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25 giugno 2022, 6

Post n°3306 pubblicato il 25 Giugno 2022 da donmichelangelotondo

Barletta. "Gli occhi innocenti dei bambini, increduli per un mondo in macerie"
Di
Domenico Dalba -
25 Giugno 2022
Uno struggente dipinto contro la guerra

È notte, fonda. Blu di Prussia, il cielo. Remoti, i puntini evanescenti, baluginanti. Apparentemente vicini, lontanissimi, anni luce. Innumerevoli. In uno spazio infinito. La luna, pallida nel suo chiarore diafano, incede lentamente, volgendo il dorso a ponente. Il silenzio della notte domina sovrano.

A letto, nella sua stanza, in colloquio con sé stesso. "Nel buio due occhi lo fissano, lo scrutano, lo interrogano. Sono gli occhi della sua coscienza", direbbe Antonio de Curtis, in arte "Totò". Ripercorre serenamente i momenti salienti della giornata, si organizza con la mente e il cuore per l'indomani. Visione panoramica e cura di ogni minimo dettaglio, attenzione alle luci ed alle ombre, alle sfumature, ai riflessi nell'arte e... nella vita, con la tensione costante nell'essere sé stesso. Libero. Creatore di una nuova realtà.

Faticoso l'impegno nel suo laboratorio artistico, nei pressi della Cattedrale, di fronte alla ripida scalinata della Chiesa di Sant'Andrea. Vissuto, però, con la levità di una libellula, con gioia ed entusiasmo. La vita diventa un'avventura. Vibrante! Per sé e gli altri. Affascinante.

Un lungo tavolo, in un locale antico, pennelli, spatole, colori di ogni tipo, stucco plastico, tovaglioli, cavalletti, tele bianche, dipinti, tanti, alle pareti. Libri di pittura ed artisti, del mondo classico, del Rinascimento, dell'Impressionismo, dell'oggi. Taralli, arance, albicocche, ciliegie, immancabili per gli ospiti. Valore aggiunto, tanto calore umano.

Puntati su di lui, gli occhi di chi vuole imparare. Rapiti, con le orecchie tese, la bocca socchiusa, quando, intingendo il pennello, propone ritocchi. Se il messaggio non arriva, se l'allievo non sorride di compiacimento, lui, che conosce il linguaggio del corpo, riparte con maggiore ardore. Riposizionando gli occhiali, penduli, tira dal cappello fatato altre strategie espositive fino a quando lo sguardo s'illumina. Insomma, un mostro di didattica e pedagogia.

Un foglio di carta, una tavola, una tela bianca attende sul cavalletto. I colori, le forme, i volumi pian piano prendono corpo, diventando volti solari o angosciati, alberi e arbusti rigogliosi o rachitici, mari agitati o sereni, cieli sfolgoranti o languidi, paesaggi mozzafiato, giraffe, cavalli, cani, ricchi di umanità. Espressivi, armonici. Una meraviglia! Gli autori guardano con incredulità i loro dipinti. Non avrebbero mai immaginato di avere talenti artistici. Tutti. L'autostima, tanto vilipesa dalle agenzie educative e dalla società del consumo, cresce.

Volano le ore con lui, col maestro, Giacomo Borraccino, in arte "Borgiac", grembiule bianco, adornato da macchie e striature di acrilici, colori a olio, acquerelli, scribacchiato. Sulla schiena, in una nuvoletta, una mano anonima annota "Ti vogliamo bene." Più in alto in dialetto, "Stai combinato male!" In basso con una grafia infantile si staglia, un cuore grande.

Ama appassionatamente la città natia, la terra degli avi, in cui vivono le persone più care. La vuole più bella, più buona, più giusta, dignitosa, più verde. Per lei, perciò, mette a disposizione il suo talento artistico di pittore.

Innumerevoli i suoi capolavori urbani che adornano la città di Giuseppe De Nittis, Geremia Di Scanno, Gian Battista Calò, Vincenzo De Stefano, Paolo Ricci, Maria Picardi Coliac. Lungo la litoranea di ponente, in prossimità del porto marittimo, rifulge, l'ultima sua creazione donata alla collettività, un dipinto che condanna la guerra con gli occhi struggenti di un bambino, un figlio dei nostri.

Alla domanda "Chi sono io?" la sua anima, sorridendo, sussurra timidamente:

"Io sono un uomo antico

che ha letto i classici

che ha raccolto l'uva nella

vigna, che ha contemplato

il sorgere o il calar del sole

sui campi.

Non so quindi cosa farmene

di un Mondo creato, con la

violenza, dalla necessità

della produzione e del consumo.

