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«SONO BORIS E HO AVUTO UNA STORIA CON UN GIOCATORE DELLA TRIESTINA»


Un giovane esce allo scoperto: «Chi dice che i gay non esistono nega la realtà» «Mi chiamo Boris Alesko e ho avuto una relazione con un giocatore della Triestina».La confessione è di un trentunenne, rappresentante di abbigliamento residente da anni a Trieste. Ha deciso di uscire allo scoperto dopo aver letto nei giorni scorsi sul Piccolo le dichiarazioni di alcuni dirigenti del calcio dilettantistico triestino che hanno recentemente negato la presenza di giocatori gay nelle squadre locali.Boris Alesko premette di non voler rivelare l’identità del calciatore per non alimentare una curiosità morbosa né per nuocere alla carriera sportiva del giocatore con cui ha avuto una relazione.«Se parlo è solo per sbattere la verità in faccia ai bigotti, a chi nega la realtà, a chi ha stupide paure e ottusi preconcetti. Sono rimasto sconcertato dalle dichiarazioni del presidente del San Luigi Ezio Peruzzo e di altri dirigenti sportivi di squadre dilettantistiche locali - racconta il giovane - questa gente deve arrendersi al fatto che, piaccia o meno, persone gay ce ne sono ovunque. Così come ci sono i calvi, i baffuti, i magri, i simpatici o i timidi. Esistono in tutte le categorie. Negare la presenza di omosessuali nello sport è negare la realtà che ci circonda. Noi gay sappiamo essere forti, muscolosi, atletici e vincenti come gli uomini con la "u" maiuscola. E visto che nessuno se ne accorge, è evidente che sappiamo fare il nostro dovere in squadra, non creiamo problemi negli spogliatoi e nemmeno nel gruppo».Moro, belloccio, dall’apparenza un po’ eccentrica, Boris Alesko racconta con un po’ di malinconia che la sua relazione con il giocatore alabardato è terminata nel giugno dello scorso anno. La storia è durata quasi un anno.«Ci siamo conosciuti tramite il titolare di un negozio di abbigliamento, mio amico, in un ristorante sulle Rive frequentato spesso dai giocatori dell'Unione - ricorda il giovane - e poi casualmente ho incontrato nuovamente il calciatore in un pub. Lui allora era fidanzato, era legato a una bella ragazza. Quella sera, nel locale, ci siamo scambiati il numero di telefono. Ci siamo risentiti e da quel momento è iniziata la nostra relazione. Ci siamo visti anche in pubblico ma per tutelare la sua immagine recitavamo sempre il ruolo dei semplici amici. Non facevamo niente che potesse alimentare qualche sospetto».Quella tra il rappresentante di abbigliamento e il calciatore alabardato è stata una relazione difficile, fatta di sotterfugi. Una storia che si basava su appuntamenti fuori Trieste oppure su brevi vacanze in Slovenia. A detta di Boris solamente uno dei compagni di squadra del giocatore era al corrente della loro storia.«Si pensa che in certi ambienti l'omosessualità non esista solo per il fatto che nessuno lo testimonia - prosegue il giovane - ma è evidente che in certi settori ammettere la propria diversità implica la fine di una carriera. Cosa sarebbe successo al mio ex se facendo outing si fosse trovato di fronte un dirigente come quello del San Luigi? Era il mio amico stesso ad ammettere - spiega ancora Boris - che se qualcuno, anche tra i tifosi, avesse saputo che aveva una relazione omosessuale, sarebbe venuto fuori un disastro».Qualche volta, pur non amando il calcio, Boris Alesko è andato anche ad assistere a qualche partita allo stadio Nereo Rocco: «Sono diventato persino un tifoso della Triestina - racconta - e da allora non mi perdo una partita».Il giovane ammette di non aver mai giudicato bene i gay che nascondono le loro tendenze sessuali, evitando di vivere alla luce del sole la loro realtà. Ma nel corso degli anni, sulla propria pelle, si è reso conto che la società italiana non ammette diversità: «C'è molta ipocrisia in giro - afferma - e anche chi giura di essere dalla tua parte, in fondo ti considera pur sempre un diverso e guarda con curiosità certi tuoi atteggiamenti quasi tu fossi un panda in una gabbia dello zoo. Agli omosessuali non serve la comprensione. Serve indifferenza».Laura Tonero «Preoccupante quel mix di stereotipi e pregiudizi» Il Circolo Arcobaleno: i dirigenti sportivi locali esprimono omofobia -------------------------------------------------------------------------------- «Stupore» per le dichiarazioni di dirigenti del calcio locale che hanno dichiarato sostanzialmente come non esistano gay nel loro ambiente. Ad esprimerlo è il Circolo Arcobaleno Arcigay Arcilesbica, secondo il quale quelle dichiarazioni, «salvo un paio di eccezioni cui plaudiamo, esprimono un preoccupante mix di omofobia, ignoranza, stereotipi e pregiudizi». «Prima di tutto - si legge nella nota firmata dalla presidente del direttivo Maria Ginaldi e dal vice Nicola Cicchitti - perché e per chi l'omosessualità dovrebbe essere un problema? Fa male solo a chi non la accetta e non la vuole affrontare, il vero problema è l'omofobia. Chi fa simili affermazioni ignora le svariate indagini sociologiche che affermano che l'omosessualità è distribuita trasversalmente nella popolazione senza distinguo», «inclusi i gruppi sportivi». Se «nessuno, nel calcio, ne parla apertamente lo si deve evidentemente all'ambiente che, proprio con simili esternazioni, si rivela fortemente omofobo e scoraggia la visibilità del fenomeno (ma non certo ne controlla l'esistenza)».