Disincontrata

Come una volta.


Il caldo d’Agosto. Il silenzio. Questa strada. La parallela di quella costeggiata dai giardini.  Le tende della mia camera, quelle che spostavo con un dito per vederti quando eri alla finestra. Anche nelle sere d’estate, quando i cartelli luminosi lampeggiavano verso il tuo terrazzo. Ci sei? Si ero lì ad aspettarti ma all’inizio non mi facevo vedere, aspettavo che fossi tu il primo ad uscire dalla tana. Avevamo dieci anni, poi quindici, poi venti. A venticinque ci affacciavamo insieme alla tua finestra, il regalo dei tuoi genitori per le nostre nozze. Quando restavo da sola in casa guardavo verso la mia camera avvolta da una nostalgia più dolce di quella che provo in questi giorni. Ora che sono tornata a vedere il mondo dai miei vetri. Mi affaccio di rado, ma con le persiane aperte sento delle voci, parlano una lingua che non conosco, sento odore di curry ed una musica che mi farebbe muovere, se avessi voglia. Mi chiedo se i nuovi arrivati abbiano già cancellato le nostre tracce, se quell’ odore di spezie sia più forte del tuo profumo, se al posto dei tuoi quadri ci siano delle fotografie dei loro paesaggi. Chiudo la finestra, poi le tende, nessuno sguardo oltre. Avrei l’immagine di te davanti agli occhi e lì vicino vedrei anche me. Noi. E non come siamo adesso, neppure ai nostri venticinque, né ai venti, né ai quindici. Mi apparirebbero davanti agli occhi due bambini di dieci anni che si incantano occhi sugli occhi immaginandosi di baciarsi. I nostri primi momenti. Sono quelli che rivedrei.