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proporre buoni e belli pensieri
 

Messaggi del 27/04/2022

27 aprile 2022, 12

Post n°3016 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Orientamento Uniba
Di Francesco Maria Cassano -27 Aprile 2022


Con l'iniziativa Open Campus 2022 riprende l'orientamento in presenza
L'Università Aldo Moro di Bari, oltre ad essere impegnata nelle molteplici scoperte, che costituiscono un motivo di vanto per la regione pugliese e, più in generale, per il Belpaese, ha anche assunto l'impegno di ripristinare l'orientamento in presenza. È così che, nella giornata di mercoledì 27 aprile, si terrà la seconda edizione di Open Campus 2022, nel Campus universitario "E. Quagliariello" dalle 9.30 alle 16.30. Tale giornata è dedicata a tutti coloro i quali siano interessati (ad esempio studenti e famiglie) a ricevere maggiori informazioni in merito ai percorsi di studio dei Dipartimenti Scientifici del Campus e del Dipartimento di Medicina Veterinaria.

In aggiunta, nello spazio all'aperto nella corte interna Dipartimento Interateneo di Fisica avverrà la presentazione dell'offerta formativa per il prossimo anno universitario da parte di professori, studenti ed operatori dell'orientamento.


Sarà possibile, dunque, informarsi sulle caratteristiche dei vari corsi di studio, quindi venire a conoscenza delle modalità di ammissione, dei piani di studio, degli sbocchi nel mondo del lavoro e delle agevolazioni economiche; si potranno anche chiedere informazioni sui servizi che sono offerti dall'Atene.

Grazie alla disponibilità di rappresentanti degli studenti, docenti e tutor sarà anche permesso colloquiare con loro al fine di ottenere informazioni anche sul mondo universitario nella sua interezza.

L'Uniba opta, in questo modo, per una giusta scelta, dando l'occasione di risolvere dubbi e incertezze a chiunque abbia mostrato interesse al mondo universitario.

 

 
 
 

27 aprile 2022, 12

Post n°3015 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

...Ma sono granchi o cicale americane?
Di Salvatore Memeo -27 Aprile 2022


USA e getta...
Cambiando il menù a base di risotti e sufflè con piatti più pruriginosi "piccanti": penne all'arrabbiata, gulasch all'ungherese, pizza alla diavola... e che se li porti...uno non pensa, poi, ad eventuali esaltazioni gastriche da far temere forti mal di pancia e dissenteria a non finire. Le "spie" del "cruscotto" segnano già in russo. Sia le disfunzioni che accusa il navigatore, Zelenski sia i "briganti" di "cucina", che non vedono più lontano dalle proprie "batterie", sia gli chefs dalle mani bucate, chi comanda in salotto: tutti hanno preso cicale americane dagli occhi rossi, per granchi nostrani, salentini.

Le ricette arrivano da lontano e ce n'è per tutti i gusti, ma più per saperle cucinare, è farle mangiare, che ce ne vuole: sono tutte indigeste. Con gli scarsi e mal preparati camerieri, poi, distratti e mal pagati e che non sanno da dove iniziare, se dagli aperitivi oppure dall'amaro, dopo d'aver servito già la frutta: il sedersi a tavola, non lo si raccomanda a nessuno.


Arriva ancora qualcuno ad offrir brodaglie (armamenti da disfarsene), dove mancano sia Chefs veri sia la minima esperienza per fare dell'ottimo "brodo". Ecco che con la prossima stagione estiva cominciano a scarseggiare le richieste di manodopera dal settore gastronomia: di cuochi, camerieri, Chef de Rang, Commis, sommelier, lavapiatti: chi l'avrebbe mai detto? Siamo un Paese che vanta gastronomia di prima "qualità", si fa per dire, eppure...

Oggi, molti componenti delle ottime vecchie briganti, pardon, brigate di cucina, si sono offerti come Foreign fighters, dove ci si guadagna molto di più, ma col rischio del TFR che potrebbe andare al milite ignoto...

Queste "brigate" si sono "armate" di forchettoni, mestoli, coltelli da cucina, grembiuli a mo' di corazze, chinois in testa come elmetti protettivi, sac a poche per la refurtiva... è così equipaggiate che si presentano sul posto di "lavoro"

Sono persone, arrivate sul teatro della "cerimonia di divorzio", verranno affiancate ai tanti macellai che si trovano già a sezionare i "capi": si può immaginare i menù da offrire...

