LA DIVINA COMMEDIA

Ruffiani e seduttori (Stradano)


 
In questo luogo, de la schiena scossidi Gerïon, trovammoci; e 'l poetatenne a sinistra, e io dietro mi mossi.A la man destra vidi nova pieta,novo tormento e novi frustatori,di che la prima bolgia era repleta.Nel fondo erano ignudi i peccatori;dal mezzo in qua ci venien verso 'l volto,di là con noi, ma con passi maggiori,come i Roman per l'essercito molto,l'anno del giubileo, su per lo pontehanno a passar la gente modo colto,che da l'un lato tutti hanno la fronteverso 'l castello e vanno a Santo Pietro,da l'altra sponda vanno verso 'l monte.Di qua, di là, su per lo sasso tetrovidi demon cornuti con gran ferze,che li battien crudelmente di retro.Ahi come facean lor levar le berzea le prime percosse! già nessunole seconde aspettava né le terze.Mentr' io andava, li occhi miei in unofuro scontrati; e io sì tosto dissi:«Già di veder costui non son digiuno».Per ch'ïo a figurarlo i piedi affissi;e 'l dolce duca meco si ristette,e assentio ch'alquanto in dietro gissi.E quel frustato celar si credettebassando 'l viso; ma poco li valse,ch'io dissi: «O tu che l'occhio a terra gette,se le fazion che porti non son false,Venedico se' tu Caccianemico.Ma che ti mena a sì pungenti salse?».Ed elli a me: «Mal volontier lo dico;ma sforzami la tua chiara favella,che mi fa sovvenir del mondo antico.I' fui colui che la Ghisolabellacondussi a far la voglia del marchese,come che suoni la sconcia novella.