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17 marzo 2022, 6


"La rigenerazione" di Italo Svevo: un capolavoro incompresoDiClaudio Rocco -17 Marzo 2022Appello a Moni Ovadia perché lo metta in scenaStrana sorte quella del teatro di Italo Svevo. La sua importanza non soltanto per la comprensione del complesso dell'opera sveviana ma quale momento tra i più significativi del teatro italiano degli ultimi duecento anni, non è in discussione, ma il mainstream della critica continua a collocarlo nel movimento del realismo borghese e ne fa occasione di esperienze di messinscena in chiave ironica e grottesca come la meritoria rappresentazione di tutte le commedie sveviane da parte del Teatro Stabile di Trieste. Il risultato è che il teatro di Svevo continua a essere guardato come una variante del dramma borghese, e chiuso come tale nel suo contesto storico.È un teatro di piccoli fatti ma nel senso che in essi Svevo studia e rappresenta il compiersi di un avvenimento epocale: il trasferimento della legge morale della vita nelle norme pratiche che regolano l'esistenza quotidiana, e la sua sostituzione con queste nella società secolarizzata. La trasformazione dei conflitti tragici in argomento di commedia, ha chiarito Lukacs1, ha luogo perché "la necessità tragica dell'agire viene socialmente e storicamente a cadere".Nelle commedie i personaggi hanno raggiunto o perseguono l'assimilazione sociale: condizione nella quale gli elementi propriamente ebraici della cultura sveviana sono effusi nell'ambiente e lo connotano scrivendo la frase di base di questo teatro, cifrata e occultata nel criptoebraismo di Italo Svevo, nell'esperienza ebraica dell'assimilazione. In uno studio complessivo, pubblicato ormai qualche decennio fa per l'Università di Urbino1 indicavo una linea interpretativa che ancora mi appare utile a cogliere l'unità dell'esperienza teatrale sveviana e la sua matrice profonda che si svolge attraverso tredici commedie. Il macrotesto del teatro sveviano è costituito dal racconto delle vicende familiari della borghesia triestina fra Ottocento e Novecento. In esse l'autore rintraccia quell'assenza di qualità che però fonda l'esistenza comune garantendo una appartenenza e un riconoscimento. Ed è questo il punto in cui il contesto storico incrocia lo spazio simbolico della identità ebraica di Svevo, facendo del suo teatro un'esperienza creativa che valica il tempo.Giovanni Chierici, protagonista della "Rigenerazione", è uno dei grandi vecchioni di Svevo, a capo di una famiglia allargata, ha garantito stabilità e benessere economico alla famiglia dedicando la vita al lavoro, come dire alla lotta, e ora si gode la vittoria? Nemmeno per sogno. Egli è in preda a un sordo malcontento - una forma di nevrosi - scoprendosi bonariamente escluso dalla lotta, ora che è vecchio, relegato dai familiari in una posizione amorevole e onorevole di testimonianza che per lui equivale alla morte. Si ribella e dà inizio a un tormentoso bilancio della sua esistenza. Scopre di essere passato di rinuncia in rinuncia, di aver sposato la donna che le circostanze del processo di assimilazione nella società, cui si è sottoposto, gli hanno consigliato di sposare, e non l'amore di gioventù che ora gli torna prepotentemente davanti nelle fattezze della giovane e avvenente cameriera - il cui nome, Rita, favorisce nella mente del vecchione lo scambio con Margherita, il primo amore - che proprio la moglie gli ha messo accanto producendo in lui anche la ferita dell'orgoglio, perché Anna, la moglie, così facendo sembra non credere alla sua virilità. Il sentimento di inadeguatezza prorompe nella coscienza di Giovanni mentre si svolge anche la vicenda di Enrico amico di Valentino il defunto marito di Emma, figlia di Giovanni. Valentino è morto giovane, prima del tempo, è morto perché non era fatto per la lotta, e la morte ha soltanto certificato la sua inadeguatezza a vivere. Ora il suo amico Enrico, che aveva assistito in silenzio alla felicità di Valentino e di Emma, vorrebbe sposare la donna finalmente libera. Anche Enrico ha bisogno di stabilizzare la sua