Non parliamo di pescato fresco poi...coi tanti sottomarini inquinanti e le flotte di ogni Paese alla caccia del primo "Tonno" da colpire: sarebbe meglio farne a meno del probabile, nuovo retato e optare meglio per quello in scatola. A questo punto, non solo le paranze di Mazara del vallo, Manfredonia e San Benedetto del Tronto avranno tirato i remi in barca.

Il problema va al di là del pensare, visto come stanno messo le cose. Con il Covid-19 e le sue tante varianti, le sanzioni inflitte a destra e a manca e il divieto a certi turisti, sia da una parte sia dall'altra, di varcare le proprie frontiere, inciderà moltissima l'attesa di veder seduto qualcuno a mensa.

Il business dei ristoranti, sarà certamente fallimentare. Gli USA e "getta" poi, che si mantengono alla larga dalla mattanza, intenti come sono a rifilare i loro prodotti "per la fame": non fanno altro che svolgere la loro lucrosa attività. Qualche reception che rimarrà aperta per fronteggiare la debole richiesta di coperti, si dovrà accontentare di clienti che arrivano coi barconi dall'Africa. Pure dei i tanti che scappano dai Paesi infastiditi dal "rumoreggiare" di certi "piatti", non consoni ai bassi e riprovevoli livelli di etica e galateo. A queste masse raminghe bisogna che si tenga conto, senza lasciarle in fila alle mense di carità o farli dormire in hotels con miriade di stelle...

Per le frotte di disperati, preventivamente, bisogna si accaparrino gli ultimi stock di cuoscous da mettergli nel piatto, con ascelle di pollo, purtroppo: i" maiali" ce li terremo nei "nostri porcili", dove s'ingrasseranno a vista d'occhi, a spese nostre.

Con la chiusura dei ristoranti e la scarsità dei prodotti nei supermercati, molti ci stiamo già improvvisando "potager". Si spera di andar per campi "inquinati" ma non ancor minati, a racimolare verdure spontanee, con l'accortezza di non danneggiarne le radici...per probabili, intensive rivisitazioni. Gli "entremetier" andranno scomparendo per mancanza di prodotti commestibili appunto. Si spera non aumentino i boucher e i grillardin: con la già tanta "carne" a disposizione e mancanza di celle frigorifero per via delle ritorsioni russe sul gas, sarebbe uno sconsiderato sciupio, mattarne oltre...

A proposito di carne: per dirla alla trilussiana maniera, si baderà bene di sterilizzare gli attrezzi per fare in modo che si macelli con tutta l'igiene possibile. Resta il problema di "benedire" la "ricorrenza-divorzio". Cirillo I, da una parte e Francesco I dall'altra: primi tutti e due, ma non è questa la loro discordia... è meglio lasciarli ai loro dogmi. È così, per simili ricorrenze, è meglio interpellare uno dei tanti diavoli scegliendolo da questo inferno terrestre, piuttosto che scomodare i santi dal cielo.

 

 
 
 

27 aprile 2022, 11

Post n°3014 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Fraternità Universale
Di Miky Di Corato -26 Aprile 2022


"La Fraternità Universale: tra utopia, desiderio e realtà" è il nuovo libro di Don Salvatore Sciannammea, una visione ampia e laicale sull'incapacità umana di osservare in maniera approfondita l'enciclica di Papa Francesco, ponendo l'accento sull'importanza dell'unione e della fede nel nome del beato Charles de Foucauld.
Ciao, Don Salvatore. Cosa si intende per "fraternità universale"?

Potremmo tradurre fraternità universale con uguaglianza nella differenza, oppure armonia globale. Come i figli sono uguali, concettualmente, ma differenti nella sostanza, realizzando la loro figliolanza, vivendo da fratelli, allo stesso tempo la fraternità universale spinge a riconoscere il valore dell'umano che ci rende uguale e figli dello stesso Dio, al di là delle religioni, tradizioni, culture e filosofie. È l'appartenenza al genere umano che ci rende fratelli, senza se e senza ma.


