scrittori

Il mare verticale


"Non sapevamo dell'esistenza dell'America, e ci eravamo già andati attraverso lo stretto di Bering prosciugato dal succhiare dei ghiacci. Costantemente in fuga, dai climi torridi prima, dal premere degli animali nelle foreste tropicali, dagli altri uomini che scappavano a loro volta dai ghiacci e poi dai caldi brucianti degli interglaciali. Ed è ancora per fuggire che ho imparato a volare, a strisciare vertiginosamente sulle ruote lasciando ogni gorno migliaia di morti".Quella volta che l'ho letto, questo pazzesco fulminante straordinario romanzo di Giorgio Saviane, ero poco più che un ragazzetto. Leggevo quotidiani, specie sportivi, mi piacevano i pezzi di Vladimiro Caminiti su Tuttoport. Leggevo a stento perché la scuola aveva contribuito a polverizzare la voglia. Ma la curiosità riemerge e investe questo libro. Il mare verticale è un libro che quando sei poco più che ragazzetto non ci fai tanto caso. Ammantare lo studio e la disciplina e l'erudizione e l'impegno di una cosa sola: poesia. Il mare verticale è il mare visto con gli occhi del primitivo. Una distesa confusa verso il cielo, un muro celeste che scuote il torpore inerte del primitivo. Un delta a sfociare dubbi sulle sicumere. La paura dell'ignoto ci rende stranieri anche nella privatezza dei nostri possessi. Norma e ribellione norma e ribellione norma e ribellione. Così si fa la storia. Così si muore. "Da lontano il fuoco mandava una carezza tiepida, somigliava al sole che si tuffa nel deserto. Quante volte avevamo rincorso il tramonto, fino a fiaccarci. Spariva lasciandoci sbigottiti nel buio".Sbigottiti si rimane a leggere Il mare verticale di Giorgio Saviane. Sbigottiti. Come i primitivi davanti a quel muro, davanti a quel mare.