maranatha!

22022022,3


La generazione scomparsa
Raul Gardini amava molto andare a vela. E' morto, ufficialmente suicida, il 23 luglio 1993Leggo in queste sere “Il tuffatore”, il libro che Elena Stancanelli dedica a Raul Gardini. Capisco come si possa essere ossessionati da una figura epica e tragica che ha accompagnato come un rumore di fondo la giovinezza, simbolo di tutto ciò che quel tempo – il tuo tempo – suggeriva, deprecava, ammirava. Sul libro tornerò, intanto due cose sulla “generazione scomparsa”, persone ambiziose, arroganti, capaci di rischiare fino all’azzardo – sul piatto la loro stessa vita.Era, quello, il tempo della forza e della ferocia. Non della ferocia del web, odiatori inesistenti scatenati dall’algoritmo: no, non questa tempesta di fumo. Era un tempo in cui se volevi sopravvivere dovevi imparare a difenderti nel corpo a corpo oppure andartene, uscire dal campo di gioco, fare il portiere di notte, coltivare corbezzoli. Altrimenti, giocavi. Vivevo in una città di mare, Albertino Fantini era il nostro maestro di vela e un giorno lo vedemmo in tv in testa d’albero sul Moro di Venezia, i campioni di quel gioco erano così: rischiavano ridendo.La disciplina per allenare il muscolo del coraggio prevedeva (anche) umiliazioni, pianti, solitudine. Nessuno raccoglieva firme se a ginnastica ridevano di te, dovevi capire tu come fare perché smettessero di ridere. Bisognava cavarsela da soli, o imparare a fregarsene. Al tempo della ferocia si è poi sostituito il tempo della condiscendenza: bisogna continuamente stare attenti a non offendere nessuno, a non turbare le identità ma le identità, avevo imparato, si costruiscono nella relazione e si rafforzano nello scontro. Non “in bolla”, dove suscettibili infragiliscono, ma “in campo”: dove anche tu stesso, di te, capisci chi sei, cosa puoi, cosa vuoi.