Detesto tutto di esso: la

fretta. Il frastuono, la

volgarità, l'arrivismo.

Sono un uomo che

preferisce perdere piuttosto

che vincere con modi sleali

e spietati".

"L'autoritratto di Pier Paolo Pasolini mi calza a pennello", precisa.

Pausa. Poi, dalla profondità del suo essere, dai meandri del suo cuore, straziato, la vocina riprende a profferire. "La guerra! Surrettiziamente, subdolamente i mass media la raccontano come se fosse solo una, quella a due passi da noi, tra Russia e Ucraina. Come se fossimo ciechi, come se avessimo svenduto cuore e cervello all'ammasso! Ce ne sono, invece, 160 in tutto il mondo. Incalcolabile, quindi, il numero delle persone che piangono e muoiono ogni giorno! Dei manufatti distrutti! Delle ferite inferte ala Terra!

Pablo Picasso detestava visceralmente la guerra. Nel 1937 dipinse Guernica, un quadro che esprime orrore. Un dipinto politico. La pittura, ogni forma artistica, è anche politica, quella che sente palpitare i cuori di tutti gli esseri viventi e di quelli considerati abiotici. Quella che, convibrando, lambisce vette ardite. Non può, non deve rinchiudersi in una torre eburnea. L'etica le impone di coinvolgersi nella realtà, nella quotidianità, mirando al bene comune.

Anch'io, pittore, esco allo scoperto, rivolgendomi all'umanità intera. Perché si interroghi! Voglio accendere un sogno in me, negli altri. Come fece il grande pittore spagnolo. Entrare in connessione con me stesso, con il territorio in un rapporto di confronto, di amore per il recupero del senso della comunità, che si fonda sul valore della solidarietà.

Un gesto di liberalità, il mio. Puro. Costruttivo, creativo. Come quello di una mamma verso la creatura che amorevolmente porta in grembo per nove mesi, di un neonato nei confronti della persona che si prende cura di lui, allattandolo, accudendolo, lavandolo, nutrendolo, accarezzandolo, abbracciandolo, baciandolo, cullandolo, sorridendogli. Questo è lo spirito del mio dipinto, realizzato su un pannello fatto di cascami di trucioli incollati. Nessuno deve strumentalizzato!

L'arte, quella pittorica, essenza della mia vita, non ha il cuore di pietra, non rimane indifferente davanti agli scempi, alle efferatezze ordite e perpetrate da uomini e donne contro i loro simili, verso tutti gli esseri che zampettano, respirano, strisciano, volano, nuotano, verso tutte le forme di esistenza e bellezza.

Io mi schiero. La pittura, compagna della mia vita, espressione della bellezza e sua interprete, non resta indifferente, parteggia. Fa una scelta di campo, non privilegia, però, etnie, professioni, età, colori della pelle, lingue parlate, i costumi. Opta per la vita, per tutte le sue significative manifestazioni. Convibra con tutte le presenze del pianeta azzurro, delle galassie, dell'universo intero.

Questo è il senso vero del dipinto che guarda il mare, le sue biancheggianti onde, osserva il cielo nella fantasmagoria dei suoi colori, riflette con tutte le persone di buona volontà sulle sciagure che noi, esseri umani, infliggiamo, privatamente e socialmente, a noi stessi e agli altri.

Ho impiegato oltre un mese per capire, per studiare, per analizzare, per riflettere, per macerarmi sentimentalmente, per emozionarmi fino alle radici del mio essere, sul messaggio ideale, che come uomo, come pittore volevo esprimere, condannando la guerra, ogni conflitto.

Ho privilegiato il volto di un bambino, che indossa un copricapo ucraino. Non si identifica, però, il protagonista, con gli ucraini, rappresenta i pargoli di tutte le guerre di ieri e di oggi che insanguinano la Terra. Emblematico, il suo sguardo, la parte più espressiva dell'animo umano.

L'occhio, il suo occhio, manifesta angoscia, terrore, disappunto, disperazione e speranza. Profondo, intenso, il suo sguardo innocente su un mondo in macerie. Ha pianto, tanto, il piccino, vorrebbe, il più presto possibile, sorridere assieme ai coetanei, giocare, studiare, lavorare, amare, essere rispettato nella sua dignità di essere umano.

In alto, sulla sinistra, un cuore rattoppato. Solo l'amore di un altro cuore può lenirne le sofferenze, aiutarlo a guarire, a palpitare vividamente. ¿Non dovremmo tutti impegnarci in un processo di cambiamento, interiore ed esteriore, imparando a gestire le incomprensioni, i conflitti, in maniera pacifica, senza devastazioni e spargimento di sangue?".

 

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