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8 giugno 2022, 5

Post n°3220 pubblicato il 08 Giugno 2022 da donmichelangelotondo

I TORMENTI DELLA CORONA
Di
Vincenzo Pastore -
8 Giugno 2022
Un party che rischia di essere indigesto

Era il 6 febbraio 1952 quando Elisabetta II, all'età di 26 anni, saliva sul trono della più importante monarchia del mondo, succedendo al padre, Re Giorgio VI, morto all'età di 56 anni. Da allora, la Regina ha inanellato record su record, tra i quali quello della maggior durata del regno, che apparteneva alla regina Vittoria. Un regno, quello di Elisabetta, fatto di tanti viaggi internazionali nel suo Commonwealth e non solo, di grandi eventi, gioiosi e drammatici. Ha saputo fare dell'ironia uno strumento per farsi amare dai suoi sudditi, come di recente è accaduto in video che l'ha immortalata, mai termine è stato più adatto, con uno dei simboli britannici più conosciuti, l'orsetto Paddington, o come quando l'agente Bond, interpretato da Daniel Craig, l'ha scortata, in maniera spericolata, per l'inaugurazione dei Giochi Olimpici.

Elisabetta è il simbolo dell'unità nazionale, uscita più forte dopo il successo del referendum sulla Brexit del giugno del 2016, uno shock che forse ora inizia rivelare gli scricchiolii più profondi, a cominciare proprio dall'unità delle nazioni che formano l'UK.

Non basterebbe Bond a risolvere tali grattacapi e l'impacciato Paddington non avrebbe molto da offrire, se non della marmellata e del pane.

Già allora si era avvertito qualcosa: in occasione del referendum, in Scozia la maggioranza degli elettori aveva votato per rimanere nell'Unione Europea, ben il 62 %, reclamando, come vedremo, pretese secolari di indipendenza mai sopite; nell'Ulster il 55,78 % aveva ribadito la volontà to remain in quella che viene superficialmente chiamata Europa, e ancora non si sottovaluti l'esito del voto della Grande Londra con una percentuale del 59,93 %. Campanelli d'allarme vibranti e stridenti che annunciavano già molto altro.

La Scozia resta ancora un paese oscillante tra il restare nel Regno Unito o affidarsi all'UE, che in tal caso comporterebbe la necessità di separarsi da Londra. D'altra parte, il referendum del 2014 sull'indipendenza, con il 55% dei votanti favorevoli al "no", è stato ribaltato dall'esito politico del 2016, che ha dato la consapevolezza di liberarsi dei Windsor, confermando poi il risultato nell'elezioni del 2019 con la vittoria degli indipendentisti, ribadita dal voto del 2021. La premier Nicola Sturgeon, la prima ministra, una William Wallace dei nostri giorni, ha promesso entro il 2023 un nuovo referendum per l'indipendenza.

E Buckingham Palace già inizia a tremare.

Non è tutto: ultimamente in Irlanda del Nord sta crescendo il sogno di una riunificazione di tutta l'isola, paventata dal Sinn Féin, il partito indipendentista irlandese. Già nel post Brexit, un protocollo su Irlanda e Irlanda del Nord recitava così :"[soluzione] concordata consente all'Irlanda del Nord di rimanere nel territorio doganale del Regno Unito e, al tempo stesso, di beneficiare del mercato unico. [è] un sistema praticabile, costruito per durare". Tale protocollo è stato messo in discussione da Boris Johnson, che ha rischiato il posto in un voto di sfiducia e che si trova dinanzi al rischio di un conflitto commerciale con l'UE. I fischi a St. Paul gli avevano fatto capire già qualcosa.

Dopo la vittoria del partito indipendentista, è cresciuta la consapevolezza di poter riunificare tutta l'isola, a completamento dell'indipendenza avviata dall'Eire cento anni prima.

Un vento impetuoso continentale, chiamato Unione Europea, rischia di spingere queste due nazioni verso l'indipendenza. E la Regina dovrebbe preoccuparsi un tantino, come simbolo dell'unità nazionale. L'Union Jack si sbiadirebbe dell'azzurro della Scozia e perderebbe la Croce di Sant'Andrea dell'Irlanda del Nord. Giusto festeggiare, settant'anni di regno non sono da tutti, ma il dessert avrà avuto un sapore amaro e un digestivo non basterebbe a chetare i malumori. In Scozia la popolarità della casa reale è scesa al di sotto del 50% e un rinvigorito sentimento nazionalista potrebbe far cadere la corona dalla testa della pluridecorata regina. Sembra che l'Europa si stia vendicando, in certo senso, dello sgarbo del 23 giugno 2016, quando fu decretata l'uscita da Bruxelles. Dietro ci sono le manovre europee che sperano ancora di tener piede oltre, molto oltre le bianche scogliere di Dover, su nelle Highlands e nell'isola di San Patrizio.

Giusto festeggiare, ma il party è stato per pochi, per coloro che ancora credono in Your Majesty e nel suo ruolo.

Gli altri hanno preferito restarne fuori.

Grande è l'eredità che Elisabetta lascia a coloro che regneranno dopo di lei, più grande il debito: il rischio di vedere dopo secoli l' unità della Gran Bretagna.

Più che la Regina, Dio salvi la monarchia.

 

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