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Verdi-Wagner: pace fatta? Confronto (im)pari su Rai5. Buscarol: 'Prima lezione di colore'.

Post n°1037 pubblicato il 18 Giugno 2020 da giuliosforza

 

   So ora il vero nome di GLOBALIZZAZIONE. Il suo nome è PESTE.

   Scrisse bene chi scrisse (il brunista e bruniano Guido del Giudice su questi spazi): il Corona virus è la mordacchia del XXI secolo.

Aggiungo: attraverso esso il biblico hobbesiano Leviathan in ogni sua forma e in ogni parte del mondo si rafforza e imperversa. Pessima tempora currunt.

*

   DESOLAZIONE. SILENZIO. PAN tace. Tacciono i monti, le vallate, le rupi, le caverne. Tacciono i PARTENI e tace ALCMANE. Tacciono le OREIDI di PAN, tranne la sua diletta ECO. Solo di ECO, nel SILENZIO, la VOCE risuona: ODINO!…ino…ino…ino! DIO!…io…io…io!…

Poi anche ECO, senza più RESPIRO, si spegne. Solo rimbomba, nel cavo SILENZIO, il SOGGHIGNO del DÈMONE.

*

   “Ẻ stato giustamente detto di un certo libro tedesco che es lässt sich nicht lesen, che non permette di essere letto. Ci sono dei segreti che non permettono di essere svelati. Uomini muoio nella notte nei loro letti, stringendo le mani di fantomatici confessori, guardando pietosamente negli occhi, muoiono con la disperazione nel cuore e la gola serrata a causa dell’orrore dei misteri che non permettono di essere svelati. Talvolta, ahimè!, la coscienza dell’uomo sopporta un fardello così pesante di orrore che può essere scaricato solo nella tomba. Così l’essenza di tutti i crimini resta sconosciuta” … “Questo vecchio, dissi alla fine, ha l’impronta e il genio del crimine. Rifiuta di essere solo. Ẻ l’uomo della folla. Sarebbe inutile continuare a seguirlo perché non avrei più nulla da apprendere su lui e sulle sue reazioni. Il peggiore cuore del mondo è un libro più grande di Hortulus Animae, e forse è una delle grandi misericordie di Dio che es lässt sich nicht lesen”. (E. A. Poe, I Racconti…, op. cit., pagg. 107, 109)

*

   Sette anni or sono, e pare ieri, in tutto il mondo si celebrava, ed anche io nel mio piccolo qui celebravo, il secondo centenario della incarnazione di Verdi e di Wagner, i due Astri nascenti, l’uno fra le nebbie di Busseto l’altro fra le brume di Lipsia, a dissipare le une e le altre con l’ardenza della loro Arte infuocata. Ovunque si tennero manifestazioni musicali e dibattiti storico-critici di più o meno alto livello mediante i quali si tendeva a chiarire la funzione di ognuno dei due nell’interpretazione dello Spirito del Tempo (lo Zeitgeist) e a gettare un ponte fra i due il più possibile tentando di appianare e sanare differenze e dissidi secolari fra essi che in ogni epoca, la nostra compresa, si son continuati ad alimentare. Fra le iniziative mediatiche ricordo un divertente medaglione riproducente in un unico volto le fattezze di Verdi e Wagner, nel cui esergo in tondo i due cognomi si scambiavano le iniziali, Verdi diventava Werdi, Wagner diventava Vagner. Simpatica e geniale idea, ma di qui a dire che pace fra i Due (in una guerra per la verità mai dichiarata) era fatta ce ne correva.

   Ripenso all’evento in uno di questi giorni di clausura, allietata da tanta bella e bellissima musica (quanta basterebbe per una vita intera) che è stato per me, e spero per tanti, veramente speciale: mattinata con Werdi (Un ballo in maschera), pomeriggio con Vagner (Der fliegende Holländer, L’olandese volante o Il vascello fantasma), in due storiche edizioni della Scala. Certo, chi come me è stato …cum tabe wagneriana conceptus il pomeriggio è stato una vera goduria, anche perché, lo confesso, non conoscevo l’Opera verdiana se non dal versante storico-critico, non avendo avuto mai modo di vederla rappresentata, mentre del Vascello fantasma, come di di tutta l’opera wagneriana, non cesso mai di bearmi.

  Avevo appena terminato queste note che sono stato proiettato, inaspettatamente, negli spazi metafisici (sic)  di Tristan und Isolde, sicuramente non solo il capolavoro wagneriano ma anche una delle somme, per me la più eccelsa, celebrazioni del connubio amore-morte in musica sì ma anche nel testo letterario, pure esso frutto del genio wagneriano, come del resto la coreografia e la scenografia quale componenti non trascurabili del Gesamtkunstwerk, dell’opera d’arte totale. Questa la presentazione che un anonimo ne fa:      

