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proporre buoni e belli pensieri
 

Messaggi di Aprile 2022

29 aprile 2022, 4

Post n°3026 pubblicato il 29 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

La confessione di Iosonocorallo
Di
Miky Di Corato -
29 Aprile 2022
L'insolito titolo è ispirato al primo campione del mondo ad aver risolto il cubo di Rubik in 22''95 secondo. "Minh Thai", infatti, èun brano dell'artista Iosonocorallo, il racconto di una sbornia finita male, la confessione aperta di chi vuole mettersi a nudo senza temere il giudizio degli altri

Qual è il vero nome di Iosonocorallo e da dove nasce la scelta dello pseudonimo?

Il nome è nato osservando me stesso e il mio modo di essere. E' una metafora del mio carattere in quanto mi ritengo una persona molto riservata, introversa e sempre molto concentrata a capirmi fino in fondo ma al tempo stesso la musica mi aiuta a mettermi in risalto. Mi identifico, quindi, nei coralli che, pur trovandosi nei fondali marini, si riconoscono subito grazie al loro colore e alla luce che emanano.

"Minh Thai" è il titolo del tuo nuovo brano. Perché hai deciso di dedicarlo al recordman del cubo di Rubik?

Perché ognuno di noi ha avuto, almeno una volta nella vita, un cubo da risolvere. Oggi noto sempre di più questa sensazione di timore di sbagliare. E' come se ci fosse sempre qualcuno lì pronto a vedere cosa fai, cosa dici e come lo dici per poi giudicarti e questo comporta delle forti limitazioni. Dovremmo sentirci un po' più liberi di sbagliare per poter imparare qualcosa dagli errori.

Semmai ne avesse, i benefici di un hangover giustificherebbero gli effetti negativi di una sbronza?

Al momento, un hangover non mi ha mai portato benefici!

In vino veritas, progetti futuri?

Prossimamente usciranno altri singoli e poi, sicuramente, tornare con la musica dal vivo.

 

 
 
 

29 aprile 2022, 3

Post n°3025 pubblicato il 29 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Un libro
Di
Myriam Acca Massarelli -
29 Aprile 2022
«Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade verranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo la incredibile virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, incredibile universo che ci fissa in volto»
(G. K. Chesterton)

Il libro di Dio ha una caratteristica che lo distingue dagli altri: se lo lasci aperto davanti alla tastiera del tuo computer e torni nella stanza il giorno dopo, non vedi un libro, ma guardi una casa. È lì, qualsiasi atro testo avrebbe forse pensato di essere stato dimenticato, lui no: trasuda pazienza e ha l'aria di chi ammette di essere rimasto tutto il tempo ad aspettare, senza mai aver rinunciato a credere che saresti tornato.

Ci puoi tranquillamente parlare con quel libro, perché non è come quelli (anche bellissimi) che ti sorprendono, ti tagliano o ti rasserenano: il libro di Dio solo una cosa fa... risponde e non giudica. Se gli parli male, se lo interpreti a modo tuo, non si offende, ti perdona perché sei tu a non sapere quel che fai. Sei innocente e prima o poi ti illuminerai.

Va bene, è vero, forse il mio libro di Dio parla un poco di più, se si può: è pieno di post-it, zeppo di linee colorate e appunti presi a matita, ma tutto questo non è che il segno di tutte le conversazioni che ci siamo fatti negli anni.

Noto che spesso abbiamo anche cambiato lingua, parlato in greco, a volte siamo scivolati nel latino. L'italiano è stato davvero una cosa rara, forse uno sfondo che correva sempre in aiuto, perché le cose più belle ce le siamo dette in ebraico; forse era quello il modo migliore che il libro di Dio aveva per farsi capire: versione originale.

Shemà, Israel... il libro chiama. E tu lo senti, piano piano sempre più chiaro. Fino a che non ti scopri ad ascoltarlo. Ed è quello l'esatto momento in cui devi essere pronto, perché il libro di Dio non lo ha mai nascosto: ascoltami, in qualche modo dice, ma attento, perché ti accorgerai che finalmente hai trovato il modo giusto da una cosa, perseguiteranno te, come hanno perseguitato me.

Alcune persone, dicono, hanno imparato ad ascoltare l'Universo e avvertono, quando ne parlano, di fare attenzione, poiché quanto stanno per dire stride terribilmente con tutto quanto conosciamo. Bene, io mi metto sempre in posizione di ascolto quando si tratta di qualcosa che va oltre la mia conoscenza, e in quei casi ho scoperto che certi discorsi non sbagliano un colpo, non uno, salvo che per un verso, che non è un errore, ma solo una sfumatura.

L'Universo, che è ovunque, è anche nel mio libro. Creazione Sua? Queste sono altre storie e non era di loro che stavo parlando.

In verità, in verità vi dico, non stavo parlando assolutamente di niente.

Amen.

 

 
 
 

29 aprile 2022, 2

Post n°3024 pubblicato il 29 Aprile 2022 da donmichelangelotondo


Doppio cognome e tempo libero

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Una rivoluzioanria sentenza della Corte Costituzionale definisce lesiva la presenza del cognome di un solo genitore sugli atti di nascita

Una rivoluzioanria sentenza della Corte Costituzionale definisce "lesiva" la presenza del cognome di un solo genitore sugli atti di nascita

Dev'essere che non c'è lavoro, il volontariato è in crisi e le passioni personali si sono estinte insieme alle mezze stagioni giacché da due giorni - leggo - è in corso una gara a occupare il tempo libero: tutti a chiedersi come si farà a gestire la novità del doppio cognome, se i figli ne avranno quattro e i nipoti otto, e allora quante righe ci vorranno sui documenti, pensa che memoria ci vuole quando uno si presenta per non parlare delle cifre ricamate sui corredi, ammesso che esistano ancora i corredi, facciamo le camicie.

Porto qui il modesto contributo della cultura ispanica, dove l'uso del cognome materno è legge e prassi. Là ci si è regolati fermandosi sempre a due. Si prende il cognome dei genitori, talvolta scegliendone l'ordine. Esempio. Se Azzurra Meloni Salvini sposa Giacinto Letta Renzi il figlio si chiamerà, poniamo, Guidobaldo Meloni Letta. Potrà anche decidere di anteporre il cognome della madre a quello del padre (Guidobaldo Letta Meloni, quindi) o di usarne solo uno come molti fanno per semplicità e scelta.

Pablo Picasso, per esempio, si chiamava Pablo Ruiz Picasso ma lo conosciamo col cognome dalla madre, donna Maria. Il padre faceva Ruiz y Blasco. I due cognomi sono difatti uniti da una "e" (Guidobaldo si chiamerebbe Letta e Meloni, o viceversa) anche - non solo, anche - per distinguere il doppio cognome dato per legge da certi titoli nobiliari, che sono già doppi o tripli in dote: Benigni Olivieri marchesi di Capo d'Acqua, per esempio. E dunque no, non c'è il rischio di sembrare tutti principi e marchesi, con questa bella civilissima sentenza della Corte. In ogni caso, quanto a lignaggio, non si corre il rischio di confondersi per una e di congiunzione: quasi mai.