Le recenti guerre e pandemie hanno ulteriormente diviso anziché unire gli uomini. Com'è possibile costruire quel senso di comunità disperso già dai tempi di Caino e Abele?

Il possesso, termine che in ebraico richiama il nome di Caino, spinge a considerare gli altri come inconsistenti. La parola Abele infatti significa soffio, vanità, inconsistenza. Se non si guarda all'uomo, la guerra diventerà la nostra regola. Gandhi diceva che in questo mondo c'è spazio e cibo per tutti, ma anche che questo mondo è troppo piccolo per chi è avido. Credo che il tutto possa essere semplificato in una questione di sguardi. C'è chi guarda in basso, un po' come le donne che nel Vangelo guardano il sepolcro. Ci può essere tutto l'amore possibile, ma la mancanza del volto spinge al materialismo, all'immanente e a tutto ciò che è consumabile qui ed ora, ma alla fine è morte. È ciò che accade nelle famiglie quando i fratelli, ad esempio, si dividono in nome di una eredità. C'è poi chi invece, come gli apostoli nell'ascensione, alzano il capo in alto. È l'atteggiamento dell'idealismo, della spiritualizzazione, di un vissuto idealizzato e disincarnato dal reale. Ideale e materiale sono state infatti le matrici di totalitarismi quali il comunismo e il nazifascismo. È guardando, invece, il volto dell'altro, guardando diritto a se stessi, che ci si può riconoscere negli occhi di ogni uomo e donna. È guardando ogni persona negli occhi che lo si riconosce uguale e figlio della stessa famiglia umana. È così che ci si riconosce fratelli e sorelle, figli della stessa famiglia, nella stessa casa comune che è questa nostra terra.

Citato da Bergoglio al termine dell'enciclica "Fratelli Tutti", Charles de Foucauld sarà tra poco beatificato. Il suo esempio è paradigma di legame conseguenza del compromesso?

Charles de Foucauld è un personaggio paradossale. Ha realizzato una vita cristiana senza condividerla con cristiani, è stato un religioso ma vivendo come eremita, ha vissuto da solo ma era considerato da tutti fratello, il suo eremitaggio infatti era chiamato dai Tuareg casa della fraternità. Decideva delle regole per sé, ma non le rispettava perché si lasciava guidare dalle circostanze. Dinanzi alle regole metteva l'amore folle che si traduceva nell'affetto fraterno verso ogni persona. Voleva convertire i musulmani, ma si è lasciato convertire dal bene che aveva ricevuto da loro perché, povero e ammalato, gli hanno salvato la vita. La sua vita è un canto alla fraternità, visibile come una cattedrale, le cui colonne sono costruite sull'amicizia, con un incantevole tetto che ha la misura del cielo, quello stesso cielo che è sul capo di ogni uomo.

In definitiva, la fraternità universale è utopia, desiderio o realtà?

Penso che bisogna tenere insieme questi tre concetti. È realtà perché uomini come Gandhi, Martin Luther King, Charles de Foucauld e molti altri hanno dimostrato che è possibile. È desiderio perché non si ottiene mai ciò che non si desidera ardentemente, ponendo tenacia, fiducia e concentrazione, trasformando il reale, pronti a pagare di persona il coraggio delle proprie scelte. È utopia fin quando, ad iniziare dal nostro cuore, c'è sopraffazione, avidità, egoismo, orgoglio. Tale utopia però ci spinge a vincere le negazioni disumane per fare risplendere lo splendore del nostro volto, quello che può solo rispecchiarsi attraverso gli occhi del fratello. È un cammino lungo ma per chi ha occhi si intravedono già le gemme di una nuova primavera.

 

 

 
 
 

27 aprile 2022, 10

Post n°3013 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

The Forest
Di Paolo Farina -26 Aprile 2022


Una storia di amicizia, coraggio e sorellanza
Aprile del '43, siamo Varsavia, nel cuore del secondo conflitto mondiale. I nazisti imperversano nella capitale polacca, ma non spaventano Zuzanna, adolescente che la guerra ha fatto maturare più dei suoi sedici anni, capace di combinare astuzia e coraggio, nella quotidiana fatica di vivere nel ghetto in cui lei, come tutti gli ebrei, sono rinchiusi.

