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14 marzo 2022, 6


Il peso delle sillabeDiMichela Conte-14 Marzo 2022
davAprire una finestra per accorgersi del mondo fuoriLa croce e la delizia delle persone sensibili è quella di cogliere tutta la minuteria del mondo: dettagli in grado di stravolgere ordini, silenzi perfettamente all’altezza della comunicazione, prefissi più potenti di interi discorsi. Sicuramente non è solo questione di sensibilità: la lingua è di per sé potente. Ma è pur vero che occorre sensibilità per accorgersi della potenza delle cose e delle parole.L’altro giorno, affacciandomi al balcone, il solito balcone di ogni giorno, sono stata colpita da un’inedita macchia bianca, potente fino alla prepotenza. Era un albero in fiore, bellissimo, mozzafiato. Ha monopolizzato la mia attenzione, al punto che ho trascorso un sacco di tempo a guardarlo e a parlarci. Si, mi deve delle spiegazioni questo ex-fusto solitario, anonimo, tremolante, nudo e raggelato dall’inverno: «Ma tu quando sei fiorito? Quand’è che è successo questo miracolo? Io dov’ero mentre si compiva questa bellezza?». Ero distratta, mi sono risposta un attimo dopo. Ed è lì che ho capito che (oltre a dovere io delle spiegazioni a lui…!) certe sillabe sono potenti quanto una fioritura improvvisa.Ho scoperto, allora, che nella nostra lingua dis- è il prefisso della contrarietà, della difficoltà, della dubbiezza, capace di annullare il significato buono delle parole a cui si unisce e di rinforzarne il cattivo. Come fanno anche in- e la semplice s-. Accade, così, che una, due o tre lettere stravolgano intere parole: dis-tratto, dis-tonico, dis-topico, dis-turbo, dis-agio, dis-onore, in-adatto, in-efficace, in-etto, in-sano, in-sicuro, s-coordinato, s-tonato, s-fiorito, s-tranito. E chi più ne ha più ne metta.Il punto è questo: per certe cose basta poco, mezzo chilo di sole fuori stagione per fiorire all’improvviso e cento grammi di dis-trazioni per dis-connettersi con i miracoli di una primavera in anticipo, per s-cambiare cose da niente con cose importanti. Mentre fuori dalla finestra un albero risorgeva dall’inverno, io mi dis-perdevo nella fatica immane e inutile di analizzare fenomeni semplicemente incomprensibili: l’in-disponibilità nel trovare chi ascolta le tue emozioni senza ritornelli del tipo «non avere paura, non piangere, non fissarti, non affliggerti, non…non… non…!»; l’ambiguità di certe relazioni; l’assenza di piccoli, grandi gesti; la banalità della festa della donna; la maleducazione di un vicino chiassoso dalle 6,00 alle 23,00. Dis-turbi, dis-trazioni piccole e potenti come un prefisso, abili a s-travolgere la serenità, dis-togliere l’attenzione e dis-attendere il dovere dello stupore. Quello che ti aiuta a fiorire nella misura in cui ti insegna a cogliere il lento sbocciare dell’albero fuori casa.Già, s-bocciare, cioè fuoriuscire dai boccioli, dai bozzoli delle comfort-zone, rompere gli equilibri stantii. Basta poco: il suono quasi impercettibile di poche lettere e il semplice atto di aprire una finestra per accorgersi del mondo fuori, per far entrare aria buona nel quotidiano. E anche se questo inverno sembra infinito, perché si è messa pure una guerra a rendere tutto più difficile, occorre rimanere fedeli alla primavera e concentrati nella scelta di sillabe, parole, persone, cause. Perché per fiorire e per ferire, per stupire e per in-stupidire, per attrarsi e per dis-trarsi, per travolgere e per s-travolgere, insomma per perdersi i miracoli e dis-perdersi nell’in-utile basta sempre poco, troppo poco.