 

 
 
 

29 aprile 2022

Post n°3023 pubblicato il 29 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

(Leggo)
«... nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo...Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» Mt 11, 25-30.

Tranquilli, tutto il peso lo porta Lui a noi lascia e affida solo un pezzettino. Abbiate forza e coraggio, Lui è con noi!

(Prego)
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno.

(Agisco)
Essere cristiani significa essere buoni cittadini, mi impegno a diffondere il senso del bene comune di tutti.

 

 
 
 

28 aprile 2022, 6

Post n°3022 pubblicato il 28 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Almarina
Di
Monica Fornelli -
28 Aprile 2022
di Valeria Parrella

Leggere questo libro in prima persona è un'esperienza particolare un po' per la trama, un po' per l'ambientazione e un po' per i risvolti inattesi.

Si racconta di Nisida che è un carcere sull'acqua, ed è il luogo ove Elisabetta Maiorano insegna matematica a un gruppo di giovani detenuti. Ha cinquant'anni, vive sola e ogni giorno una guardia le apre il cancello chiudendo Napoli alle spalle: in quella piccola aula senza sbarre lei prova a imbastire il futuro. Ma in classe un giorno arriva Almarina, una ragazza rumena dal passato non facile e allora la luce cambia e illumina un nuovo orizzonte.

La storia si dipana quasi come un flusso di coscienza della protagonista in cui si nascondono verità che ognuno di noi nel proprio intimo, nella profondità del proprio cuore ha vissuto, ha esperito, ha sentito.

Temi quali: la morte, il carcere, la solitudine, l'adozione, la professionalità nel proprio lavoro, nascondono un'umanità profonda, strettamente connessa al modo di essere che ogni individuo ingloba in sé.

Un universo di immagini in cui ognuno nel bene e nel male fa la sua parte per destino, per scelta, ma in questo libro tutti sono mostrati con dignità e senza giudizio perché non è mai troppo tardi per donare la dolcezza di uno sguardo, la promessa di un futuro migliore, il tepore accogliente di una famiglia.

Un racconto di speranza per chi vive accecato dal buio...

Finalista al Premio Strega.

 

 
 
 

28 aprile 2022, 5

Post n°3021 pubblicato il 28 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Per una filosofia del gesto
Di
Mario Castellana -
28 Aprile 2022
A proposito del saggio di Giovanni Maddalena, Filosofia del gesto. Un nuovo uso per pratiche antiche (Roma. Carocci 2021)

Pur avendo il pensiero filosofico una lunga e tortuosa storia come ogni sano percorso di ricerca sul reale per scovarne le ‘infinite ragioni', come le chiamava Leonardo Da Vinci, a volte non ha dato sufficiente attenzione critica ad alcune componenti essenziali che hanno accompagnato sin dai suoi albori la stessa storia dell'umanità, come ad esempio quel costante fenomeno della violenza ed il gesto, movimento del nostro corpo per comunicare; mentre si sono sviluppate in modo organico le filosofie dell'arte, della scienza, della tecnica, del diritto, del linguaggio, della religione e della politica, tali aspetti sono stati affrontati in parte all'interno di settori specifici come la storia, la psicologia e l'antropologia che, pur avendo dato dei contributi non secondari alla loro comprensione, non sono approdate ad una trattazione di tipo più teoretico. Tale operazione si rivela più che mai necessaria sia per coglierli nel loro pieno spessore storico-concettuale e sia per meglio metabolizzarli con più coscienza socio-epistemica sul piano esistenziale per il semplice fatto che appartengono alla nostra storia individuale e collettiva; prenderli in carico, inoltre, serve anche a ricordarci, sulla scia di Edgar Morin, che non siamo solo homo sapiens, ma spesso homo demens, le cui derive stanno assumendo connotazioni planetarie sino a investire più che mai, rispetto al passato, quelle che Michel Serres ha chiamato ‘totalità viventi' come il clima, l'ambiente, la terra che dipenderanno in maniera irreversibile dalle nostre scelte.

In questi ultimi anni ci vengono in aiuto da più parti degli itinerari di ricerca che stanno inserendo questi reali quotidiani in una precisa riflessione organica a largo raggio, come la filosofia della violenza da parte di Lorenzo Magnani, Filosofia della violenza (Milano-Udine, Mimesis 2021) e la filosofia del gesto, percorso a sua volta portato avanti da Giovanni Maddalena in Filosofia del gesto. Un nuovo uso per pratiche antiche (Roma. Carocci 2021), a partire dall'ovvia domanda su cosa essi siano effettivamente e su quali ragioni trovino il loro modo d'essere. Come molte ricerche sulla violenza rientrano nelle discipline storico-sociali, così gli studi sui gesti delle mani o del corpo hanno dato origine al quel vasto capitolo che va sotto il nome di gesture studies con l'investire l'antropologia, la psicologia, la sociologia, l'etologia, la neurologia, la linguistica e la robotica col portare nel 2002 alla fondazione dell'International Society for Gesture Studies (ISGS) con la rivista interdisciplinare Gesture; ma come denuncia Maddalena e autore di precedenti lavori sul pragmatismo, questa dimensione dell'umano non ha ricevuto una trattazione filosofica adeguata alla sua complessità pur avendo una lunga storia, col far parte in modo costitutivo della nostra vita per il ruolo del gesto nelle varie forme di comunicazione e nell'interazione sociale.

L'ottica filosofica per la sua vocazione sintetica che è le propria, pur facendo tesoro dei risultati ottenuti nelle singole discipline che in maniera più analitica ne colgono alcuni aspetti, permette di cogliere più in profondità quella che viene chiamata "l'antica pratica dei gesti" e nello stesso tempo porta a intravvederne lo "spettro di azioni molto più ampio che include anche i riti, le performance artistiche, la comprensione diagrammatica della matematica e gli esperimenti scientifici". Ma per capirne il ruolo, bisogna liberarsi da alcuni ostacoli epistemologici, a dirla con Gaston Bachelard, costituiti da una parte dal vedere l'atto conoscitivo come un puro fatto concettuale e da "antiche dicotomie , come quelle tra mente e corpo" incuranti di altri aspetti della conoscenza e dall'altra parte dall'idea che solo "il corpo, l'esistenza, la materia, la carne, il temperamento" senza il necessario sforzo critico razionale possano costituire la base dell'impresa cognitiva. A tutto ciò si è aggiunto, a partire da fine Ottocento, un "ulteriore dualismo quello fra conoscenza e comunicazione " processo che avviene "quando la conoscenza è compiuta" sino a cadere nell'idea che "la comunicazione è la realtà"; contro questi dualismi ritenuti insoddisfacenti è necessario per Maddalena "trovare una via nuova, davvero unitaria" con l'andare oltre "il ragionamento concettuale analitico" per abbracciare quello "sintetico", ritenuto "processo originale" più in grado di far dialogare il corpo, la pratica, l'azione e la comunicazione "all'interno della conoscenza e per la conoscenza".

