scrittori

Ripenso il tuo sorriso che si fa smorfia, si fa ghigno


Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un'acqua limpida a K.Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un'acqua limpida scorta per avventura tra le pietraie d'un greto, esiguo specchio in cui guardi un'ellera e i suoi corimbi;e su tutto l'abbraccio di un bianco cielo quieto.Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,se dal tuo volto si esprime libera un'anima ingenua,vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenuae recano il loro soffrire con sé come un talismano.Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigiesommerge i crucci estrosi in un'ondata di calma,e che il tuo aspetto s'insinua nella memoria grigiaschietto come la cima di una giovane palma...(Eugenio Montale, Ossi di seppia) Ripenso il tuo sorriso nel nitore limpido di un'acqua poco ministeriale. Ripenso a Montale, forse sul volto mi traspare una smorfia, forse un ghigno. Forse non ci sanno fare. O forse sì: ce lo ricorderemo eccome, quest'esame. A ripensarlo quel sorriso, cadiamo dentro al liquido ancestrale, lieve e naturale, per levigarci le ferite ungarettiane, le ferite dell'ammasso rude della R, desertica e raffinata. L'abbraccio di un bianco cielo quieto avanza nei ricordi di Montale, quando ripensa a quel sorriso, ingenuo o dolorante, anima lieve, danzante su certe infiorescenze, mentre ramingo porta la sofferenza come un talismano. Eppure l'effigie pensata evoca calma inaudita, annulla i crucci della vita ruvida e malata: il dolore del mondo, il male di vivere, il rivo strozzato che non gorgoglia manco più. Il suo aspetto (di lei? macché, di lui!) è nella memoria del Poeta: mica si sfolla nella nebbia di sempre! Non recide la forbice quel volto. Casomai, lo trasforma come mani di Edward in una giovinetta palma, alta, distesa, lieve, elegante, calma. Come un sorriso contro i crucci del mondo. Non c'entra la figura della donna forte e consolatoria contro quella fatale e funesta. Resta, semmai, l'ellera del panismo dannunziano. Ma nemmeno. Qui l'abbraccio calmo dei versi lunghi non è un distillato nervoso e brillante di gocciole e foglie lontane. E' invece l'approccio del pensare, il tempo lungo della parola che si fa "effigie" nel ritmo lento della "memoria grigia": poi scava abissi dentro cui nascondere crucci, da cui tirar fuori talismani e amuleti. Ci salva la parola, allora. Soltanto quella, piena colma di miraggi e di segreti. Non ridondante o enfatica, neppure delle Rimembranze leopardiane, nonostante quel "Ripenso". Che ci rimane allora? Il ricordo di un sorriso che appiani le rughe della storia. Del tempo. Della memoria.