Creato da giuliosforza il 28/11/2008
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il 33 nella mia vita. Pierluigi il Palestrina. "Filosofi a Luci rosse". "Armando Amando"

Post n°1011 pubblicato il 01 Agosto 2019 da giuliosforza

 

Post 933

    Questo, il 933°,  dovrebbe essere un post speciale. Il 33, anni di Cristo, i suoi multipli, o i numeri il 33 in qualche modo includenti, furono in vita mia i numeri ricorrenti. Nel 1933 nacqui, il 133 fu il mio numero di matricola in collegio, parimenti poi in caserma a San Giorgio a Cremano, sede della scuola Trasmissioni dell’Esercito, all’epoca del  mio servizio militare (ero stato rifiutato, in quanto…filosofo  - sic, ‘che ce ne facciamo di un filosofo?’, se n’era uscito un colonnello - al corso allievi ufficiali di complemento, e avevo dovuto così contentarmi d’essere  sergente, una delle…   signorine dell’esercito”, come  si era soliti sfotterci. Ma di quel mortificante periodo  credo di aver già molto a lungo scritto). Abitai per oltre 20 anni al numero 133 di Via Francesco d’Ovidio a Roma. Tra i miei numerosi occhiali il preferito fu ed è il pince-nez d’oro appartenuto ad un 33 della massoneria palermitana, un medico dell’800. E le Triadi, quella sacra prima, quella profana hegeliana poi, furono per molti anni, fino allo shock marceliano-nicciano, il punto centrale di riferimento della mia formazione teologico-filosofica. E tre le figlie, tre i nipoti… E dovessi contare le mie, per altro pochissime - non certo le …1003, solo di Spagna, di Don Giovanni - raggiungerebbero al massimo le 3x3. Avrebbe tutti i motivi, questo post, di essere speciale. Ma speciale  non sarà.  Ho deciso di attendere il 999°, il 333x3!

 *

   Più volte, anche recentemente, ho scritto in queste mie note di Pierluigi “il Palestrina”, e della venerazione  che Wagner e Beethoven per lui nutrivano. Ora mi scopro davanti un poster, (uno dei tanti, per lo più di carattere musicale, che tappezzano le pareti della mia bicocca, memoria dei miei vagabondari per i musei di Germania, Inghilterra, Austria, Ungheria Francia, i miei luoghi dell’anima) che reclamizza uno studio di Luigi Bandiera, apparso a cura del Centro Studi Palestriniani, e che in terza di copertina cita Wagner e D’Annunzio, senza precisazione di fonti, ma della cui autenticità sono assolutamente certo. Wagner: “I capolavori del tutto incomparabili della musica del Palestrina producono un effetto che commuove così prodigiosamente il cuore fino nelle più intime fibre, che assolutamente non lo si può paragonare ad alcun altro effetto di qualsiasi altra arte… Palestrina è il fiore e la perfezione della Musica”. Immagino la citazione sia tratta dal Mein Leben, che copre gli anni 1813-1864.. E D’Annunzio (immagino dal Notturno): “Più volte parlai della necessità si spandere sopra le moltitudini la voce del Palestrina e di proporre al culto della Nazione la musica corale di Colui che io eguaglio a Dante e a Michelangelo. La sua musica - come ogni potenza infinita - s’irradia nel passato e nel futuro”…

   Onore eterno al Princeps Musicae.