Con questa prospettiva decisamente non analitica e che trova una delle sue ragioni nel "modo di ragionare naturale e dinamico", ci si pone l'obiettivo teoretico di creare le condizioni per una "nuova concezione della sintesi" dove lo strumento primario è costituito dall'azione significativa del gesto' nel senso etimologico del termine latino gero, che sta ad indicare il portare, il sostenere; in tal modo si recupera per Maddalena "l'unità tra comunicazione e pensiero, tra mente e corpo, tra teoria e pratica, contemplazione e azione", idea di fondo che sta a monte della Filosofia del gesto. Tale opera, grazie alla metabolizzazione epistemica di alcuni risultati di punta raggiunti in campo matematico e filosofico, si può considerare come un manifesto di una visione unitaria della conoscenza dove il gesto e l'azione sono il modo con cui ragioniamo creativamente e sinteticamente, dove non c'è separazione tra teoria e pratica, tra aspetto spirituale e materiale che procedono insieme. Da un'analisi, pertanto, di un reale quotidiano che ci appartiene in ogni momento della nostra vita, si ricavano le basi per un "nuovo paradigma del ragionamento" e degli "strumenti per la conoscenza sintetica", in quanto nei comuni gesti ed azioni (sollevare un peso, avvicinarci a qualcosa, il toccare, il mangiare, ecc.) è implicito il fatto che sono "portatrici di una conoscenza", come lo sono il "teatro, il cinema, la danza, i riti, pubblici e privati, gli esperimenti scientifici"

Così tale breve ma intenso volume passa in rassegna le varie forme di gesto dai gestacci per offendere qualcuno alle imprese eroiche dei condottieri medievali, dai riti della Chiesa ai diversi significati nella lingua francese dove alcuni filosofi della matematica come Jean Cavaillès prima e Gilles Châtelet dopo hanno parlato di ‘gesto matematico' e del suo carattere creativo; è presente nello stesso Michel Foucault che lo usa in Storia della follia per capire il ruolo dei sanatori, ed in Cesare Pavese che lo considera superiore alle parole prima del suicidio. Così per Maddalena, grazie anche ai suoi studi precedenti sul pragmatismo di Peirce il cui disegnare dei grafi è considerato un gesto, la storia del pensiero umano è visto come un continuo processo di acquisizione di nuove conoscenze dove giocano un ruolo primario i gesti, sinonimi di "conoscenza sintetica in virtù di una loro struttura" e portatori di un "nuovo significato" grazie al loro modo di rappresentare la realtà. Con questa nuova configurazione concettuale del gesto, si ottengono "alcune conseguenze" a partire dal fatto che vengono meno i vecchi dualismi cartesiani come mente e corpo, si ridimensiona l'impianto puramente analitico della conoscenza con i suoi processi di schematizzazione e le collaterali "conseguenze storico-sociali" che hanno portato nel ‘700 a "costituzioni tutte teoriche indifferenti alla vita reale del cittadino fino ai tremendi esperimenti di totalitarismo statale del Novecento".

Il gesto con la sua struttura sintetica per Maddalena "comporta un uso della mente in azione attraverso tutta la personalità, spirituale e materiale", fatto che permette di evitare qualsiasi tipo di estremismo, sia epistemico che sociale; così l'approfondimento di un reale quotidiano visto nelle sue diverse articolazioni si presenta ricco non solo sul piano conoscitivo nel senso che costringe ad assumere un "paradigma sintetico" col superamento della ormai vecchia "divisione razionalista tra discipline" umanistiche e scientifiche, "sempre interconnesse" e se studiate secondo l'approccio analitico "si allontanano tra di loro ma si riavvicinano quando vengono perseguite e realizzate in chiave sintetica". In tal modo la filosofia del gesto, che fa suoi alcuni risultati raggiunti dalla scuola di Fernando Zalamea nella sua ‘filosofia sintetica della matematica', permette di recuperare in pieno una visione globale della "ricchezza umana" dove "le vicende esistenziali, la cultura generale, le credenze personali" concorrono all'unisono nella "dinamica della conoscenza" facendola confluire nei processi creativi, inventivi e della stessa scoperta; nella costruzione del gesto presente in ogni angolo della vita umana dal singolo esperimento scientifico all'invenzione in matematica dove a dirla con Eulero ‘c'è più matematica nella mia matita che nella mia testa', dalla vita sociale all'universo artistico, dalla tecnologia allo stesso lavoro, si esprime in tutte le sue potenzialità il reale con le sue inevitabili rugosità, come afferma Simone Weil.

 

 

 
 
 

28 aprile 2022, 4

Post n°3020 pubblicato il 28 Aprile 2022 da donmichelangelotondo


Una valigia piena di sogni
di Riccardo Luna
Una valigia piena di sogni
28 Aprile 2022 alle 12:06
1 minuti di lettura

Una valigia non è solo una valigia, avrebbe detto un grande pittore del secolo scorso. Una valigia è quello che ti serve per partire e scoprire il mondo. Un contenitore di oggetti necessari, ma anche di sogni. Una valigia è tutto quello che hai, se sei fortunato, quando scappi dal tuo Paese in guerra. Come i profughi dell'Ucraina.

Michael Kogelnik nella vita vuole fare valigie. Vuole fare "la valigia più leggera del mondo", meno di un chilogrammo, e questa leggerezza, un po' come Italo Calvino, lui la collega alla felicità. E quindi la sua valigia perfetta è gialla come il sole. Ha 35 anni, è nato a Salisburgo, ma ha ascendenti italiani e appena ha potuto si è trasferito in Italia, sul lago Maggiore perchè, dice, "niente è bello come i nostri laghi". Qui ha fondato la sua startup e l'ha chiamata Bazza, perché voleva un nome fortemente italiano e lo voleva con due zeta nel mezzo; e su un sito ha trovato questa espressione bolognese "solo perché suona bene".

Per la startup aveva preso in affitto un capannone e un piccolo edificio alle porte di Novara e assunto un team, poi è scoppiata la guerra in Ucraina. Ha visto come noi in tv migliaia di persone scappare portandosi tutta la vita in un trolley e ha pensato: per un po' possono venire a stare da noi. Non tutte, ovviamente: due famiglie. In due settimane il team di Bazza ha smontato gli uffici del piano terra e li ha trasformati in un appartamento adatto a ospitare anche bambini piccoli, giochi e peluche compresi.
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All'inaugurazione c'era anche il sindaco di Oleggio, che si è prodigato per i permessi. E dalla regione di Cerkasy sono arrivate due giovani mamme e quattro bambini (i mariti sono rimasti a combattere). Presto, sperano, potranno tornare a casa; presto, spera Michael, la valigia più leggera del mondo sarà sul mercato. Ma intanto ha capito una cosa: che il materiale più importante per farla sono i sogni.

