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Messaggi del 23/11/2022

Vinaccioli triade trimurti...Traduzione del Bruno con testo a fronte...Sesto Empirico...Cervia, Trisulti ed Albero della vita.

Post n°1148 pubblicato il 23 Novembre 2022 da giuliosforza

1047

    Gli acini d’uva Italia che in questo periodo sto abbondantemente consumando  infischiandomi del diabete B hanno, nel novantanove per cento dei casi, tre vinaccioli. Chiaro segno. Godo evidentemente di due protezioni: quella di Bacco e quella di non dico Chi. Posso stare tranquillo.

   *

   ‘Un giorno da Leone. Giorgio Battistelli omaggio alla carriera’.

    Rai 5 gli dedica un giorno intero in occasione del conferimento del Leone d’oro alla carreira. Seguo quasi tutto il programma. Non sono in grado di valutare. Giovani compositori da me consultati ne hanno pochissima stima. Lo reputano se non un bluff, quasi.  Attribuiscono i suoi successi a sètte, mafie, massonerie. Non approfondisco. Ha una bella presenza scenica e un bell’eloquio. Partecipa spesso da attore con successo ai suoi stessi lavori. Sulla sua musica obbligato a sospendere il giudizio. Prudente epoké.

 *

   Guido del Giudice traduce Bruno.

   Non si può certo dire che la passione bruniana di Guido del Giudice vada col tempo scemando. Tutt’altro. Ora ha deciso di sobbarcarsi con Gianmario Ricchezza (laureato in filosofia alla Statale di Milano, autore di vari saggi fra i quali, con Daniele Trucco, uno assai denso e informato, La Magia nei secoli e secondo Giordano Bruno) ad un’impresa improba: tradurre in italiano moderno per  Di Renzo Editore le opere in ‘volgare’ del Nolano onde  renderle accessibili ad un più vasto pubblico. Io molto mi rallegro  dell’iniziativa e molto la lodo, pur con qualche perplessità che chiarirò più sotto, che trovo assai ben riuscita già al primo volume, quello del Candelaio, forse il più arduo da tradurre data la sua scanzonatezza di linguaggio e d’argomento. Il Candelaio fa molto sorridere, ma anche molto pensare: un modo sicuramente efficace, ma non certo il più facile, per introdurre il non iniziato al complesso mondo del Nolano, Filosofo poetante e  Poeta pensante, per dirla alla Heidegger.

   Ho sopra accennato ad una mia qualche minima perplessità, e mi spiego. Filippo Bruno ha sempre dimostrato per la ‘plebe’ e il ‘pro-fano’ un ragionato disprezzo. Fra i suoi motti uno dei preferiti è indubbiamente l’oraziano odi profanum vulgus et arceo. Ove il vulgus oggetto dell’arcēre  è la massa, la folla, l’ochlos, non certo il popolo, il cui concetto presuppone un incontro (non un ‘insieme, non un ‘mucchio’, non un marceliano coudoiment, un plebeo urtarsi di gomito) di   coscienze già evolute o in via di evoluzione che in quanto tali son capaci di Conoscenza e ad essa con tutte le loro forze anelano. Il «Messo t’ho innanzi : omai per te ti ciba » è per chi ha fame di prelibarezze, non per gli stomaci di ben d’altro volgarmente satolli. Come si dà brunianamente una religione del dotto ed una religione dell’ignorante, così si dà una derrata del dotto ed una dell’ignorante. E derrata prelibatissima ed esclusiva è Bruno, chi se non lui?

Dài, dunque, Guido, regalaci un Bruno ‘classico’ coi testi in ‘volgare’ originali a fronte. Arricchisci ancor di più il tuo  lavoro, già notevolissimo per acribia e rigore filologico.

  *

   Peter Grimes, che dicono il capolavoro di Benjamin Britten. Non mi è piaciuto. Foschie albioniche.

*

   Rilettura di Sesto Empirico. Nostalgia di un sano pirronismo. Mi piacerebbe sollazzarmi con l’Adversus mathematicos, che non posseggo. Con il termine matematici egli intenderebbe coloro che insegnano discipline. Chissà che goduria sfogliarne gli undici libri in cui è diviso!

