r a p i d e

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 Andrew Wyeth | Airborne, 1996      E' isolata in uno spazio di incredibile riverbero,con la luce che nasce e batte su di uno specchio marino.Oscillano i ricordi, come conchiglie a schiudersi e tutto,tutto crea una balugine intensa, totale, carica di promesse.La stagione di Wyeth ha dentro sé i rintocchi arcaicidi una campana lontana e commossa che rincuora.    Di terra, di odori salmastri che salgono e hannoun inconosciuto clima di desiderio e di approdi,proprio come dopo una corsa in bici, planandosu d'uno zoom d'altri tempi. Nessuna cornice esterna,nessun clima inquieto. Solo un passaggio che confidenziafin dal momento iniziale più tenero. Un bacio breve, casto,in un abbraccio reso tangibile in quell'aderenzaquasi uterina a intreccio di una emozione elastica di memoria.    In qualsiasi posto tu sia stato là, proprio là,nel silenzio di quei colori .. riaffiora.E non ti sentire in colpa se un nodo stranoall'improvviso assale. Incastonata e incandescente,l'emozione stretta sale e sarà comprensibilel'estetica che ti ha lasciato dentro. Il panorama a cui assisti,improvvisamente fluttua come su di una giostrache ha perso le staffe. Un'amalgama tra la bizzarrìadi questo strambo volo in piumee l'appunto dolce di un canto.