 

 
 
 

28 aprile 2022, 3

Post n°3019 pubblicato il 28 Aprile 2022 da donmichelangelotondo


Viva le Forze Armate della Resistenza

Michele ha fatto l'Accademia di Modena nel 1966

Michele ha fatto l'Accademia di Modena nel 1966

Michele Pezzetti, nato a Savona, 75 anni, colonnello in pensione, volontario del 118

Vorrei onorare in occasione della ricorrenza del 25 Aprile i militari ( di leva ed effettivi) che parteciparono alla Liberazione. Questa storia è sconosciuta ad una larga parte degli italiani. Tantissimi giovani hanno combattuto la guerra di Liberazione con addosso l'uniforme del rinato esercito italiano. L'armistizio dell'8 settembre 1943 aprì le porte dell'Italia all'invasione nazista. Due gruppi d'armata sotto il comando dei Feldmarescialli Erwin Rommel (al nord) e Albert Kesselring (al centro - sud) disarmarono e imprigionarono la gran parte delle Forze Armate italiane (solo la flotta riuscì a sfuggire alla cattura prendendo il largo ma la corazzata "Roma" fu affondata da aerei tedeschi con perdita di quasi tutto l'equipaggio).

Il Paese venne occupato e si scatenò sul suo territorio una guerra cui partecipò, oltre alle forze partigiane inquadrate in quello che sarà poi chiamato Corpo Volontari della Libertà, l'esercito italiano con proprie unità regolari che assunsero il nome di Primo Raggruppamento Motorizzato quindi Corpo Italiano di Liberazione e infine Gruppi di Combattimento.

In particolare, i Gruppi di Combattimento erano sei ed erano denominati "Piceno", "Friuli", "Cremona", "Folgore", "Mantova" e "Legnano". In totale circa 60.000 uomini equipaggiati, armati e addestrati dai britannici. A queste truppe si affiancarono le "Divisioni ausiliari" italiane non direttamente impiegate in combattimenti ma essenziali per il supporto logistico degli angloamericani.

Al termine della lunga e drammatica campagna d'Italia 1943 - 1945 si stima che più di 3.000 soldati siano caduti nella dura lotta per la liberazione (molti di questi riposano oggi nel Sacrario di Mignano Montelungo). I combattimenti di Monte Lungo, Monte Marrone e Filottrano così come la liberazione di tante città italiane, tra cui Bologna, rappresentano la misura del prezioso contributo dell'esercito italiano alla riscossa e alla liberazione dell'Italia umiliata e oppressa.

Non va mai dimenticato che questi soldati mostrano speranza nella totale disperazione dei più e coraggio nel generale scoramento dei molti, offrendo il loro sacrificio per quell'Italia libera e democratica che oggi conosciamo.

L'interesse per la partecipazione delle Forze Armate nasce anche dal fatto che ho fatto la carriera militare, frequentando ln Accademia di Modena nel 1966 e congedandomi da colonnello. Ma in Accademia nessuno ce ne parlò mai. Invece nel 1992 ero a Bologna in servizio presso una unità di elicotteristi. Ero il più alto in grado dopo il comandante. "Domenica devi andare in mia rappresentanza a una cerimonia perché mi hanno invitato e non posso andarci". Non ricordo il nome del paese, ma era stato al centro di aspri combattimenti in quanto sito proprio sulla terribile tragica linea gotica. Arrivato sul posto seppi che si commemorava un episodio della Seconda Guerra Mondiale.

La cerimonia iniziò con la deposizione di una corona in un cimitero....ma scoprii solo allora che era un cimitero militare dove erano sepolti un migliaio di ragazzi italiani tutti morti fra i 20 e i 30 anni di età. "Chi sono?", chiesi. E solo allora - già ufficiale superiore - seppi che su quel fronte a cercare di sfondare le linee nazifasciste avevano combattuto soldati italiani, partiti dalla Puglia facenti parte del rigenerato esercito italiano assieme con gli alleati.

 

 
 
 

28 aprile 2022. 2

Post n°3018 pubblicato il 28 Aprile 2022 da donmichelangelotondo


Daniel è solo
di Gabriele Romagnoli
Daniel è solo
28 Aprile 2022 alle 00:01
1 minuti di lettura

La prima cosa bella di giovedi 28 aprile 2022 è Daniel, il ragazzo solo protagonista del romanzo di Patrick Fogli Così in terra. Come canta l'altro Vasco: "è un superpotere essere vulnerabili". Ho cominciato a leggere il libro per simpatia verso l'autore e per la dedica a Otto, il suo gatto scomparso. Ho continuato perché mi ha attratto il protagonista, Daniel, il ragazzino che la madre accompagna in un istituto di suore a cinque anni e abbandona lì, perché muore. Crescendo diventa un illusionista famoso, uno di quelli che la gente chiama "mago", non sapendo che nome dare a qualcosa che non capisce eppure ha una spiegazione. Qualcosa che sta dentro ognuno di noi, ma solo pochissimi riescono a manifestare. L'interruttore che l'accende è la solitudine. Non incontrare altri, non ascoltare altri, non sentire l'elencazione della legge dei limiti, non avere l'educazione claustrofobica che assegna a ciascuno un quadrato. Non essere cattivi. Sono stati tutti soli i "maghi" della storia. Se n'è avuto più paura che dei dittatori, perché questi erano e sono spiegabili, perfino (direbbero quelli del marketing) aspirazionali. Nessuno vuole essere incomprensibile. Eppure adesso è di maghi che avremmo bisogno. Di bambini soli, buoni e senza confini. Daniel sa di non essere un mago, per questo lo è.

 

 
 
 

28 aprile 2022

Post n°3017 pubblicato il 28 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

(Leggo)
<<Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna>> Gv 3,31-36.
Se noi crediamo in Gesù, Figlio di Dio, abbiamo già la vita eterna. Gesù è il germe della speranza attraverso il quale Dio agisce nel mondo. Dio è diventato un altro, si è fatto uomo. Quindi anch'io posso diventare un altro: ho la fortuna di diventare un uomo, un essere umano in un mondo a volte inumano.

(Prego)
O Dio misericordioso, che ci hai reso partecipi della testimonianza divina donataci dal tuo Figlio, affidandogli le tue stesse parole: Fa' che la nostra fede diventi ogni giorno più feconda per la vita eterna.

(Agisco)
Far percepire ai miei coetanei la bellezza del credere in Gesù vivere sulla terra e con la testa in Paradiso.

 

 
 
 

27 aprile 2022, 12

Post n°3016 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Orientamento Uniba
Di Francesco Maria Cassano -27 Aprile 2022


Con l'iniziativa Open Campus 2022 riprende l'orientamento in presenza
L'Università Aldo Moro di Bari, oltre ad essere impegnata nelle molteplici scoperte, che costituiscono un motivo di vanto per la regione pugliese e, più in generale, per il Belpaese, ha anche assunto l'impegno di ripristinare l'orientamento in presenza. È così che, nella giornata di mercoledì 27 aprile, si terrà la seconda edizione di Open Campus 2022, nel Campus universitario "E. Quagliariello" dalle 9.30 alle 16.30. Tale giornata è dedicata a tutti coloro i quali siano interessati (ad esempio studenti e famiglie) a ricevere maggiori informazioni in merito ai percorsi di studio dei Dipartimenti Scientifici del Campus e del Dipartimento di Medicina Veterinaria.