   “Riconosciuto come uno tra i migliori interpreti wagneriani di oggi, unico direttore italiano ad essere invitato al Festival di Bayreuth, Daniele Gatti dirige il ‘Tristan und Isolde’ di Richard Wagner che inaugura la stagione 2016/2017 del Teatro dell’Opera di Roma. Lo spettacolo, realizzato in coproduzione con il Théâtre des Champs-Élysées di Parigi e la De Nationale Opera di Amsterdam, ha la regia di Pierre Audi. I ruoli dei protagonisti del dramma wagneriano sono affidati ad Andreas Schager(Tristan), Rachel Nicholls (Isolde), John Relyea (Re Marke), Brett Polegato (Kurwenal), Michelle Breedt (Brangäne) e Andrew Rees (Melot). Il Coro del Teatro dell’Opera di Roma è diretto da Roberto Gabbiani. La regia televisiva è curata da Annalisa Buttò. ‘Si tratta di uno spettacolo essenziale spiega il direttore Daniele Gatti basato sulla recitazione dei cantanti e sulle geometrie create in scena dai personaggi. Dal punto di vista musicale l’opera è ricchissima e pone innumerevoli domande che spesso restano irrisolte, o almeno così si dice. Tutto il dramma di Tristano e Isotta si concentra sull’amore e sulla morte. Fin dal primo atto, i due giovani sono attratti l’uno verso l’altro, consapevoli che il destino della loro passione li porterà verso la morte.  L’ascoltatore continua Daniele Gatti viene immerso simultaneamente in due dimensioni: quella umana appartenente a Re Marke, Brangäne e a Kurwenal, che hanno un linguaggio armonico più tradizionale, e quella di Tristano e Isotta, per i quali l’uso di un cromatismo esasperato corrisponde a un’ascesa verso l’infinito che crea un linguaggio musicale ai confini della tonalità. L’instabilità tonale crea un senso di irrequietezza e mistero. L’allestimento di Pierre Audi è essenziale ed elegante. Con le suggestive luci di Jean Kalman lavora sugli ambienti, le atmosfere, piuttosto che sui personaggi: al centro c’è il rapporto tra realtà e metafisica, in un mondo dove il confine tra reale e fantastico non è mai chiaro. Le scene di Christof Hetzer evocano l’universo marino: c’è la carenatura di una nave, ossi di balene pietrificati, rocce, freddo. Tutti gli elementi della scena si muovono verso uno spazio quasi astratto, dove l’eros, fulcro di tutta l’opera, non si trasforma mai in passione tra i due protagonisti, proiettati in una dimensione altra, metafisica, che si sposa perfettamente con il linguaggio musicale”.

   Le parole che canta, più giusto sarebbe dire urla e insieme sospira (e l’universo, il Weltall, le riecheggia) Isolde nell’atto di lasciarsi morire sul corpo di Tristano, riassumono tutta la forza e la profondità del processo di mistica immedesimazione, di ridissoluzione dei due ‘amanti’ (parola inadeguata) nel Mistero di quell’Assoluto che in essi, nella loro passione, si espresse oggettivandosi in tempo e spazio, e che per l’Amore e la Morte riassorbe nella propria Eternità:

   In dem wogenden Schwall,  

   in dem tönenden Schall, 

   in des Welt-Atems  

   wehendem All – 

   ertrinken,  

   versinken – 

   unbewußt –    

   höchste Lust! 

   Nel flusso ondeggiante / nell’armonia risonante / nello spirante universo / del respiro del mondo / annegare, / inabissarmi, / senza coscienza / suprema voluttà! (in Tutti i libretti di Wagner, a cura di Olimpio Cescatti, con una prefazione di Quirino Principe, Garzanti Editore, 1992)

 

*

   Mauro Boscarol così si autopresenta: dopo un’esperienza ventennale di docente di Informatica a Trento, dal ’95 è consulente indipendente libero professionista per l’editoria, la computer grafic, le Arti grafiche, la fotografia digitale, la colorimetria e il colore digitale. Fosse stato solo per tutto questo, per me ormai insuperabile tabù, non mi sarebbe interessato il suo Prima lezione di colore (Tarka 2019), “introduzione elementare agli aspetti fisici, fisiologici, psicofisici e psicologici della sensazione di colore” … discussione dei “principi sui quali si basa tale sensazione” … e aiuto alla risoluzione delle “ambiguità più comuni nel mondo del colore”. Io son soprattutto un uditivo, credo di essere insuperabile nella percezione dei suoni e della loro varietà (e per questo dagli dei gelosi fui un giorno punito, in seguito ad una innocua battuta …mari(u)ologica, con la totale improvvisa sordità dell’orecchio sinistro) ma sono un mediocre visivo sicché, pur essendo in grado di godere superficialmente della arti plastiche, ignorandone fondamenti e tecniche mi è arduo giudicarne e goderne come si dovrebbe. Ora nel libro del Buscarol c’è un capitolo, l’ultimo, dedicato a una breve storia della scienza del colore dai Greci ai tempi moderni passando per il britannico Thomas Young, per Newton, il tedesco Hermann von Helmholtz, lo scozzese James Klark Maxwell, Goethe e Schopenhauer. Conosco discretamente le posizioni di Goethe e di Schopenhauer, poco quelle (d’origine puramente scolastica) di Newton, ma ignoro assolutamente quelle di Helmholtz e di Maxwell. Ẻ per colmare tali lacune, e nella speranza che qualcuno almeno dei miei residui tabù cibernetici si dissolva, che ho comprato il libro di Buscarol. E che a quelli come me lo consiglio.

Tutto di me ormai decade. Non la curiosità, che morirà un quarto d’ora (ma perché non una eternità?) dopo la mia morte.

________________

 

   Chàirete Dàimones!

   Laudati sieno gli dei, e magnificata da tutti viventi la infinita, semplicissima, unissima, altissima et absolutissima causa, principio et uno (Bruno Nolano).

 

 

 

 
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