LA DIVINA COMMEDIA

Lucifero capovolto (Codex Altonensis)


 
«Attienti ben, ché per cotali scale»,disse 'l maestro, ansando com' uom lasso,«conviensi dipartir da tanto male».Poi uscì fuor per lo fóro d'un sassoe puose me in su l'orlo a sedere;appresso porse a me l'accorto passo.Io levai li occhi e credetti vedereLucifero com' io l'avea lasciato,e vidili le gambe in sù tenere;e s'io divenni allora travagliato,la gente grossa il pensi, che non vedequal è quel punto ch'io avea passato.«Lèvati sù», disse 'l maestro, «in piede:la via è lunga e 'l cammino è malvagio,e già il sole a mezza terza riede».Non era camminata di palagiolà 'v' eravam, ma natural burellach'avea mal suolo e di lume disagio.«Prima ch'io de l'abisso mi divella,maestro mio», diss' io quando fui dritto,«a trarmi d'erro un poco mi favella:ov' è la ghiaccia? e questi com' è fittosì sottosopra? e come, in sì poc' ora,da sera a mane ha fatto il sol tragitto?».Ed elli a me: «Tu imagini ancorad'esser di là dal centro, ov' io mi presial pel del vermo reo che 'l mondo fóra.Di là fosti cotanto quant' io scesi;quand' io mi volsi, tu passasti 'l puntoal qual si traggon d'ogne parte i pesi.E se' or sotto l'emisperio giuntoch'è contraposto a quel che la gran seccacoverchia, e sotto 'l cui colmo consuntofu l'uom che nacque e visse sanza pecca;tu haï i piedi in su picciola sperache l'altra faccia fa de la Giudecca.Qui è da man, quando di là è sera;e questi, che ne fé scala col pelo,fitto è ancora sì come prim' era.