In aggiunta, nello spazio all'aperto nella corte interna Dipartimento Interateneo di Fisica avverrà la presentazione dell'offerta formativa per il prossimo anno universitario da parte di professori, studenti ed operatori dell'orientamento.


Sarà possibile, dunque, informarsi sulle caratteristiche dei vari corsi di studio, quindi venire a conoscenza delle modalità di ammissione, dei piani di studio, degli sbocchi nel mondo del lavoro e delle agevolazioni economiche; si potranno anche chiedere informazioni sui servizi che sono offerti dall'Atene.

Grazie alla disponibilità di rappresentanti degli studenti, docenti e tutor sarà anche permesso colloquiare con loro al fine di ottenere informazioni anche sul mondo universitario nella sua interezza.

L'Uniba opta, in questo modo, per una giusta scelta, dando l'occasione di risolvere dubbi e incertezze a chiunque abbia mostrato interesse al mondo universitario.

 

 
 
 

27 aprile 2022, 12

Post n°3015 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

...Ma sono granchi o cicale americane?
Di Salvatore Memeo -27 Aprile 2022


USA e getta...
Cambiando il menù a base di risotti e sufflè con piatti più pruriginosi "piccanti": penne all'arrabbiata, gulasch all'ungherese, pizza alla diavola... e che se li porti...uno non pensa, poi, ad eventuali esaltazioni gastriche da far temere forti mal di pancia e dissenteria a non finire. Le "spie" del "cruscotto" segnano già in russo. Sia le disfunzioni che accusa il navigatore, Zelenski sia i "briganti" di "cucina", che non vedono più lontano dalle proprie "batterie", sia gli chefs dalle mani bucate, chi comanda in salotto: tutti hanno preso cicale americane dagli occhi rossi, per granchi nostrani, salentini.

Le ricette arrivano da lontano e ce n'è per tutti i gusti, ma più per saperle cucinare, è farle mangiare, che ce ne vuole: sono tutte indigeste. Con gli scarsi e mal preparati camerieri, poi, distratti e mal pagati e che non sanno da dove iniziare, se dagli aperitivi oppure dall'amaro, dopo d'aver servito già la frutta: il sedersi a tavola, non lo si raccomanda a nessuno.


Arriva ancora qualcuno ad offrir brodaglie (armamenti da disfarsene), dove mancano sia Chefs veri sia la minima esperienza per fare dell'ottimo "brodo". Ecco che con la prossima stagione estiva cominciano a scarseggiare le richieste di manodopera dal settore gastronomia: di cuochi, camerieri, Chef de Rang, Commis, sommelier, lavapiatti: chi l'avrebbe mai detto? Siamo un Paese che vanta gastronomia di prima "qualità", si fa per dire, eppure...

Oggi, molti componenti delle ottime vecchie briganti, pardon, brigate di cucina, si sono offerti come Foreign fighters, dove ci si guadagna molto di più, ma col rischio del TFR che potrebbe andare al milite ignoto...

Queste "brigate" si sono "armate" di forchettoni, mestoli, coltelli da cucina, grembiuli a mo' di corazze, chinois in testa come elmetti protettivi, sac a poche per la refurtiva... è così equipaggiate che si presentano sul posto di "lavoro"

Sono persone, arrivate sul teatro della "cerimonia di divorzio", verranno affiancate ai tanti macellai che si trovano già a sezionare i "capi": si può immaginare i menù da offrire...

Non parliamo di pescato fresco poi...coi tanti sottomarini inquinanti e le flotte di ogni Paese alla caccia del primo "Tonno" da colpire: sarebbe meglio farne a meno del probabile, nuovo retato e optare meglio per quello in scatola. A questo punto, non solo le paranze di Mazara del vallo, Manfredonia e San Benedetto del Tronto avranno tirato i remi in barca.

Il problema va al di là del pensare, visto come stanno messo le cose. Con il Covid-19 e le sue tante varianti, le sanzioni inflitte a destra e a manca e il divieto a certi turisti, sia da una parte sia dall'altra, di varcare le proprie frontiere, inciderà moltissima l'attesa di veder seduto qualcuno a mensa.

Il business dei ristoranti, sarà certamente fallimentare. Gli USA e "getta" poi, che si mantengono alla larga dalla mattanza, intenti come sono a rifilare i loro prodotti "per la fame": non fanno altro che svolgere la loro lucrosa attività. Qualche reception che rimarrà aperta per fronteggiare la debole richiesta di coperti, si dovrà accontentare di clienti che arrivano coi barconi dall'Africa. Pure dei i tanti che scappano dai Paesi infastiditi dal "rumoreggiare" di certi "piatti", non consoni ai bassi e riprovevoli livelli di etica e galateo. A queste masse raminghe bisogna che si tenga conto, senza lasciarle in fila alle mense di carità o farli dormire in hotels con miriade di stelle...

Per le frotte di disperati, preventivamente, bisogna si accaparrino gli ultimi stock di cuoscous da mettergli nel piatto, con ascelle di pollo, purtroppo: i" maiali" ce li terremo nei "nostri porcili", dove s'ingrasseranno a vista d'occhi, a spese nostre.

Con la chiusura dei ristoranti e la scarsità dei prodotti nei supermercati, molti ci stiamo già improvvisando "potager". Si spera di andar per campi "inquinati" ma non ancor minati, a racimolare verdure spontanee, con l'accortezza di non danneggiarne le radici...per probabili, intensive rivisitazioni. Gli "entremetier" andranno scomparendo per mancanza di prodotti commestibili appunto. Si spera non aumentino i boucher e i grillardin: con la già tanta "carne" a disposizione e mancanza di celle frigorifero per via delle ritorsioni russe sul gas, sarebbe uno sconsiderato sciupio, mattarne oltre...

A proposito di carne: per dirla alla trilussiana maniera, si baderà bene di sterilizzare gli attrezzi per fare in modo che si macelli con tutta l'igiene possibile. Resta il problema di "benedire" la "ricorrenza-divorzio". Cirillo I, da una parte e Francesco I dall'altra: primi tutti e due, ma non è questa la loro discordia... è meglio lasciarli ai loro dogmi. È così, per simili ricorrenze, è meglio interpellare uno dei tanti diavoli scegliendolo da questo inferno terrestre, piuttosto che scomodare i santi dal cielo.

 

 
 
 

27 aprile 2022, 11

Post n°3014 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Fraternità Universale
Di Miky Di Corato -26 Aprile 2022


"La Fraternità Universale: tra utopia, desiderio e realtà" è il nuovo libro di Don Salvatore Sciannammea, una visione ampia e laicale sull'incapacità umana di osservare in maniera approfondita l'enciclica di Papa Francesco, ponendo l'accento sull'importanza dell'unione e della fede nel nome del beato Charles de Foucauld.
Ciao, Don Salvatore. Cosa si intende per "fraternità universale"?