   I Contro i Grammatici Πρὸς γραμματικούς/ Pros grammatikous

   II Contro i Retori Πρὸς ῥητορικούς/ Pros rhetorikous

   III Contro i Geometri Πρὸς γεωμετρικούς/ Pros geometrikous

   IV Contro i Matematici Πρὸς ἀριθμητικούς/ Pros arithmetikous

   V Contro gli Astrologi Πρὸς ἀστρολόγους/ Pros astrologous

   VI Contro i Musici Πρὸς μουσικούς/ Pros mousikous

   VI-VIII Contro i Logici Πρὸς λογικούς/ Pros logikous

   IX-X Contro i Fisici Πρὸς φυσικούς/ Pros Physikous

   XI Contro i Moralisti Πρὸς ἠθικούς/ Pros Ethikous.

*

   I sogni, quelli veraci a occhi chiusi, sono le mie cose più belle.

   Questo, per esempio, …paraccademico.

   Gli spiriti benevoli della notte mi hanno ricondotto nel fitto del bosco che circonda la certosa di Trisulti di Collepardo, ai confini ciociari tra Lazio e Abruzzo, e al faggio solitario del Cervia, al centro della conca che precede la vetta: due delle mete più frequenti delle ‘Giornate di Natura e Cultura’, delle mie iniziative paraccademiche due tra le più care, che periodicamente ero solito organizzare con gruppi di studenti, i più devoti, studiosi e zelanti dei miei Corsi.

   Trisulti era una delle località da noi predilette, con la Selva Grande (o bosco del Farnietto) e il Monte Croce di Vivaro, mio amato-odiato natio borgo selvaggio, coi dirupi sacri del sabino Greccio francescano e dello Speco benedettino sublacense, con le faggete di Monte Autore e di monte Cervia, con le pendici di Monte Velino, le rive del Salto e del Turano, il monte Serra Secca col suo Santuario della Madonna dei Bisognosi e molti altri luoghi facilmente raggiungibili da Roma. In quei nostri incontri cultural- mistico-naturalistici, predominanti erano i riti dell’Albero della Vita, dell’Invasamento e dell’invocazione panici, che aprivano rispettivamente e chiudevano i tempi dedicati alle variazioni culturali sui temi dei corsi accademici in programma.

   Nel mio sogno son tornato dunque a Trisulti, al suo fitto bosco, al santuario della Madonna delle Cese scavato nella roccia a poca distanza dalla Certosa nella forra sottostante; quindi al faggio solitario del Cervia. Ho negli occhi ancora uno ad uno i volti dei partecipanti (soprattutto delle due studentesse basche in trasferta Erasmus), le loro celie, i loro lazzi lungo il sentiero che conduce al sacello, e il pranzo al sacco all’ombra della fitta boscaglia. Poi la fantasia onirica si spostava al faggio del Cervia, riconvertito nella quercia sacra all'Irminsul della 'Norma' belliniana. Irminsul, versione celtica di Wotan e di Odino, con le altre divinità delle culture orientali scintoiste e zoroastriane presenza non secondaria del nostro Panteon pagano-cristiano, era questa notte il protagonista del rito. Lui all’unisono invocavamo e i silenzi della sterminata solitudine ce ne riportavano l’eco, come in altre circostanze quella di Odino o di un più generico Iddio (la cui eco sacrilegamente risuonava …io io io)

   Il rito dell’Albero della Vita era particolarmente toccante. Nel silenzio più fondo delle cose e degli uomini, tenendoci in cerchio per mano, noi s'abbracciava per una decina di minuti l’albero, e al contatto del suo tronco di faggio secolare (altrove il suo posto era preso da una quercia, un leccio o un castagno) lasciavamo che i possenti flussi delle energie cosmiche, mediatore l'albero le cui radici affondano nelle sorgenti infuocate delle energie inferne ed i rami e le foglie nei regni delle energie superne, trapassassero nelle nostre anime e nei nostri corpi procurandoci un’estasi mistica.

   Tutto questo ho rivissuto, per lo più magnificato, in sogno.

   Che notte stanotte a 1500 metri sul Cervia con Irminsul, e nel sacello mariano di Trisulti nel fitto di una foresta risuonante di un wagneriano Waldesrauschen!

   Nel mio sogno è mancata purtroppo la conclusione della 'Giornata', la solita appendice serale bacchica (dopo l'apollineo il dionisiaco è d'obbligo) nel mio tugurio, ove si mangiava si beveva si cantava, a secco o con l'accompagnamento del gigantesco organo 'Farfisa' liturgico.

   Un vero peccato.

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