Disincontrata

Scale di famiglia.


Guardo in alto e tra un gradino e l’altro vedo qualcosa di giallo. È un pezzo di stoffa che resta penzolante e quasi mi sfiora. Mi sono messo sotto la scala di legno che dal soggiorno porta alle camere, da qui mi sento protetto. Tra un gradino e l’altro infatti c’è uno spazio vuoto ed è proprio attraverso quello spazio che posso guardare tante cose quando non ho voglia di parlare con nessuno. Oggi sono triste, sono tornato da scuola e la maestra mi ha messo una nota solo perché parlavo con Letizia, poi quando mi sono messo a piangere dicendole che i miei genitori mi avrebbero messo in punizione lei ha ripreso la penna in mano, guardando il quaderno ha tirato un respiro e mi ha detto che ormai l’aveva scritta e che le dispiaceva, ma che comunque mi sarebbe servito da lezione. La stoffa gialla che sta qui sopra è mia sorella, o meglio, è la sua gonna. Lei preferisce stare sopra gli scalini, anziché sotto, anche in questo siamo molto diversi. Mangia, legge libri e telefona sempre dal solito scalino, il terzo in basso. A volte è talmente presa dalle sue cose che non si accorge di me, altre volte mi intravede “Giacomo, cosa ci fai lì sotto?!” Come se fosse normale trascorrere il pomeriggio seduta sulle scale! I miei genitori invece usano gli scalini solo per camminarci sopra. Salire e scendere. Mia mamma ha un passo veloce e fa un sacco di rumore, dice che sia colpa dei tacchi; il mio papà è molto meno rumoroso perché appena arriva in casa si mette le pantofole. Mio nonno invece le scale non le usa proprio perché dice che gli fa tanto male un ginocchio e così si limita a guardarle. Lo sento ridere mentre le guarda ma poi volgo lo sguardo verso di lui e mi accorgo che non sono le scale, ma sono io a farlo ridere, che me ne sto sempre rifugiato qua sotto, pensando di non essere visto!