Potremmo tradurre fraternità universale con uguaglianza nella differenza, oppure armonia globale. Come i figli sono uguali, concettualmente, ma differenti nella sostanza, realizzando la loro figliolanza, vivendo da fratelli, allo stesso tempo la fraternità universale spinge a riconoscere il valore dell'umano che ci rende uguale e figli dello stesso Dio, al di là delle religioni, tradizioni, culture e filosofie. È l'appartenenza al genere umano che ci rende fratelli, senza se e senza ma.


Le recenti guerre e pandemie hanno ulteriormente diviso anziché unire gli uomini. Com'è possibile costruire quel senso di comunità disperso già dai tempi di Caino e Abele?

Il possesso, termine che in ebraico richiama il nome di Caino, spinge a considerare gli altri come inconsistenti. La parola Abele infatti significa soffio, vanità, inconsistenza. Se non si guarda all'uomo, la guerra diventerà la nostra regola. Gandhi diceva che in questo mondo c'è spazio e cibo per tutti, ma anche che questo mondo è troppo piccolo per chi è avido. Credo che il tutto possa essere semplificato in una questione di sguardi. C'è chi guarda in basso, un po' come le donne che nel Vangelo guardano il sepolcro. Ci può essere tutto l'amore possibile, ma la mancanza del volto spinge al materialismo, all'immanente e a tutto ciò che è consumabile qui ed ora, ma alla fine è morte. È ciò che accade nelle famiglie quando i fratelli, ad esempio, si dividono in nome di una eredità. C'è poi chi invece, come gli apostoli nell'ascensione, alzano il capo in alto. È l'atteggiamento dell'idealismo, della spiritualizzazione, di un vissuto idealizzato e disincarnato dal reale. Ideale e materiale sono state infatti le matrici di totalitarismi quali il comunismo e il nazifascismo. È guardando, invece, il volto dell'altro, guardando diritto a se stessi, che ci si può riconoscere negli occhi di ogni uomo e donna. È guardando ogni persona negli occhi che lo si riconosce uguale e figlio della stessa famiglia umana. È così che ci si riconosce fratelli e sorelle, figli della stessa famiglia, nella stessa casa comune che è questa nostra terra.

Citato da Bergoglio al termine dell'enciclica "Fratelli Tutti", Charles de Foucauld sarà tra poco beatificato. Il suo esempio è paradigma di legame conseguenza del compromesso?

Charles de Foucauld è un personaggio paradossale. Ha realizzato una vita cristiana senza condividerla con cristiani, è stato un religioso ma vivendo come eremita, ha vissuto da solo ma era considerato da tutti fratello, il suo eremitaggio infatti era chiamato dai Tuareg casa della fraternità. Decideva delle regole per sé, ma non le rispettava perché si lasciava guidare dalle circostanze. Dinanzi alle regole metteva l'amore folle che si traduceva nell'affetto fraterno verso ogni persona. Voleva convertire i musulmani, ma si è lasciato convertire dal bene che aveva ricevuto da loro perché, povero e ammalato, gli hanno salvato la vita. La sua vita è un canto alla fraternità, visibile come una cattedrale, le cui colonne sono costruite sull'amicizia, con un incantevole tetto che ha la misura del cielo, quello stesso cielo che è sul capo di ogni uomo.

In definitiva, la fraternità universale è utopia, desiderio o realtà?

Penso che bisogna tenere insieme questi tre concetti. È realtà perché uomini come Gandhi, Martin Luther King, Charles de Foucauld e molti altri hanno dimostrato che è possibile. È desiderio perché non si ottiene mai ciò che non si desidera ardentemente, ponendo tenacia, fiducia e concentrazione, trasformando il reale, pronti a pagare di persona il coraggio delle proprie scelte. È utopia fin quando, ad iniziare dal nostro cuore, c'è sopraffazione, avidità, egoismo, orgoglio. Tale utopia però ci spinge a vincere le negazioni disumane per fare risplendere lo splendore del nostro volto, quello che può solo rispecchiarsi attraverso gli occhi del fratello. È un cammino lungo ma per chi ha occhi si intravedono già le gemme di una nuova primavera.

 

 

 
 
 

27 aprile 2022, 10

Post n°3013 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

The Forest
Di Paolo Farina -26 Aprile 2022


Una storia di amicizia, coraggio e sorellanza
Aprile del '43, siamo Varsavia, nel cuore del secondo conflitto mondiale. I nazisti imperversano nella capitale polacca, ma non spaventano Zuzanna, adolescente che la guerra ha fatto maturare più dei suoi sedici anni, capace di combinare astuzia e coraggio, nella quotidiana fatica di vivere nel ghetto in cui lei, come tutti gli ebrei, sono rinchiusi.

D'un tratto, l'imprevisto. Si apre una inattesa via di fuga, tanto concreta quanto insperata. Ma c'è un ma: Zuzanna sarà libera se accetterà di far da balia ad Hanna, ben più piccola di lei e tanto ingenua. Fuggiranno in due e loro casa sarà la foresta. Alle spalle, la rivolta ebraica nel ghetto di Varsavia, un fremito di orgoglio e dignità, capace di impegnare per oltre un mese le sovrastanti forze naziste.


Ed è così che una storia di lotta per la sopravvivenza si trasforma in una storia di amicizia, di coraggio (dal latino cor habeo: "ho cuore"...), di resistenza.

A raccontarci questo accattivante intreccio è la penna di Harriet Webster, alla sua prima prova narrativa di questo genere, magistralmente accompagnata dalla matita di Riccardo Pieruccini.

Il risultato del loro accordo creativo è una graphic novel che si propone come romanzo di formazione per lettori che si affacciano sulla soglia della pubertà, nel tentativo di raccontare loro, con tutta la leggerezza possibile, ma senza superficialità, l'amara verità che fu tragedia di un popolo e di un intero continente. Del mondo intero.

Una storia che annuncia: anche la notte più lunga e tetra ha una sua fine. Prima o poi l'alba torna, immancabilmente: pur nel ricordo di quanti non ce l'hanno fatta, di quanti son passati per il camino. Perché "anche se non sono qui, è come se ci fossero".

HARRIET WEBSTER

È una scrittrice inglese, appassionata di Storia e racconti di donne coraggiose. Ha iniziato scrivendo e illustrando le proprie storie, contribuendo alla fervente scena del fumetto indie londinese, per poi passare a fumetti per bambini e sceneggiature televisive. Vive a New York con il marito e la sua gatta. The Forest è la sua prima graphic novel.

