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Bruno 'Filosofo della prassi'?

Post n°1000 pubblicato il 13 Febbraio 2019 da giuliosforza

Post 921

 

   Bruno ‘filosofo della prassi’?

   Non ho ancora avuto modo di sfogliare il volume dell’economista e politologo e intellettuale Antonello Gerbi (1904-1976), per anni direttore del Centro Studi della Banca Commerciale Italiana, che in tal veste girò il mondo, costretto anche dalle leggi razziali del 1938. Si tratta del Centone bruniano, riedito recentemente ( a cura di Francesco Rognoni e Silvia Berna, con uno scritto di Sandro Mancini), da Sedizioni – Diego Dejaco editore, Milano, pagg. 195, Euro22. Per queste mie considerazioni mi debbo perciò contentare della segnalazione che ne fa Michele Ciliberto nell’inserto domenicale de Il Sole 24 Ore del 30 dicembre 2018.

Titola Ciliberto: “Bruno controcorrente. Il saggio di Antonello Gerbi, uscendo dagli schemi, sostenne il grande valore di Giordano Bruno sia come filosofo della prassi che come metafisico e panteista”. E prosegue: «Quando venne composto il Centone bruniano gli studi sul Filosofo sono ancora dominati dalla interpretazione di Giovanni Gentile, che messa a fuoco nei primi del secolo si era imposta anche a chi, come Augusto Guzzo, cercava di elaborare una propria visione della Musa nolana. Essa è imperniata su un nucleo centrale: Bruno era stato un ‘contemplativo’, non un uomo pratico: “il suo mondo, -scrive nel grande saggio sulla Veritas filia temporis, pubblicato nel 1912-  non è quello della vita, ma quello della contemplazione, non è quello della storia, ma quello della natura: la sua stessa etica della Spaccio finisce negli Eroici furori, che sono sublimazione della mente nel processo della verità”. Gerbi capovolge questa impostazione, si concentra su Bruno ‘filosofo della prassi’ proponendosi di mostrare che la “grandezza di Bruno come filosofo della prassi non è inferiore a quella del filosofo metafisico e panteista”. Questo è il punto centrale  della sua visione della esperienza umana, intellettuale,civile del Nolano. Ma la filosofia della prassi non è una espressione neutra, anzi. Essa è utilizzata per primo da Antonio Labriola a proposito di Marx; è ripresa da Gramsci nei Quaderni del carcere sostituendola al termine ‘marxismo’: era dunque ben radicata in una determinata corrente filosofica e politica. Ma anche  Guidi Calogero, come rileva Croce sulla “Critica” nel 1935 – e Gramsci lo annota, “ chiama filosofia della praxis una propria interpretazione dell’idealismo gentiliano”. Né questa vicinanza  lessicale, e teorica, stupisce se si tiene conto della interpretazione che Gentile -maestro di Calogero- aveva proposto della filosofia di Marx nei suoi scritti giovanili, sottolineando con vigore, appunto, la visione e il significato della praxis».

