Nella terra di Tricasecon gli occhi di lucertoladi Giuliana Coppola Quando giunse per lei il tempo di volare tra gli angeli, lei, la fanciulla muta che aveva avuto in dono di vedere la Vergine Maria al Gonfalone e di riacquistare la voce, lei chiese di poter rimanere in eterno nell’angolo benedetto dal cielo, per continuare a contemplare, custode di una immagine, la luce della sua terra. E allora la mano divina la trasformò in lucertola.Se vai a visitarla la cripta basiliana della Madonna del Gonfalone, la lucertola starà lì ad osservarti con i suoi occhi da fanciulla e se non ritardi il tuo viaggio la troverai tra il giallo dei gelsomini, cespuglio forte che cresce da sempre protetto dalle pietre. Ma non potrai seguirla quando si muoverà, perché soltanto a lei appartiene, ancora oggi, il cunicolo che potrebbe portarti ancora, protetto dalle viscere della terra, da cripta a cripta, dalla grancia del Gonfalone alla abbazia del Mito, mistero dietro mistero, secoli di misteri, racchiusi in un pugno di chilometri, attorno a Tricase che di misterioso ha anche il nome.Attraversala alla luce del sole questa terra, ma del sole al tramonto; portati dentro gli occhi della fanciulla-lucertola, gli occhi pensosi degli angeli che invadono senza sorridere ogni angolo, dagli stemmi, alle chiese, alla tela preziosa di Paolo Veronese, nella Chiesa matrice. Te li senti addosso proprio perché non sorridono; occhi pensosi di angeli che da millenni resistono alle insidie. Non fermarti troppo a lungo a guardare il volto del san Michele, lì nella chiesa dell’Angelo dove ti sei fermato solo per un attimo e ti ha salutato un gatto, ai piedi dell’altare, gatto di chiesa che non ha paura del volto del diavolo sconfitto dalla potenza divina. Ti dirà Salvatore che, se scendono le tenebre, non potrai vedere il cerchio magico del mare dall’alto della torre del Mito; concediti allora soltanto una carezza agli angeli paffuti del bassorilievo che qualcuno ha deciso di porre dietro l’altare e poi vai.Se tu lo desideri, se non vuoi essere viandante solitario, scegli come tuoi compagni di viaggio Andrea Chiuri, Salvatore Musìo, Carlo Panico, Michele Turco, il “Soleluna Group” che raccolgono le voci della loro terra perché si riporti prima o poi ordine nel mistero che angeli e demoni continuano a contendersi, brandelli di misteri che appartengono a tradizioni popolari e non hanno voglia di diventare storia. E vai alla torre del Mito tra Tricase e Andrano. Non avere paura di salire le scale, quando giungerai ai suoi piedi; quando sarai in alto, prima di guardarti attorno, chiudili un attimo gli occhi e poi respira profondo prima di deciderti di affrontarlo il mare che t’assale da ogni lato, dovunque tu ti volga, cerchio incredibile d’orizzonti che non si interrompono. Comprenderai d’un tratto il perché degli occhi pensosi degli angeli che nel territorio di Tricase ancora oggi non si rassegnano all’idea che guerra e morte continuino a distruggere torri ed abbazie, cripte e laure e sepolcri; su di loro anche, a volte, l’asfalto nero di una strada.Soltanto i ruderi ti raccontano oggi che vennero anche qui i monaci Basiliani, a proteggerli i volti di madonne e il senso profondo della loro religiosità; scelsero l’altura sospesa tra il cielo e il mare che non avesse confini, vi posarono la loro abbazia. Com’era loro costume, diffusero civiltà, culture, benessere e volti di madonne con bambini apparvero agli umili un po’ dovunque, da Andrano a Lucugnano; li dipinsero mani esperte di artisti. Rimangono poche tracce ormai, anche queste, spesso, rifatte; forse, anche per questo non sorride il sole che illumina l’immagine oggi recuperata; per secoli ascoltò preghiere nella cripta del Gonfalone, oggi la ritrovi in una delle sale di palazzo Gallone, a Tricase...Da cripta a cripta, da torre a torre e tu sei nella “Turris Magna” dove un principe decise di collocare le prigioni; si moriva per fame, se si era scampati dall’assalto del nemico, qualunque esso fosse; lo rivelano i graffiti nelle celle delle prigioni; graffito sul muro anche un duello e i volti magri, dai grandi occhi muti, delle vittime della guerra. I principi, si dice, a volte facessero anche i patti col diavolo, qui nella terra di Tricase, perché possiedono il “libro del comando” e possono convocarlo a loro piacimento il diavolo. Si può ordinare ad un diavolo di costruire nel tempo breve di una notte una chiesa? Lo si può, se esiste un principe vecchio che possiede il libro del comando...e sorse così la Chiesa dei Diavoli che oggi, finalmente riaffidata all’attenzione e alla curiosità dei cittadini, racconterà anche lei la sua storia, la sua leggenda, la sua angoscia d’essere stata privata di tutto, dell’altare e della campana, perché è difficile da estirpare il patto con il diavolo che fa crescere ortiche, dove un tempo si ebbe voglia di pregare: non fece molta strada lo spirito del male che litigava col principe vecchio. Sarà pure che domina ancora il canale del Rio, dove, quando soffia forte la tempesta, si sentono voci di campane. Di certo lo attendeva a pochi passi san Michele, nella chiesa a lui dedicata; l’angelo santo non ebbe paura di lui, perché gli angeli santi non hanno bisogno di forzieri colmi di monete d’oro per raggiungere il cielo. Appartiene anche questa storia al pugno di chilometri dove sorge Tricase, dove sorgono le sue chiese luminose e le sue torri; all’alba si sveglia ancora alla voce del gallo che domina sugli stemmi di palazzo Gallone.
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