RICCARDO PIERUCCINI

Riccardo, nome d'arte Ruggine, ha vinto, tra gli altri, il concorso Pierlambicchi per fumettisti esordienti nel 2001. Da allora ha pubblicato per Star Comics, Shockdom, Marvel e Mondadori. Al suo attivo, ha anche incursioni nel mondo del cinema e dell'animazione. Insegna disegno e, dal 2006, collabora con la manifestazione Lucca Comics & Games gestendo la Self Area.

H. Webster - R. Pieruccini, The Forest, ElectaComics 2022, pp.128, €16,90, età di lettura 10+

 

 
 
 

27 aprile 2022, 9

Post n°3012 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

25 aprile, libertà!
Di Michela Conte -25 Aprile 2022


Non un dato, ma un processo; non una meta, ma il percorso
Niente nuoce alla salute come la sensazione di essere costretti in qualcosa. Niente fa male al cuore quanto l'impotenza di fronte alle catene di coloro che amiamo e che sono vittime di dinamiche dalle quali non riescono ad emanciparsi. La libertà, infatti, è un atto di volontà, uno sforzo di amor proprio, immane quando non si hanno le risorse emotive giuste per volersi bene. Lungi dallo spontaneismo e dalla frivolezza con le quali spesso se ne parla, essa resta una conquista impegnativa.

La storia, magistra vitae, insegna: tutte le libertà sono frutto di profetiche prese di coscienza, di percorsi in salita, costellati di insuccessi e solitudini, di lotte spesso marchiate con il sangue. La festa di oggi è un esempio lampante, ovviamente non per chi dà tutto per scontato e, magari, è talmente anestetizzato dall'abitudine da arrivare a considerarsi vittima di un qualche dispotismo nascosto. Nascono così i don Chisciotte postmoderni, sfiniti da illusorie battaglie, schiavi di sè e di illusioni, incapaci di contribuire al bene comune. "La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione" cantava Gaber in uno dei suoi testi più belli: è l'interesse vivo per il bene comune a renderci autenticamente liberi, poiché la libertà ha bisogno di vincoli e legami per crescere. È il suo paradosso: accoglierlo è accogliere essa stessa, dunque crescere. L'antico adagio della libertà che "finisce dove comincia quella altrui" è sempre valido.


La conferma più altisonante di ciò è la stessa etimologia della parola, dal latino "liber", che letteralmente significa figlio. Un figlio, in effetti, è una libertà che ti cresce dentro: a partire dalla gestazione, ha bisogno di legami vitali, ma soffoca fino a morire nel controllo esasperante, ad ogni età. Un figlio è un vincolo che, a partire dai primi attimi, ti stravolge i piani, ti libera dall'egologia, e ti costringe a dare il meglio affinché tu possa consegnargli un mondo migliore. E se l'esperienza genitoriale non è scontata (per sorte o per scelta), essere figli, invece, è un'esperienza che ci accomuna, che ci riguarda tutti, che ci avvicina, che ci fa simili, consanguinei di sangue umano, oltre le pure questioni cromosomiche. Proprio come la libertà. Non furono certo i legami di parentela ad animare i partigiani, ma lo sperimentarsi orfani di un vero Paese e il bisogno di sentirsi tutti figli di qualcosa di nuovo, per lasciare qualcosa di buono ai figli che sarebbero venuti. E anche se, dopo settantasette anni, ci ritroviamo in un paese difettato e precario, dovremmo seriamente benedire la resistenza che ha generato la nostra esistenza e imbracciare la libertà che possediamo (e la possediamo!) per continuare la liberazione.

Sì, la libertà non è un dato, ma un processo; non è una meta, è il percorso. E ogni giorno le nostre libertà vanno liberate da qualcosa che le opprime, nella consapevolezza che non esistono libertà private e libertà pubbliche, ma un solo modo di essere ovunque persone mature e autodeterminate. Ciò significa essere in grado di garantire un'osmosi vitale tra l'interiorità e la dimensione pubblica cui ogni persona è vocata, vigilando sulle ricadute sociali della nostra preziosa privacy, la quale non è uno spazio di affrancamento dalle regole, ma il luogo in cui si impara a far pace con i vincoli, con i doveri che abbiamo verso noi stessi e gli altri.

Non sta forse in questo il godimento dell'esistere? Del resto, secondo alcuni, "libertà" e "libidine" sono parole collegate. E allora auguri a tutti: che le nostre liberazioni ci rigenerino alla vita; che le nostre libertà ci donino purissimo, altissimo piacere; che questa giornata ci colga figli di un sogno, ancora e sempre.

 

 

 
 
 

27 aprile 2022, 8

Post n°3011 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Liberazione e pace
Di Giuseppe Losappio -25 Aprile 2022


Incombeva ancora la guerra. Aldo Moro legge nella storia un sentimento nuovo ...e scrive una sconvolgente Preghiera
"Siamo tutti in attesa di una liberazione".
"Noi sentiamo il peso grave di mille oppressioni e la ferocia di questa storia umana senza umanità ci prende in una morsa alla quale non è possibile sfuggire. Chi può ricordare senza raccapriccio il terrore seminato nella nostra vita in mille forme, da tutte le parti con una continuità implacabile, con uno zelo feroce?"

...


"In questo mondo cattivo noi aspettiamo una liberazione, dal mondo.

Ma questo mondo è fatto da noi, uomini che andiamo intrecciando assurdi rapporti di odio, che andiamo disperdendo la vita che dovremmo salvare e svolgere in tutto il suo valore. Non possiamo essere liberati dal mondo, se non ci liberiamo da noi stessi. Ma chi ci libererà da noi?

Noi sentiamo enunciare, mentre il mondo soffre, un programma di libertà. ... Per liberarsi dal bisogno degli uomini lo accrescono smisuratamente e il terrore domina dove passano gli eserciti che sono fatti di uomini; l'uno contro l'altro, fremendo alla vista del volto umano dell'avversario da uccidere".

Ad ogni lettura di queste parole sublimi, l'incrocio unico, irripetibile e, quindi, assoluto tra le circostanze personali (speranze, dolori, fremiti per dirla ancora con le parole di Moro) e lo scenario locale e globale, nel quale ogni esperienza umana si colloca, alimenta riflessioni e connessioni differenti.

Una guerra, devastante, sanguinosa, orribile come tutte ma non distante come molte altre evoca le parole di uno straordinario libriccino di Immanuel Kant, Per la pace perpetua.

Nell'opera, il filosofo di Königsberg detta le condizioni provvisorie, definitive e segrete per l'ultimo e irrevocabile rifiuto delle ostilità belliche tra gli uomini. Tra le altre (V condizione provvisoria): "Nessuno Stato si deve intromettere con la forza nella costituzione di un altro Stato". Salvo il caso della guerra civile, ammonisce Kant, nulla lo autorizza. L'intervento di altre potenze nella vita di un "popolo che non dipende da alcuno e che lotta soltanto contro un malessere interno", sarebbe uno "scandalo vero, rendendo malsicura l'autonomia degli altri stati".