   Fin qui Ciliberto che non poteva riassumere in maniera più chiara la lettura che Antonello Gerbi, intellettuale versatile, fa del pensiero bruniano. Ma io (ripeto di non aver ancora avuto modo di leggere il libro, quindi il mio è solo un prudententemente sospeso giudizio) ho i mie dubbi sulla non forzatura, da parte di Gerbi, della posizione bruniana. Apostata da ogni fede, anarchico mentale, il satiro del Cicala difficilmente accetterebbe di essere incasellato dentro formule che non appartengono né al suo stile di vita nella alla sua critica concettuale, etica e sociale; a dirla chiara, credo proprio che esser detto Filosofo della prassi lo farebbe imbestialire. Proverebbe invece forse simpatia per il Filosofo dell’egemonia, fino a tal punto  intellettualmente onesto da ammettere una sua diretta discendenza dal Filosofo dell’Atto. Ecco, l’ho detto. Se una definizione non ripugnerebbe forse al Nolan sarebbe  quella di simpatizzante di una azione che si sublima gentilianamente nell’Atto, soprattutto come l’Atto viene da Gentile inteso nella sua ultima opera Genesi e struttura della Società, che purtroppo Gramsci non ebbe tempo di leggere e che permise a un altro discepolo gentiliano, Ugo Spirito, di proclamare il  trapasso pari pari del Filosofo di Castelvetrano ad una concezione comunistica del fatto sociale. Inquadrare Bruno entro un sistema e in una formula, soprattutto in una formula più che marxiana marxista, e fare di lui un antesignano anche di Marx e dei suoi epigoni, è paradossale prima che ridicolo. Egli è, in filosofia, quello che Stefan Zweig in La lotta col dèmone, afferma essere Nietzsche: Il Don Giovanni della Conoscenza. Il filosofo di Röcken e quello di Nola potrebbero esser detti in questo fratelli gemelli. Scrive Zweig : «Immanuel Kant vive con la conoscenza come con una donna presa in sposa, si unisce a lei per quarant’anni nello stesso letto spirituale e con lei genera tutta una schiatta di sistemi filosofici, i cui discendenti vivono ancora oggi nel nostro mondo borghese. Il suo rapporto con la verità è assolutamente monogamico e tale è anche quello di tutti i suoi figli spirituali: Schelling, Fichte, Hegel,  Schopenhauer. Quello che lo spinge alla filosofia  è una superiore volontà di organizzazione, di natura tutt’altro che demoniaca (qui il traduttore avrebbe meglio detto demonica, nota mia), una buona volontà tedesca, pratica e specializzata, di disciplinamento dello spirito, di ordinata architettura dell’esistenza. Hanno amore per la verità, un amore onesto, durevole, costante: ma a quest’amore manca affatto l’erotismo, il desiderio fiammeggiante di distruggere altri e se stesso; sentono la verità, la loro verità, come una moglie, un possesso assicurato da cui non si liberano fino all’ora della morte e al quale non sono mai infedeli. Perciò nei loro rapporti con la verità resta sempre qualcosa di casereccio, di domestico e, in effetti,  al di sopra della sposa e del letto ognuno di essi s’è fabbricato una propria casa: il suo solido sistema. E questa loro zona, questo campo dello spirito conquistato e liberato per  l’umanità dalla folta vegetazione originaria del caos, essi lo lavorano magistralmente con erpice e aratro. Spingono innanzi prudentemente i confini della loro conoscenza in mezzo alla cultura del loro tempo, e con diligenza  e coi sudori ne aumentano il frutto spirituale.

   La passione di Nietzsche per la conoscenza proviene invece da tutt’altro temperamento, da un mondo sentimentale che sta addirittura agli antipodi. La sua posizione di fronte alla verità è demoniaca, è un piacere che trema e ha il respiro caldo, ch’è sferzato dai nervi e curioso, mai soddisfatto e mai esausto, che non si ferma mai a un risultato e su ogni risposta torna sempre, impaziente e infrenabile, a porsi nuove domande. Non si lega mai durevolmente al cuore una conoscenza e, giurandole fedeltà, ne fa la sua donna, il suo ‘sistema’, la sua ‘dottrina’. Tutte lo eccitano ma nessuna può trattenerlo. Appena un problema ha perduto la verginità, il fascino e il mistero del pudore violato, egli l’abbandona senza pietà, senza gelosie,  a quelli che verranno dopo di lui senza più preoccuparsene, come fa Don Giovanni, il suo fratello nell’istinto, con le sue mille e tre. Ché, come ogni seduttore, attraverso tutte le donne cerca la donna, così come Nietzsche attraverso tutte le conoscenze la conoscenza, eternamente irreale e mai completamente raggiungibile; non la conquista, nbn la preda, non il possesso l’eccitano fino al dolore, fino alla disperazione, ma solo la domanda, la ricerca, l’inseguimento…».

 

   Il ‘Don Giovanni della Conoscenza’. Ecco come, in questo sesto giorno della novena di preparazione alla celebrazione del quattrocentodiciannovesimo anniversario del Rogo, mi piace pensare Filippo Bruno nolano, in arte Giordano. Riuscite ad immaginarlo, quel birbante, serioso filosofo della prassi? Di tutti quelli che han cercato di tirarlo per l’ampia manica sulle loro posizioni mi par, questo Gerbi, il meno condivisibile. E forse dalla mia parte starebbe anche il ’gentiliano’ Antonio Gramsci.

 

P. S.

   A proposito di un più vasto raffronto tra Bruno e Nietzsche, mi permetto di rimandare al mio articolo “Bruno e Nietzsche fratelli gemelli”, uscito sulla rivista ‘Infiniti mondi’, pubblicazione a cura della “Giordano Bruno. Associazione nolana”, qualche anno addietro.

________________________

Chàirete Dàimones!

Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

    

 
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