 *

   Agli inizi degli anni Settanta la Casa Editrice-Libreria Armando Armando aveva la sua sede (era ancor giovane di fondazione) in un angusto scantinato, stipatissimo di libri, di Via della Gensola (poco più di un modesto largo in realtà cui si accedeva attraverso una breve scalinata che scendeva dalla riva destra del lungotevere, nel tratto compreso tra Ponte Garibaldi e Ponte Sublicio che dà accesso all’Isola Tiberina. L’aveva fondata nel 1950 una simpatica figura di intellettuale “liberale”, già direttore didattico, un omone che dalla durezza e dalla dolcezza insieme dei suoi tratti mi dava l’idea d’un rude valligiano alpino per caso calato ai lidi romani. Per lui io, giovane squattrinato, tradussi, per un compenso per la verità irrisorio,  parecchi libri dal francese, ma la circostanza mi diede l’opportunità di frequentare molti intellettuali dell’ambito pedagogico, da quello storico a quello didattico, psicologico, sociologico, linguistico: da Volpicelli a Valitutti, da Titone a Laeng, da Antiseri a Plebe  a Giovanni Bollea, fondatore della Neuropsichiatria infantile,  morto nel 2011 a 98 anni, e a tanti altri. Ora leggo che presso l’editrice Anicia, la vera erede dell’Armando Armando nello spirito e negli intenti, una giovane collaboratrice di Ignazio, figlio di Luigi, Volpicelli, Elena Zilioli, ne ha pubblicato una biografia che così leggo  presentata in rete, dopo averne chiesto notizie a Mauro Bellisomo (il quale si è dispiaciuto di non aver consigliato alla Zilioli di contattarmi in fase di ricerca: avrei potuto metterle a disposizioni del materiale epistolare interessante per la sua monografia armandiana ma anche  per l’altra volpicelliana che mi risulta ella aver pubblicato in vista del suo concorso d’associata a Roma Tre), attuale gestore della  Anicia.

 

   «“Non ho bisogno di diventare professore universitario. Io i professori universitari li creo”. Così provocatoriamente affermava Armando Armando, il quale provava l’orgoglio di essere riuscito, con un’editoria di qualità, a formare docenti di ogni ordine e grado, mediante la sua opera e i suoi libri. Molti insegnanti e studiosi, con la lettura dei suoi testi, o scrivendo per la sua casa editrice, hanno potuto affrontare con professionalità il quotidiano scolastico e i concorsi per l’immissione in ruolo, ed ambire e conquistare una cattedra universitaria. Armando Armando ha spaziato, dagli anni Sessanta fino agli anni Ottanta, nel campo delle scienze umane, dalla pedagogia alla sociologia, dalla psicologia all’antropologia, dall’economia al diritto, dalla filosofia alla medicina. Figura complessa e singolare di editore, battagliero ed infaticabile promotore della omonima casa editrice romana, viene ricordato in queste pagine attraverso l’attenta ricostruzione del suo itinerario culturale. “Il libro che va sempre” è stato il criterio costante della sua editoria. Millecinquecento titoli in 25 anni, mai un bilancio passivo, mai un prestito, mai un appoggio di centri di potere. Molti i best seller da 50.000 copie in su. Dodici, tredici e più edizioni per alcuni titoli. Il suo catalogo, composto da trenta collane e completo di uno schedario bibliografico definito Enciclopedia aperta, con 2568 voci e 5260 sotto voci, ha ospitato gli esiti culturali più diversi, di autori italiani e stranieri. Un’opera straordinaria ed attuale, oltre le ideologie e i confini territoriali”».

    Per quanto ne ricordo io, che con Armando fui spesso in rapporto dialettico, ma che fui da lui generosamente aiutato all’epoca del mio tardivo servizio militare (mi presentò, attraverso Alberto Consiglio, all’allora direttore del Mattino per qualche collaborazione e mi anticipò delle minime somme “in acconto di lavori futuri”) l’opera dovrebbe dare del personaggio una fedele rappresentazione, e m’affretterò a leggerla. L’attuale responsabile dell’Anicia Mauro, all’epoca zelante factotum della casa editrice, me ne assicura.

    P.S….erotico

   Tra i giovani studiosi che conobbi in via della Gensola uno ve ne fu che, ormai pensionato anche lui dell’Università di Messina, mi fa simpatica compagnia in questi giorni di complicata villeggiatura sui monti Lucretili al cospetto del maestoso Velino. Si tratta di Pietro Emanuele, già assistente di Armando Plebe (il discusso filosofo impegnato in politica, variamente  oscillante tra posizioni di destra di sinistra e di centro) che lo introdusse in carriera. Sto leggendo un suo libricino stampato anni orsono dalla TEA: Filosofi a luci rosse. La filosofia, l’universo dei punti di vista, guardata da un punto di vista inedito: il sesso. L’informazione non manca e nemmeno la documentazione. Ma troppi i grandi assenti (Cartesio, Spinoza, Leibniz, Hegel, Fichte, Schelling, Novalis - tutti asessuati?- e tutti i moderni e contemporanei) e la mia …curiosità resta inappagata. Imperversano naturalmente psicologi e psicanalisti, fatti assurgere o degradati, a seconda