D'un tratto, l'imprevisto. Si apre una inattesa via di fuga, tanto concreta quanto insperata. Ma c'è un ma: Zuzanna sarà libera se accetterà di far da balia ad Hanna, ben più piccola di lei e tanto ingenua. Fuggiranno in due e loro casa sarà la foresta. Alle spalle, la rivolta ebraica nel ghetto di Varsavia, un fremito di orgoglio e dignità, capace di impegnare per oltre un mese le sovrastanti forze naziste.


Ed è così che una storia di lotta per la sopravvivenza si trasforma in una storia di amicizia, di coraggio (dal latino cor habeo: "ho cuore"...), di resistenza.

A raccontarci questo accattivante intreccio è la penna di Harriet Webster, alla sua prima prova narrativa di questo genere, magistralmente accompagnata dalla matita di Riccardo Pieruccini.

Il risultato del loro accordo creativo è una graphic novel che si propone come romanzo di formazione per lettori che si affacciano sulla soglia della pubertà, nel tentativo di raccontare loro, con tutta la leggerezza possibile, ma senza superficialità, l'amara verità che fu tragedia di un popolo e di un intero continente. Del mondo intero.

Una storia che annuncia: anche la notte più lunga e tetra ha una sua fine. Prima o poi l'alba torna, immancabilmente: pur nel ricordo di quanti non ce l'hanno fatta, di quanti son passati per il camino. Perché "anche se non sono qui, è come se ci fossero".

HARRIET WEBSTER

È una scrittrice inglese, appassionata di Storia e racconti di donne coraggiose. Ha iniziato scrivendo e illustrando le proprie storie, contribuendo alla fervente scena del fumetto indie londinese, per poi passare a fumetti per bambini e sceneggiature televisive. Vive a New York con il marito e la sua gatta. The Forest è la sua prima graphic novel.

RICCARDO PIERUCCINI

Riccardo, nome d'arte Ruggine, ha vinto, tra gli altri, il concorso Pierlambicchi per fumettisti esordienti nel 2001. Da allora ha pubblicato per Star Comics, Shockdom, Marvel e Mondadori. Al suo attivo, ha anche incursioni nel mondo del cinema e dell'animazione. Insegna disegno e, dal 2006, collabora con la manifestazione Lucca Comics & Games gestendo la Self Area.

H. Webster - R. Pieruccini, The Forest, ElectaComics 2022, pp.128, €16,90, età di lettura 10+

 

 
 
 

27 aprile 2022, 9

Post n°3012 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

25 aprile, libertà!
Di Michela Conte -25 Aprile 2022


Non un dato, ma un processo; non una meta, ma il percorso
Niente nuoce alla salute come la sensazione di essere costretti in qualcosa. Niente fa male al cuore quanto l'impotenza di fronte alle catene di coloro che amiamo e che sono vittime di dinamiche dalle quali non riescono ad emanciparsi. La libertà, infatti, è un atto di volontà, uno sforzo di amor proprio, immane quando non si hanno le risorse emotive giuste per volersi bene. Lungi dallo spontaneismo e dalla frivolezza con le quali spesso se ne parla, essa resta una conquista impegnativa.

La storia, magistra vitae, insegna: tutte le libertà sono frutto di profetiche prese di coscienza, di percorsi in salita, costellati di insuccessi e solitudini, di lotte spesso marchiate con il sangue. La festa di oggi è un esempio lampante, ovviamente non per chi dà tutto per scontato e, magari, è talmente anestetizzato dall'abitudine da arrivare a considerarsi vittima di un qualche dispotismo nascosto. Nascono così i don Chisciotte postmoderni, sfiniti da illusorie battaglie, schiavi di sè e di illusioni, incapaci di contribuire al bene comune. "La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione" cantava Gaber in uno dei suoi testi più belli: è l'interesse vivo per il bene comune a renderci autenticamente liberi, poiché la libertà ha bisogno di vincoli e legami per crescere. È il suo paradosso: accoglierlo è accogliere essa stessa, dunque crescere. L'antico adagio della libertà che "finisce dove comincia quella altrui" è sempre valido.


