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AGGREDISCONO DISABILE GAY: "CI ANNOIAVAMO"


Pordenone, lo picchiano in tre: nessuno interviene. Il giovane già pestato nel 2002 Il questore: "Una vigliaccata" e l´Arcigay chiede a Maroni di intervenire di TOMMASO CERNO PORDENONE - «Dai, andiamo a dare una lezione ai froci». Così, solo per noia, in un venerdì qualunque d´inverno, a Pordenone, un «commando» di tre uomini - due ragazzi di poco più di vent´anni e uno di 43 - ha aperto la caccia all´omosessuale nel pieno centro della cittadina ricca e industrializzata al confine fra Friuli e Veneto. E l´hanno trovato, il gay. Un ragazzo disabile di trent´anni, finito in coma nel 2002 dopo essere stato pestato a morte dall´ex compagno. E che non si è mai più ripreso da quel trauma.Un´aggressione brutale e «vigliacca», l´ha definita il questore di Pordenone, Antonio Maiorano, che risale al 23 gennaio scorso, ma che è stata resa nota solo ieri quando la polizia ha individuato gli aggressori e concluso le indagini su Nicola Tuan, 23 anni di Pordenone, già indagato per scritte razziste, Federico Scabbio, 21 anni di Porcia e Stefano Ostaria, 43 anni, anche lui di Pordenone.Fuori è buio. Sono appena passate le nove e mezza della sera. Fa freddo. Ma la scena di quel pestaggio sembra non stupire nessuno. La gente, poca, che passa di lì tira dritto. Solo un barista vede tutto e chiama la Polizia. Ma è già tardi. Quando gli agenti arrivano i tre aggressori sono già fuggiti nel buio. In piazza quella sera rimane solo il disabile gay, riempito di botte e sotto choc. Alla polizia non vuole raccontare niente. Non vuole denunciare quella gente. Resta lì, in piedi, ad attendere che alcuni parenti - racconta - con i quali aveva appuntamento e che sono in ritardo, vadano a prenderlo. Il ricordo raggelante di sette anni prima lo chiude in se stesso: nel 2002, quando era militare in ferma breve volontaria, fu aggredito dal suo compagno. Pugni, calci, schiaffi fino a ridurlo in fin di vita. Rimase in coma. Per molto tempo. E le conseguenze di quelle botte se le porta ancora dietro nonostante anni di cure e riabilitazione. È proprio per quel trauma che è stato riconosciuto invalido al cento per cento e che oggi è in cura ai servizi sociali, dopo la condanna per tentato omicidio al suo ex. Un flash back da incubo, dunque, a distanza di anni, negli stessi luoghi. In quel centro di Pordenone che il sindaco della città Sergio Bolzonello non riconosce più: «È un fatto gravissimo questa non è la nostra città». In quelle strade che i tre aggressori - denunciati alla Procura per concorso in violenza privata aggravata - descrivono con freddezza: «Noi? Non sapevamo cosa fare quel venerdì sera. Volevamo dare una lezione ai froci del Bronx», il quartiere del battuage gay di Pordenone, a pochi passi dalla stazione. Poi una bugia per alleggerire le accuse: «Avevamo sentito dire c´era un pedofilo». E se Imma Battaglia, che per sabato mattina ha organizzato un sit-in davanti a Montecitorio, parla di «gesto che lascia senza parole», l´Arcigay chiede che Maroni intervenga «prima che ci scappi il morto».di la Repubblica