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I Rockefeller contro la loro creatura Exxon


Da Corriere.it LA RIVOLUZIONE CREA SCALPORE IN USA Un secolo e mezzo dopo gli eredi dei fondatori vogliono rifondare il colosso petrolifero: «Tuteli l’ambiente» WASHINGTON – Sembra uno sceneggiato alla “Dinasty” o “Dallas”, le saghe televisive delle grandi dinastie industriali americane. Vede i Rockefeller scagliarsi contro una loro creatura, la Exxon, il colosso petrolifero. Nel 1870, John Rockefeller fondò la Standard Oil, di cui la Exxon è il successore. Ma quasi un secolo e mezzo dopo, i suoi pronipoti e i loro congiunti, ben 73 persone, vogliono riformare la compagnia. Capeggiati da Neva Goodwin Rockefeller, una economista di 63 anni, chiedono la rimozione del presidente Rex Tillerton e una inversione di rotta: la Exxon, sostengono, deve aiutare i poveri, cercare fonti alternative di energia e tutelare l’ambiente. LA RIVOLUZIONE - La rivoluzione promossa dal clan all’apice della crisi petrolifera ha destato scalpore in America, soprattutto a Wall street. La Exxon è una delle società più ricche del mondo, nel 2007 realizzò profitti di 40 miliardi di dollari, una cifra enorme. Ma i Rockefeller, tuttora una potenza anche se frammentati, l’accusano di ignorare la volontà degli azionisti, di cui fanno parte, e di non pensare a un “futuro diverso”. Mercoledì a Dallas nel Texas, alla loro assemblea annuale, presenteranno cinque mozioni per il totale cambiamento della politica aziendale. Una battaglia campale che tiene l’industria e la finanza americane con il fiato sospeso. Per Wall street, trovare i Rockefeller compatti è una rarità. Da decenni, i membri della dinastia non vanno d’accordo tra di loro. Ma lo sdegno contro quelle che considerano la cecità e ingordigia della Exxon li ha cementati. Per la prima volta, hanno scelto un portavoce, Peter O’ Neill, un cugino di Neva Goodwin Rockefeller, e operato in pubblico, non in segreto. «SERVE CAMBIAMENTO» - Peter Johnson, lo storico della dinastia, sospetta che il loro obbiettivo sia di riformare non solo la Exxon ma l’intera industria petrolifera. «E’ gente con un impegno ambientale e sociale preciso» spiega. «Mirano alla riduzione delle emissioni di gas nel mondo e al sostegno delle comunità meno abbienti». I “rivoltosi Rockefeller”, come li chiama il Wall Stret Journal, hanno l’appoggio popolare. Ma il presidente e amministratore delegato della Exxon, Rex Tillerton, non intende cedere: «Noi siamo una ditta petrolifera e petrolchimica» ha dichiarato «e resteremo tale. Siamo la più forte della storia come dimostra il nostro bilancio». «FALLIRANNO» - Secondo Tillerton, la rivoluzione dei Rockefeller fallirà «perché non hanno nemmeno l’1 per cento delle azioni». Ma Peter O’ Neill ribatte che il pacchetto azionario della dinastia è molto superiore, «difficile a calcolarsi perché messo in vari trust», e che molti altri azionisti si sono schierati con essa. La guerra dei Rockefeller contro la Exxon, accusata dal pubblico americano, assieme alle altre compagnie, di approfittare della crisi petrolifera a danno dei consumatori, incominciò nel 2004, ma venne alla luce solo l’autunno scorso. Stando al Wall Street Journal, la dinastia avrebbe il consenso del 40 per cento degli azionisti. E lo storico Peter Johnson riferisce che la loro rivoluzione ha un grosso precedente: nel 1896, la promosse lo stesso John Rockefeller, che rinunciò a fare l’amministratore delegato. Rimase presidente fino al 1911, quando la Standard oil venne smembrata in seguito alle misure del presidente Teddy Roosevelt contro i monopoli. Ennio Caretto