La conferma più altisonante di ciò è la stessa etimologia della parola, dal latino "liber", che letteralmente significa figlio. Un figlio, in effetti, è una libertà che ti cresce dentro: a partire dalla gestazione, ha bisogno di legami vitali, ma soffoca fino a morire nel controllo esasperante, ad ogni età. Un figlio è un vincolo che, a partire dai primi attimi, ti stravolge i piani, ti libera dall'egologia, e ti costringe a dare il meglio affinché tu possa consegnargli un mondo migliore. E se l'esperienza genitoriale non è scontata (per sorte o per scelta), essere figli, invece, è un'esperienza che ci accomuna, che ci riguarda tutti, che ci avvicina, che ci fa simili, consanguinei di sangue umano, oltre le pure questioni cromosomiche. Proprio come la libertà. Non furono certo i legami di parentela ad animare i partigiani, ma lo sperimentarsi orfani di un vero Paese e il bisogno di sentirsi tutti figli di qualcosa di nuovo, per lasciare qualcosa di buono ai figli che sarebbero venuti. E anche se, dopo settantasette anni, ci ritroviamo in un paese difettato e precario, dovremmo seriamente benedire la resistenza che ha generato la nostra esistenza e imbracciare la libertà che possediamo (e la possediamo!) per continuare la liberazione.

Sì, la libertà non è un dato, ma un processo; non è una meta, è il percorso. E ogni giorno le nostre libertà vanno liberate da qualcosa che le opprime, nella consapevolezza che non esistono libertà private e libertà pubbliche, ma un solo modo di essere ovunque persone mature e autodeterminate. Ciò significa essere in grado di garantire un'osmosi vitale tra l'interiorità e la dimensione pubblica cui ogni persona è vocata, vigilando sulle ricadute sociali della nostra preziosa privacy, la quale non è uno spazio di affrancamento dalle regole, ma il luogo in cui si impara a far pace con i vincoli, con i doveri che abbiamo verso noi stessi e gli altri.

Non sta forse in questo il godimento dell'esistere? Del resto, secondo alcuni, "libertà" e "libidine" sono parole collegate. E allora auguri a tutti: che le nostre liberazioni ci rigenerino alla vita; che le nostre libertà ci donino purissimo, altissimo piacere; che questa giornata ci colga figli di un sogno, ancora e sempre.

 

 

 
 
 

27 aprile 2022, 8

Post n°3011 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Liberazione e pace
Di Giuseppe Losappio -25 Aprile 2022


Incombeva ancora la guerra. Aldo Moro legge nella storia un sentimento nuovo ...e scrive una sconvolgente Preghiera
"Siamo tutti in attesa di una liberazione".
"Noi sentiamo il peso grave di mille oppressioni e la ferocia di questa storia umana senza umanità ci prende in una morsa alla quale non è possibile sfuggire. Chi può ricordare senza raccapriccio il terrore seminato nella nostra vita in mille forme, da tutte le parti con una continuità implacabile, con uno zelo feroce?"

...


"In questo mondo cattivo noi aspettiamo una liberazione, dal mondo.

Ma questo mondo è fatto da noi, uomini che andiamo intrecciando assurdi rapporti di odio, che andiamo disperdendo la vita che dovremmo salvare e svolgere in tutto il suo valore. Non possiamo essere liberati dal mondo, se non ci liberiamo da noi stessi. Ma chi ci libererà da noi?

Noi sentiamo enunciare, mentre il mondo soffre, un programma di libertà. ... Per liberarsi dal bisogno degli uomini lo accrescono smisuratamente e il terrore domina dove passano gli eserciti che sono fatti di uomini; l'uno contro l'altro, fremendo alla vista del volto umano dell'avversario da uccidere".

Ad ogni lettura di queste parole sublimi, l'incrocio unico, irripetibile e, quindi, assoluto tra le circostanze personali (speranze, dolori, fremiti per dirla ancora con le parole di Moro) e lo scenario locale e globale, nel quale ogni esperienza umana si colloca, alimenta riflessioni e connessioni differenti.

Una guerra, devastante, sanguinosa, orribile come tutte ma non distante come molte altre evoca le parole di uno straordinario libriccino di Immanuel Kant, Per la pace perpetua.