 

 

 
 
 

27 aprile 2022, 7

Post n°3010 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Cesare fui e son Iustiniano (Paradiso VI)
Di Paolo Farina -24 Aprile 2022


«E dentro a la presente margarita
luce la luce di Romeo, di cui
fu l'ovra grande e bella mal gradita»
(Paradiso VI, vv.127-129)
È il canto di Giustiniano, il sesto del Paradiso, un canto di argomento politico, come tutti i sesti canti della Commedia. Questa volta, seguendo il climax ascendente del sesto dell'Inferno e del sesto del Purgatorio, centrale è la storia dell'Impero che Dante, con il suo consueto anacronismo e una celebre metafora, considera come un unico "volo dell'aquila": dalle leggendarie origini troiane all'età della monarchia, a quella della repubblica romana, all'impero fondato da Augusto, sino agli eventi più recenti.

Parla, ma non attira la nostra simpatia Giustiniano. Lui, si sa, è un imperatore, con tanto di prosopopea. Tace su quanto non gli conviene, ad esempio, sull'ingiusto trattamento riservato al suo valente Belisario, mentre esalta il proprio operato, in particolare l'emanazione del Corpus iuris civilis.


Quindi, si lancia in una severa filippica contro chi si oppone al «sacrosanto segno» imperiale (v.32) pur con ragioni del tutto antitetiche: da una parte, i Ghibellini che tentano di appropriarsene per secondi fini; dall'altra, i Guelfi che si illudono di poterlo sostituire con i gigli di Francia.

È la parte finale del lungo monologo di Giustiniano che, a dire il vero, attira la mia attenzione: dopo aver ricordato che qui sono beati quando hanno operato il bene per ottenere gloria terrena, ecco che l'imperatore si sofferma sulla figura di Romeo di Altavilla, la cui anima risplende e le cui azioni furono ripagate con l'ingratitudine. Al di là del fatto che il suo destino possa essere facilmente accostato a quello del medesimo Dante, mi pare che la sua capacità di mendicare il pane con dignità, dopo essere stato consigliere del conte di Provenza e averne sposato le quattro figlie con altrettanti re, sia la più plastica e lampante spiegazione di quel «Cesare fui e son Iustiniano» (v.10): sono stato un Cesare, un imperatore, ma resto semplicemente Giustiniano.

Come a dire: passa la gloria del mondo, scivola via qualsivoglia titolo o medaglia, nulla resta se non la tua o mia «luce» (v.128), ammesso che non l'abbiamo smarrita. Si può essere consiglieri a corte, re e persino imperatori. Si può essere multimiliardari, oligarchi e persino capi di Stato. Tutto passa, tutto scorre. Nulla resta, se non quel che sei quando sei nudo. In nuda veritas.

Forse è così che si risorge.

Lucio Anneo Seneca: «Presto diventa infamia la gloria dei superbi».

Alda Merini: «La nudità mi rinfresca l'anima».

Maria di Nazareth: «Ha rovesciato i potenti dai troni».

 

 
 
 

27 aprile 2022, 6

Post n°3009 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Pace in Ucraina
Di La smorfia -23 Aprile 2022


DISSE IL LUPO ALL'AGNELLO:

«FACCIAMO PACE? DAI, VIENI QUI, NON TI FACCIO NIENTE...»

_ pallino umano _


FONTEhttps://pixabay.com/it/illustrations/dio-gesù-cristo-santo-spirito-5900304/

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Le tossine dell'amore di Vina Rose

La smorfia
Come quella del grande e indimenticato Massimo Troisi... O, se volete, come quella di un bambino che non vuol mangiare la verdura. Oppure come quella del babbo che vuol far divertire i figlioletti. Magari come quella del paziente dal dentista... Prendete tutte queste situazioni, aggiungetene molte altre, diciamo tante quante l'attualità sa offrirne, assoldate una brigata di abili e cinici osservatori, mescolate ben bene gli ingredienti, concentrate il tutto in una sola battuta e guarnite con abbondante ironia: ecco pronta "La smorfia", da servire ogni giorno sulle pagine di "Odysseo". Da assaporare subito, appena sfornata.

 

 
 
 

27 aprile 2022, 5

Post n°3008 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Le tossine dell'amore di Vina Rose
Di Miky Di Corato -23 Aprile 2022


Si intitola "Sweet Denial" il nuovo singolo di Vina Rose. Proveniente da una famiglia di musicisti, Vina Rose canta il dolce negarsi all'altro, la difficoltà nel lasciar andare la persona che amiamo perché è la stessa a provocarci dolore e sofferenza.
Ciao, Vina Rose. Quanto è difficile fare musica per una figlia d'arte?

25Non posso proprio dirti di avere avuto delle vere difficoltà nel fare e poi perseguire la musica come carriera, anzi ho sempre ricevuto pieno supporto e sostegno da parte dei miei genitori e dalla mia famiglia, quindi sono proprio orgogliosa di esserlo e sono consapevole che non sarebbe stato lo stesso senza si loro.


"Sweet Denial", il dolce negare al centro del tuo singolo è la principale ragione delle relazioni tossiche?

Direi che è una costante abbastanza comune in quel tipo di situazioni, perché è più facile negare a se stessi il danno che questo tipo di relazioni può causare, che affrontare e scontrarsi con quella che è poi la dura realtà.

Da donna, come si può riuscire a lasciar andare qualcuno che ti provoca, al tempo stesso, amore e sofferenza?

È molto difficile riuscire a controllare i sentimenti, specialmente quando sono estremamente intensi e profondi, e non esserne dunque schiavi: l'essere incatenati in una situazione simile non succede però sempre, ma solo quando secondo me si è davvero predisposti a lasciarsi andare e a rendersi completamente vulnerabili; è lì che andrebbero prese delle precauzioni per non "perdersi" completamente nell'altra persona.

Progetti futuri?

Tanta nuova musica in lavorazione, un remix di "Sweet Denial" in preparazione e concerti in programma per la stagione estiva presto in arrivo.

 

 

 
 
 

27 aprile 2022, 4

Post n°3007 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Muri immensi
Di Monica Fornelli -22 Aprile 2022


Muri immensi,

difesa di sé, acquosi


sguardi completamente persi

nel flusso di nuovi incontri.

Chiusura forzata per

sostenere un ego che

chiede sicurezza.

Mi guardo nell'altro,

pupille miopi,

impossibilità a riconoscersi

perché nulla siamo

per noi stessi lontani

dai nostri fratelli.

Paure razionalizzate, inutili,

alterate da scontri fratricidi:

sorridere e accarezzarsi il cuore

per ritrovarsi in fondo al tunnel,

per riscoprirsi migliori,

per riconoscersi nello specchio dell'altro.

***

"...si creano nuove barriere di autodifesa, così che non esiste più il mondo ed esiste unicamente il "mio" mondo, fino al punto che molti non vengono più considerati esseri umani con una dignità inalienabile e diventano semplicemente "quelli". Riappare «la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità »."

[Lettera enciclica "Fratelli tutti", del santo padre Francesco sulla fraternità e l'amicizia sociale]

 

 

 
 
 

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