che al risveglio mi fa venire il voltastomaco. Gli insegnanti che abbiamo insegnano agli esseri umani lo Stato, insegnano tutte le atrocità e gli orrori dello Stato, tutte le menzogne dello Stato, e però non insegnano che lo Stato è tutte queste atrocità e orrori e menzogne. Sono secoli che gli insegnanti intrappolano i propri alunni nella morsa dello Stato e per anni e per decenni li martirizzano e li mettono sotto il torchio. Così questi inseganti attraversano il museo con i loro alunni per incarico dello Stato, e con la propria ottusità fanno perdere ai loro alunni ogni gusto per l’arte. Ma che cos’è quest’arte appesa alle pareti se non un’arte di Stato, penso. Reger, quando parla dell’arte, parla soltanto di un’arte di Stato e quando parla dei cosiddetti Antichi Maestri, parla sempre e soltanto degli Antichi Maestri di Stato, Perché l’arte appesa a queste pareti non è in realtà che un’arte di Stato, quanto meno l’arte che è appesa qui, nella Pinacoteca del Kunsthistorisches Museu. Tutti i quadri appesi a queste pareti non sono altro, davvero, che i quadri di artisti di Stato. Un’arte compiacente, un’arte cattolica di Stato, nient’altro che questo. Sempre e soltanto una faccia, come dice Reger, mai un volto…Neppure Rembrandt fa eccezione. Si guardi Velasquez con attenzione…».

Dalla furia distruttrice di Berhard nessuno si salva. Da Lotto e Giotto a “quell’essere raccapricciante di Dürer, quel norimberghese virtuoso del cesello. Tutti gli Antichi Maestri altro non sono che “fanatici della menzogna che si sono procacciati i favori dello Stato cattolico, e che a questo Stato cattolico si sono venduti”…L’aspetto infame di quest’arte coincide con quello religioso, è da qui che nasce il disgusto”. Si prosegue con Giorgione, Mantegna, ma non vengono risparmiati artisti di altri settori, musicisti e letterati, da Bach ad Haendel, a Mozart a Goethe, a Pascal, a Voltaire.

Dopo tanto furore improvvisamente Bernhard-Reger se ne esce con una ammissione consolante. “L’arte è quel che c’è di più grande e al tempo stesso di più disgustoso. Eppure noi dobbiamo persuaderci che un’arte grande e sublime esiste davvero, altrimenti precipitiamo nella disperazione. Anche se sappiamo che qualsiasi arte finisce nella goffaggine  e nel ridicolo e nell’immondizia della storia, come per altro tutto il resto, dobbiamo credere nell’arte grande e sublime, dobbiamo crederci fermamente”. Nonostante “le centinaia di dipinti mediocri che valgono molto meno della cornice che li contiene”.

L’usignolo ha smesso di cantare, ora attaccano i fringuelli e i merli a salutare l’alba nuova. Ed io mi unisco ad essi e intono con Benedetto Marcello il salmo XVIII: I cieli immensi narrano del grande Iddio la gloria. Precisamente come i Grandi Maestri, con buona pace di Bernhard, Grande Maestro!

________________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 

 

 
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