Nell'opera, il filosofo di Königsberg detta le condizioni provvisorie, definitive e segrete per l'ultimo e irrevocabile rifiuto delle ostilità belliche tra gli uomini. Tra le altre (V condizione provvisoria): "Nessuno Stato si deve intromettere con la forza nella costituzione di un altro Stato". Salvo il caso della guerra civile, ammonisce Kant, nulla lo autorizza. L'intervento di altre potenze nella vita di un "popolo che non dipende da alcuno e che lotta soltanto contro un malessere interno", sarebbe uno "scandalo vero, rendendo malsicura l'autonomia degli altri stati".

 

 

 
 
 

27 aprile 2022, 7

Post n°3010 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Cesare fui e son Iustiniano (Paradiso VI)
Di Paolo Farina -24 Aprile 2022


«E dentro a la presente margarita
luce la luce di Romeo, di cui
fu l'ovra grande e bella mal gradita»
(Paradiso VI, vv.127-129)
È il canto di Giustiniano, il sesto del Paradiso, un canto di argomento politico, come tutti i sesti canti della Commedia. Questa volta, seguendo il climax ascendente del sesto dell'Inferno e del sesto del Purgatorio, centrale è la storia dell'Impero che Dante, con il suo consueto anacronismo e una celebre metafora, considera come un unico "volo dell'aquila": dalle leggendarie origini troiane all'età della monarchia, a quella della repubblica romana, all'impero fondato da Augusto, sino agli eventi più recenti.

Parla, ma non attira la nostra simpatia Giustiniano. Lui, si sa, è un imperatore, con tanto di prosopopea. Tace su quanto non gli conviene, ad esempio, sull'ingiusto trattamento riservato al suo valente Belisario, mentre esalta il proprio operato, in particolare l'emanazione del Corpus iuris civilis.


Quindi, si lancia in una severa filippica contro chi si oppone al «sacrosanto segno» imperiale (v.32) pur con ragioni del tutto antitetiche: da una parte, i Ghibellini che tentano di appropriarsene per secondi fini; dall'altra, i Guelfi che si illudono di poterlo sostituire con i gigli di Francia.

È la parte finale del lungo monologo di Giustiniano che, a dire il vero, attira la mia attenzione: dopo aver ricordato che qui sono beati quando hanno operato il bene per ottenere gloria terrena, ecco che l'imperatore si sofferma sulla figura di Romeo di Altavilla, la cui anima risplende e le cui azioni furono ripagate con l'ingratitudine. Al di là del fatto che il suo destino possa essere facilmente accostato a quello del medesimo Dante, mi pare che la sua capacità di mendicare il pane con dignità, dopo essere stato consigliere del conte di Provenza e averne sposato le quattro figlie con altrettanti re, sia la più plastica e lampante spiegazione di quel «Cesare fui e son Iustiniano» (v.10): sono stato un Cesare, un imperatore, ma resto semplicemente Giustiniano.

Come a dire: passa la gloria del mondo, scivola via qualsivoglia titolo o medaglia, nulla resta se non la tua o mia «luce» (v.128), ammesso che non l'abbiamo smarrita. Si può essere consiglieri a corte, re e persino imperatori. Si può essere multimiliardari, oligarchi e persino capi di Stato. Tutto passa, tutto scorre. Nulla resta, se non quel che sei quando sei nudo. In nuda veritas.

Forse è così che si risorge.

Lucio Anneo Seneca: «Presto diventa infamia la gloria dei superbi».

Alda Merini: «La nudità mi rinfresca l'anima».

Maria di Nazareth: «Ha rovesciato i potenti dai troni».

 

 
 
 

27 aprile 2022, 6

Post n°3009 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Pace in Ucraina
Di La smorfia -23 Aprile 2022


DISSE IL LUPO ALL'AGNELLO:

«FACCIAMO PACE? DAI, VIENI QUI, NON TI FACCIO NIENTE...»

_ pallino umano _


FONTEhttps://pixabay.com/it/illustrations/dio-gesù-cristo-santo-spirito-5900304/

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Le tossine dell'amore di Vina Rose

La smorfia
Come quella del grande e indimenticato Massimo Troisi... O, se volete, come quella di un bambino che non vuol mangiare la verdura. Oppure come quella del babbo che vuol far divertire i figlioletti. Magari come quella del paziente dal dentista... Prendete tutte queste situazioni, aggiungetene molte altre, diciamo tante quante l'attualità sa offrirne, assoldate una brigata di abili e cinici osservatori, mescolate ben bene gli ingredienti, concentrate il tutto in una sola battuta e guarnite con abbondante ironia: ecco pronta "La smorfia", da servire ogni giorno sulle pagine di "Odysseo". Da assaporare subito, appena sfornata.

