maranatha!

9 marzo 2022, 3


Mio padre finito in mezzo alla guerra
Alberto e Lidia in una foto di qualche tempo fa, quando la guerra era lontanaMauro Mezzaroma, Cervignano del Friuli, allenatore e presidente del Rugby Club MonfalconeQualche anno fa mio padre Alberto, che ha da poco compiuto 78 anni, si è sposato con Lidia, una donna ucraina che ha conosciuto in Italia. Poi si sono trasferiti in Ucraina, dopo aver comprato una bella casetta nei pressi di Boryspil (a due passi dall'aeroporto Internazionale di Kiev). Lui e Lidia adesso fanno i nonni, Lidia ha due figlie e 3 bellissime nipotine, e stavano vivendo una vita tranquilla, poi è arrivata la guerra. Da loro (per ora?) non ci sono stati combattimenti o bombardamenti ma sanno che le truppe russe non sono distanti, stanno vivendo nell'incertezza di quello che potrebbe succedere da un momento all'altro, ogni tanto avvertono esplosioni in lontananza, l'altro giorno gli sono passati alcuni missili sopra la testa che poi sono andati a centrare obiettivi fortunatamente lontani.C'è il coprifuoco, la sera devono rispettare l'oscuramento e ogni tanto si sente l'angosciante ululato delle sirene che avverte i cittadini di trovare un riparo. In casa adesso sono in otto, hanno deciso di stare tutti vicini in questi momenti drammatici. Erano in nove prima che il marito di una delle due figlie di Lidia fosse richiamato (fortunatamente nella protezione civile, non deve andare a combattere), con loro c'è anche la mamma di Lidia. Quando suona l'allarme scendono in un pozzo largo appena un paio di metri, scavato in giardino. Hanno cercato di attrezzarlo al meglio ma è tutt'altro che comodo, difficile rimanerci più di un paio d'ore. Ci sentiamo tutti i giorni, devo dire che mio padre dimostra una grande tranquillità, forse anche eccessiva, ma preferisco che sia così piuttosto che saperlo spaventato.Mio padre è nato a Roma, nel quartiere di San Lorenzo Fuori le Mura, pochi mesi dopo il famigerato bombardamento. Si può tranquillamente dire che per lui le lancette della storia hanno fatto un balzo indietro di quasi 80 anni, ma in realtà l'hanno fatto anche per tutti noi, visto che siamo coinvolti emotivamente in una situazione che avevamo conosciuto solo attraverso i racconti dei nostri nonni. L'altra sera ho chiamato mio padre e l'ho visto immerso nell'oscurità di una casa che stavano lasciando per andarsi a chiudere nel pozzo, avevano dato l'allarme aereo, troppo pericoloso rimanere in superficie.La mia famiglia  dal 1991 ha cominciato ad ospitare nei mesi estivi un bambino bielorusso, i bambini poi divennero due e continuarono a venire per diversi anni. Erano due dei tanti "bambini di Chernobyl" che passavano le loro vacanze in Italia per allontanarsi dalle zone contaminate. Mio padre, che si era affezionato parecchio a questi due bambini, cominciò anche ad andarli a trovare a casa loro quando poi non poterono più venire in Italia, anche quando ormai erano diventati grandi. In realtà andava a trovarli anche perché si trovava benissimo con le loro famiglie d'origine e con la gente del posto, un piccolo villaggio a ridosso del confine con l'Ucraina, dove vivono tutti in casupole di legno.Il paradosso è che adesso mio padre, che in Bielorussia ha trovato amici ed ha ancora degli affetti, vede minacciata la sua vita da soldati (russi) provenienti da questa nazione e che potrebbe supportare ulteriormente l'invasione inviando proprie truppe, se addirittura non l'ha già fatto. Mio padre ha provato più volte a mettersi in contatto con l'ambasciata italiana in Ucraina e con l'Unità di Crisi del ministero degli Esteri: impossibile parlare con qualcuno, praticamente si rimane in attesa fino a quando la linea non cade. Capisco l'emergenza, che quei numeri saranno chiamati da migliaia di persone, ma a cosa serve un'Unità di Crisi se quando c'è una crisi diventa difficilissimo entrarvi in contatto?Ora con mio padre mi sento tutti i giorni, ogni volta che lo saluto dopo una videochiamata spero che non sia l'ultima volta che posso sentirlo e vederlo, il mio papà, che è finito in mezzo ad una guerra.