dei punti di vista, al rango di filosofi. Non tutto nel libretto è da ridere e molto c’è da divertirsi. In quarta di copertina troverete una efficace sintesi: Socrate intimo. Masturbazioni ciniche. Le verità eroica di Eloisa. Voltaire e i panini del profeta. Un precursore di de Sade: Sant’Ignazio. Le disavventure erotiche di Rousseau. Non manca un simpatico Congedo casto che mi piace riprodurre in attesa del mio …casto, sic, desinare, perché puro di desideri …carnali (sto tardivamente diventando vegetariano):

   «Questo libro si conclude con un pensatore, Nozick, che ha avuto un approccio maldestro alla sessualità. Questa conclusione può essere emblematica, Se un filosofo affronta il mondo degli istinti come un capitolo di routine della sua teoria, uccide quel mondo e rischia di screditarsi. Se Cartesio, accanto alle Meditazioni metafisiche, avesse scritto delle Meditazioni sul sesso, ci avrebbe lasciato un’opera debole scientificamente e umanamente ridicola,

   «Allora il sesso dovrebbe essere bandito dalla filosofia? Questo libro ha cercato di dimostrare il contrario. Ma un filosofo intelligente deve avvicinarsi a esso a luci soffuse, non sotto i bagliori di un riflettore. La trasgressione, il senso del peccato, quello della vergogna sono tratti essenziali della sfera della sessualità.

   «Il sesso analizzato e spiegato perde il suo fascino. Diventa o ridicolo o di cattivo gusto. I suoi nemici peggiori sono la pretesa di pianificarlo e la sua esibizione linguistica. Da sempre l’habitat naturale del sesso è la penombra, Ma che meglio della filosofia si può muovere nella penombra? Ecco perché non avrebbe avuto senso un libro dedicato ai bancari o ai vigili urbani a luci rosse. Costoro hanno familiarità con cose che stanno alla luce del sole, come le banconote o i monocicli.

 I filosofi che sanno parlare di sesso mantenendone l’alone di mistero difficilmente sono noiosi. Ma ancor più interessanti sono quando non si limitano alla teoria, ma lo vivono in prima persona. Può spingerli l’istinto o la curiosità, spesso entrambe le cose. L’istinto spingeva il Socrate intimo, la curiosità Luciano; l’uno e l’altro stimolavano Nietzsche.

   «Il sesso non ha il monopolio della trasgressione; la condivide perlomeno con l’empietà religiosa, sia perché questa è stata a lungo perseguitata sia perché è malvista dal senso comune. Quando poi l’empietà si congiunge con la trasgressione sessuale, come avviene in Sade e in Joyce, il risultato è esplosivo.

 «Ho la sensazione d’essere riuscito a non essere volgare, nonostante la scabrosità degli argomenti. Certo, il linguaggio non poteva essere esente da espressioni poco timorate. Dovrei pentirmene? Come dice Marziale, mi scuserei del linguaggio osceno se l’avessi introdotto io: «lascivam verborum veritatem excussarem si meum esset exemplum» (Epigrammi I, 1). Ma se, quando Rousseau dice «per non sembrar troppo coglione», io avessi epurato scrivendo «per non sembrar troppo testicolo», sarei stato ancor più osceno. Se la cinica sentenza del sadiano Dolmancé per cui «Dio non si è mai interessato alla sorti di un culo» l’avessi resa con «Dio non si è mai interessato alle orti dei glutei», sarebbe svanito l’effetto della battuta.

   Non mi preoccupo che questo libro venga considerato immorale, perché non mi ritengo vincolato ad alcuna morale tradizionale. Mi dispiacerebbe soltanto se il lettore lo trovasse mal scritto. Come diceva Oscar Wilde, i libri on si dividono in morali e immorali, ma in libri scritti bene e in libri scritti male. Come ho detto nel prologo, mi sono proposto soprattutto di divertire. Io mi sono divertito, spero anche i lettori».

________________

  Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano)

 

 

 
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