 

 
 
 

27 aprile 2022, 5

Post n°3008 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Le tossine dell'amore di Vina Rose
Di Miky Di Corato -23 Aprile 2022


Si intitola "Sweet Denial" il nuovo singolo di Vina Rose. Proveniente da una famiglia di musicisti, Vina Rose canta il dolce negarsi all'altro, la difficoltà nel lasciar andare la persona che amiamo perché è la stessa a provocarci dolore e sofferenza.
Ciao, Vina Rose. Quanto è difficile fare musica per una figlia d'arte?

25Non posso proprio dirti di avere avuto delle vere difficoltà nel fare e poi perseguire la musica come carriera, anzi ho sempre ricevuto pieno supporto e sostegno da parte dei miei genitori e dalla mia famiglia, quindi sono proprio orgogliosa di esserlo e sono consapevole che non sarebbe stato lo stesso senza si loro.


"Sweet Denial", il dolce negare al centro del tuo singolo è la principale ragione delle relazioni tossiche?

Direi che è una costante abbastanza comune in quel tipo di situazioni, perché è più facile negare a se stessi il danno che questo tipo di relazioni può causare, che affrontare e scontrarsi con quella che è poi la dura realtà.

Da donna, come si può riuscire a lasciar andare qualcuno che ti provoca, al tempo stesso, amore e sofferenza?

È molto difficile riuscire a controllare i sentimenti, specialmente quando sono estremamente intensi e profondi, e non esserne dunque schiavi: l'essere incatenati in una situazione simile non succede però sempre, ma solo quando secondo me si è davvero predisposti a lasciarsi andare e a rendersi completamente vulnerabili; è lì che andrebbero prese delle precauzioni per non "perdersi" completamente nell'altra persona.

Progetti futuri?

Tanta nuova musica in lavorazione, un remix di "Sweet Denial" in preparazione e concerti in programma per la stagione estiva presto in arrivo.

 

 

 
 
 

27 aprile 2022, 4

Post n°3007 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Muri immensi
Di Monica Fornelli -22 Aprile 2022


Muri immensi,

difesa di sé, acquosi


sguardi completamente persi

nel flusso di nuovi incontri.

Chiusura forzata per

sostenere un ego che

chiede sicurezza.

Mi guardo nell'altro,

pupille miopi,

impossibilità a riconoscersi

perché nulla siamo

per noi stessi lontani

dai nostri fratelli.

Paure razionalizzate, inutili,

alterate da scontri fratricidi:

sorridere e accarezzarsi il cuore

per ritrovarsi in fondo al tunnel,

per riscoprirsi migliori,

per riconoscersi nello specchio dell'altro.

***

"...si creano nuove barriere di autodifesa, così che non esiste più il mondo ed esiste unicamente il "mio" mondo, fino al punto che molti non vengono più considerati esseri umani con una dignità inalienabile e diventano semplicemente "quelli". Riappare «la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare i muri, muri nel cuore, muri nella terra per impedire questo incontro con altre culture, con altra gente. E chi alza un muro, chi costruisce un muro finirà schiavo dentro ai muri che ha costruito, senza orizzonti. Perché gli manca questa alterità »."

[Lettera enciclica "Fratelli tutti", del santo padre Francesco sulla fraternità e l'amicizia sociale]

 

 

 
 
 

27 aprile 2022, 3

Post n°3006 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

De-sideribus
Di Myriam Acca Massarelli -22 Aprile 2022


«Tre cose vuole il campo: buon lavoratore, buon seme, buon tempo»
Senza entrare troppo nel merito delle etimologie, desiderio.

Sono giorni che ripeto questo sostantivo senza apparente soluzione di continuità, senza ragione, così, avrei voluto spogliarlo, più che leggerlo e ripeterlo. Ci penso, ci rimugino, lo mollo, lo riprendo, lo metto a letto e a volte resto sveglia io.


Dal latino desiderium, composto di de e sidera, che è la mancanza delle stelle o de-sideribus, come stare sotto le stelle ad aspettare qualcosa. Da un lato l'idea che manchino stelle, dall'altra quella che ci siano e facciano da tetto ad una qualche attesa.