posizione nel mondo e il matrimonio è il passaggio fondamentale per ottenere il riconoscimento sociale e la cura della nevrosi. Gli stanno davanti però due compiti decisivi per poter coronare il suo sogno di assimilazione: convincersi della moralità della sua pretesa e farsi accettare dalla famiglia Chierici, soprattutto da Giovanni cui non è simpatico perché gli ricorda la stagione della lotta da cui il vecchione è ormai lontano. Riesce nel primo compito convincendosi che l'amicizia che lo ha stretto a Valentino quando questi era in vita, ora che è morto addirittura richiede una sorta di cannibalismo: che egli cioè faccia proprio ciò che era dell'amico, quasi potesse farlo rivivere dentro se stesso, appropriandosi anche della intimità dell'amico e facendo sua Emma. Il secondo compito è bene avviato grazie alla mediazione della moglie di Giovanni che gli suggerisce il comportamento da tenere con il vecchione e con la figlia. Quanto a Giovanni egli è sempre più convinto della propria forza e vuol fare l'operazione di ringiovanimento: non per se stesso ma perché tutti gli altri si rendano conto, come lui, che egli è un vecchio-giovane e che gli spetta in quanto tale una posizione diversa nel mondo, una posizione che consenta di lottare e di desiderare, accogliendo anche il desiderio erotico senza dover provare la fastidiosa sensazione di essere immorale. L'operazione viene eseguita ma nessuno sembra credere al ringiovanimento di Giovanni che però ha acquisito grazie ad essa la consapevolezza di essere tornato nella posizione giusta e che paziente può attendere che si convincano tutti a operarsi in modo che si possa finalmente vivere in una società di uguali.Gli avvenimenti della "Rigenerazione" - l'operazione, ma non solo - non hanno effettiva e compiuta realizzazione. È il passato, infatti, il tempo in cui si sviluppa, e si ritrova, il loro significato. La schopenhaueriana volontà originaria che determina il destino individuale, di cui il soggetto non ha coscienza, nei personaggi del teatro sveviano produce l'impossibilità di dare senso alla vita se non rivivendola. L'accadere è relativizzato dall'inazione che corrisponde da un lato alla mancanza di princìpi di mutamento nelle condizioni presenti e dall'altro al farsi evento del tempo interiore. L'intersoggettività tende infatti a lasciare il posto all'interiorità soggettiva. L'azione non è nella responsabilità dei personaggi ma nell'oscura concatenazione dei fatti che accadono a loro insaputa. È, sempre, ripetizione in forma di ripresentazione del passato e non scaturisce da uno sviluppo dei rapporti. Essa manifesta una predestinazione responsabile del cortocircuito esistenziale dei personaggi sveviani. Il loro tempo si è cristallizzato in un passato che ha condizionato il futuro e viene mobilitato dalla legge della ripetizione. Nelle commedie il ricorso frequente alla diegesi, all'investimento sulla finalità comunicativa del dialogo piuttosto che sulla finalità performativa, vale la perdita di assolutezza del presente drammatico, corrisponde alla sua tematizzazione. Il tempo delle commedie di Svevo è quello anteriore di un irrisolto contrasto tra i padri semi-assimilati e i figli preclusi alle regole del vivere borghese. Il passato si ripresenta in modo che si possa far luce sulle condizioni della vita dettate dal presente che perde il suo valore assoluto che sono insufficienti a restituire persino quei temi economici nei quali a volte ci si ostina a vedere la fondamentale oggettivazione problematica del teatro sveviano.Nella "Rigenerazione" Svevo fa reagire i materiali che trae dalla darwiniana lotta per la vita, dal tema della schopenhaueriana volontà originaria che determina la predestinazione di ogni esistenza individuale, e dalla psicoanalisi, con la propria, irrinunciabile, identitaria cultura ebraica. Mi appello a Moni Ovadia, che così bene rappresenta nel suo teatro la vita e l'identità profonda ebraica, perché "La rigenerazione" è un capolavoro che attende ancora di essere riconosciuto e portato sulla scena come una delle massime espressioni del teatro moderno.