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NOZZE GAY, RICORSI ANCHE A TRENTO


Il ricorso «bomba» di Venezia studiato dall'avvocato Schuster di BRUNO ZORZI È un fatto, già come è ora, che ha delle implicazioni importanti. Cioè che un tribunale, quello di Venezia, abbia «passato» alla Corte Costituzionale un procedimento contro il no detto dal comune della città lagunare alla richiesta di pubblicazioni matrimoniali di due omosessuali. Fatto potenzialmente «esplosivo» perché la Corte, caso unico in Europa, ora è chiamata a pronunciarsi sul fatto se sia o no discriminante, e quindi incostituzionale, la lettura degli articolo del codice civile che, fino a ora, impediscono le nozze tra persone dello stesso sesso. Le conseguenze di questa ordinanza possono essere quelle di spalancare, per via giudiziaria, le porte al matrimonio gay anche in Italia. Protagonista, come vedremo, di questa che è una vera campagna per il diritto al matrimonio gay, un giovane avvocato trentino: Alexander Schuster, 31 anni, assistente alla Facoltà di legge di Trento di diritto costituzionale comparato. «Ci abbiamo lavorato - afferma - con Francesco Bilotta, allievo di Stefano Rodotà, docente a Udine e avvocato del foro di Trieste. Un'iniziativa nell'ambito di Rete Lenford (rete che raggruppa una cinquantina di avvocati che si occupano di diritti delle lesbiche, omosessuali, bisessuali, transgender ndr) e dell'associazione Certi Diritti, che fa parte dell'area radicale». Il giovane studioso di diritto non vuole esporsi: la strategia è quella di lavorare senza far troppo clamore mediatico perché c'è il timore di una reazione di buona parte del mondo politico, perlopiù di centro destra ma anche dei cosiddetti «teodem» del centro sinistra. Ma ormai la notizia della decisione dei giudici Maurizio Gionfrida, Roberta Marchiori e Antonella Guerra ha fatto il giro d'Italia e c'è già la reazione dura di Carlo Giovanardi. La paura è quella di una reazione stile Eluana Englaro. Di un «blitz» sull'articolo 29 della Costituzione che parla di matrimonio, senza dire espressamente che deve essere tra uomo e donna e sull'articolo del codice civile che detta gli impedimenti al matrimonio tra i quali non c'è l'omosessualità. Sì, c'è scritto chiaro nell'ordinanza di Venezia: le «lacune» ci sono perché negli anni '40, sia per il codice che per la Carta, i legislatori non pensavano nemmeno lontanamente ai matrimoni gay. Ma, si diceva, il ricorso alla Corte Costituzionale avviato dai giudici veneziani, e definito «storico» da un leader del movimento gay come Franco Grillini, c'è perché «Certi Diritti» e Rete Lenford, hanno avviato una campagna di ricorsi contro i no alle pubblicazioni. «Una ventina di coppie - afferma Schuster - in altrettanti tribunali hanno accettato di fare i ricorsi». Anche a Trento? Su questo l'avvocato non risponde. Ma le cause ci sono anche qui: un paio e si trovano già a buon punto. Anzi, ci sono già stati i no dei giudici e si attende la decisione della Corte d'Appello. E la speranza è quella di ottenere un altro ricorso alla Consulta. Impossibile scucire una parola all'avvocato. Silenzio blindato per il timore di un «polverone» politico anche a livello locale tale da influenzare la decisione dei magistrati. Perché la scelta della via giudiziaria? «Perché - afferma il legale - su questo i magistrati possono essere più lontani dalla demagogia. Il parlamento non è neppure in grado di trovare un acronimo per un disegno di legge». Ma poi c'è un motivo nato dal caso: tre anni fa, una coppia gay di Latina sposata regolarmente in Olanda, chiese al comune della città laziale di vedere riconosciute anche in Italia le nozze rcevendo un secco no. Ricorsero al tribunale che, in appello, afferma Schuster, pur confermando il no, scrisse un'ordinanza con qualche apertura giuridica. Da qui l'idea dei ricorsi in serie. «Qualche apertura - dice l'avvocato - è venuta anche da Firenze. A Saluzzo il pubblico ministero, che su questioni come questa è tenuto ad esprimersi, ha detto sì». Ma è chiaro che quell'«immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale» contenuto nel dispositivo dell'ordinanza di Venezia rappresenta la vera novità. Il possibile varco verso l'introduzione del matrimonio gay anche in Italia. I giudici veneziani fanno questa ragionamento: sarebbe una forzatura delle norme introdurre, per via giudiziaria, il matrimonio gay, tuttavia non si può «ignorare il rapido trasformarsi della società e dei costumi avvenuto negli ultimi decenni...Nuovi bisogni, legati all'evoluzione della cultura e della civiltà, chiedono tutela, imponendo un'attenta meditazione sulla persistente compatibilità dell'interpretazione tradizionale con i principi costituzionali».---Non solo eteroI giudici veneziani nell'ordinanza dicono che l'articolo 2 della Costituzione sancisce il diritto al matrimonio comunque lo si intenda. E il problema dei figli? Le nozze gay non cozzano con i diritti dei figli adottivi, perché il diritto a sposarsi non implica quello ad avere figli. Inoltre nella storia giuridica italiana, dicono i giudici di Venezia e sottolinea Schuster, c'è la legge dell'82 («che per una volta - dice l'avvocato - mise l'Italia all'avanguardia») che permette a chi ha cambiato sesso di sposarsi. Una legge, per i giudici veneziani, che dimostra come il diritto sia in evoluzione. Principio ribadito nell'85 dalla Consulta che dichiarò costituzionale la legge dell'82 dicendo che «si colloca nell'alveo di una civiltà giuridica in evoluzione, sempre più attenta ai valori, di libertà e dignità della persona umana». Una legge aggiungono i magistrati di Venezia che « ha profondamente mutato i connotati dell'istituto del matrimonio civile consentendone la celebrazione tra soggetti dello stesso sesso biologico incapaci di procreare». Di fronte a questo Schuster in un commento sull'ordinanza scritto per il «Sole» dice: «E già si odono gli echi di coloro che denunciano l'ingerenza dei giudici. Già, proprio dei giudici». di L'Adige