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Al macero le telefonate dei politicisul legame occulto Rai-Mediaset

Post n°701 pubblicato il 14 Giugno 2008 da giromapa

Il caso / Nei nastri colloqui di Berlusconi
e altri parlamentari con dirigenti di Viale Mazzini
di EMILIO RANDACIO e WALTER GALBIATI




Al macero le telefonate dei politici sul legame occulto Rai-Mediaset

Deborah Bergamini










MILANO
- Non sapremo mai quello che si sono detti al telefono Silvio
Berlusconi e Nicolò Querci, vicepresidente di Rti, la controllata di
Mediaset che raggruppa le tre televisioni del Biscione. Ma nemmeno
quello che il premier ha detto a Deborah Bergamini, la sua ex
segretaria, diventata poi una delle responsabile della programmazione
Rai e, da due mesi, parlamentare di Forza Italia.





Le intercettazioni con i politici registrate nell'ambito dell'inchiesta
sul fallimento di Hdc, quella che vede coinvolto Luigi Crespi, l'ex
sondaggista famoso per l'invenzione del contratto con gli italiani,
sono state distrutte.





Il giudice per l'udienza preliminare Marina Zelante ha deciso di
mandare al macero tutte le telefonate ritenute non rilevanti, comprese
quelle con i parlamentari, nel processo Hdc, applicando la legge Boato.
Eppure, alcune di quelle telefonate avrebbero potuto svelare qualcosa
in merito a come veniva gestita la comunicazione in Rai ai tempi del
terzo governo Berlusconi. Almeno in alcuni momenti delicati di quella
legislatura, quando agli inizi di aprile moriva Giovanni Paolo II e
subito dopo si tenevano le elezioni regionali, una tornata politica in
cui il Centro sinistra stravinceva sulla Casa delle Libertà.





A svelare l'importanza di quelle telefonate era stata la pubblicazione
a novembre 2007 su Repubblica dei brogliacci relativi alle
conversazioni di Deborah Bergamini, allora direttore del Marketing
strategico della Rai, di Flavio Cattaneo, all'epoca direttore generale
della Rai, e di altri manager del servizio pubblico e di Mediaset.
Dalle carte depositate emergeva come le due superpotenze nazionali
della tv, che avrebbero dovuto competere aspramente per la conquista
dell'audience, facendo a gara nella pubblicazione di servizi esclusivi,
in realtà si scambiavano informazioni sui palinsesti. Concordavano le
strategie informative nel caso dei grandi eventi della cronaca.
Orchestravano i resoconti della politica.
Fabrizio Del Noce, direttore di RaiUno, anche lui intercettato
indirettamente, aveva già chiesto e ottenuto dalla Zelante la
distruzione delle sue telefonate. Ora, il giudice milanese ha distrutto
anche le altre ritenute irrilevanti per la vicenda Hdc. Tra queste
figurano quelle di oltre trenta parlamentari da Silvio Berlusconi a
Giulio Tremonti, da Francesco Cossiga a Bobo Craxi, da Cesare Previti a
Sandro Bondi, da Claudio Scajola a Paolo Bonaiuti, da Maurizio Gasparri
a Francesco Storace, dall'avvocato Niccolò Ghedini a Katia Bellillo.
Tutti interlocutori o degli indagati intercettati o di persone non
indagate ma con l'utenza in quel momento sotto controllo dei pubblici
ministeri.





Sono state così distrutte tre telefonate di Berlusconi con Deborah
Bergamini e altre di lei con Bondi, Fabrizio Cicchitto, Massimo
Baldini, Paolo Ricciotti e Katia Bellillo. Al macero anche quelle di
Berlusconi con Querci e quelle di Bobo Craxi con i fratelli Crespi. La
stessa fine è toccata alle conversazioni di Alfredo Messina con
l'avvocato Ghedini e lo stesso Previti e dei dieci contatti fra
Tremonti e un manager di Crespi, Marini.





Per alcune bobine che sono finiti al macero, però, altri atti, come i
brogliacci delle conversazioni della Bergamini e di Cattaneo, sono
stati spediti a Roma, dove la Procura ha aperto un'inchiesta per
interruzione di pubblico servizio. Quanto all'inchiesta Hdc, i pm
milanesi Laura Pedio e Roberto Pellicano hanno chiesto il rinvio a
giudizio di una ventina di indagati, tra i quali spiccano oltre allo
stesso Crespi, alcuni nomi noti, come il presidente del collegio
sindacale, il professor Ferdinando Superti Furga, già sindaco di
Telecom Italia e Mondadori, nonché i banchieri Enrico Fagioli e
Gianpiero Fiorani. Nella rete dei pm, sono rimasti incastrati anche
Fedele Confalonieri e Alfredo Messina, rispettivamente presidente e
consigliere di Mediaset, con l'accusa di favoreggiamento e Fulvio
Pravadelli, amministratore delegato di Pubblitalia '80, la
concessionaria di pubblicità del gruppo del Biscione, con l'accusa di
bancarotta preferenziale.







(14 giugno 2008)

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