Mi piace pensarla nella seconda accezione anche perché i desiderantes erano soldati che aspettavano i compagni lontani, non rientrati dal campo di battaglia. Mi soffermo a pensare che una di loro doveva essere Penelope, ma questa è un'altra storia... sto facendo indigestione di poemi omerici con mio figlio, quindi è fisiologico andare a parare su di lei.

E cosa significa? Ci vedo mancanza, forse anche un po' di apprensione e quindi di primo acchito mi sovviene l'idea di bisogno, attesa, tensione.

Un movimento verso qualcosa di assolutamente indefinito, che aspettiamo, ci manca e ci spinge a metterci in condizione di accorciare le distanze: mentre desideriamo, quindi, siamo su una strada, stiamo percorrendo un cammino che apre spazi infiniti. Ci siamo noi e c'è un evento: in mezzo quel soffitto di stelle a chiarirci le linee necessarie.

Ieri ero seduta di fianco ad un collega ed ambedue ascoltavamo le stesse cose: in maniera del tutto pertinente con ciò che si dipanava sotto ai nostri occhi, mi si è avvicinato, ha tirato giù per un istante la mascherina ed io istintivamente gli ho porto l'orecchio. "È proprio costitutivo dell'essere umano eh, non trovare pace, non accontentarsi, cercare", mi ha detto. Mi sono girata, ho tirato giù io la mascherina e ho sussurrato, "Desiderare. Si dice: desiderare". Mi ha guardata per un istante lungo tutte le riflessioni del mondo, è tornato dritto, ha ripreso a guardare in avanti. Non ci siamo detti altro.

In effetti, un tempo hanno provato ad insegnarmi che il desiderio è qualcosa di meno puro della speranza, poiché è quest'ultima a fornire la spinta necessaria per andare Verso, ma hanno provato anche a fregarmi insegnandomi a colorare per forza nei margini. Ha funzionato, ha funzionato benissimo, fino a che non ho imparato che ho già talmente tanti limiti fisiologici... quelli posticci sono superflui, inutili, ridondanti e inessenziali.

Dunque ho cercato, ho cercato ed ho cercato e ho dedotto che l'errore sta alla base: sui vocabolari uno dei sinonimi del desiderio è il bisogno e trovo sia uno squilibrio non da poco. Il desiderio è compagno dell'essere, il bisogno è compagno dell'avere. E quindi dobbiamo per forza demonizzare l'avere?

Non credo proprio, poiché il fondo di verità esiste: abbiamo bisogno di avere quel qualcosa, perché quel qualcosa ci fa esseremigliori.

O, perlomeno, questa è la mia percezione di necessità, è questa la ragione per la quale desidero: mi avvicino all'indefinibile e questo infonde un entusiasmo difficilmente replicabile. Qualcosa che probabilmente non ha un capo e non ha una coda, qualcosa che più semplicemente è.

Si tratta alla fin fine di possedere un'idea nei meandri della pancia, sentire che si scava una strada verso il petto dove riesce a stazionare in uno spazio più aperto, dove l'aria è meno rarefatta e l'atmosfera più respirabile ed è incredibile come quel campo conservi sempre uno spazio totalmente bianco, che ha bisogno di essere riempito.

Qualcuno disse volli, volli, fortissimamente volli. Allora, forse, si può anche dire voglio, voglio, fortissimamente voglio.

 

 
 
 

27 aprile 2022, 2

Post n°3005 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

Il genere, il sesso e Marlene Dumas
La mostra dedicata a Marlene Dumas a Palazzo Grassi
La mostra dedicata a Marlene Dumas a Palazzo Grassi

Da noi, in Patria, ogni volta che c'è da fare una nomina uomini di mezza età si accaldano nei consigli di amministrazione lambiccandosi alla ricerca di "una donna" - indistinta, quota rosa, qualsiasi - ne basta una su dodici posti disponibili per aver salva la coscienza. Perché questo è lo spirito del tempo, giusto?, lo hanno capito anche i mandarini sempiterni: per fare "come si deve" bisogna trovare una donna, e chissà come procedono nella ricerca: se hanno salvato i nomi femminili tutti alla "D", se vanno a memoria, se chiedono alle mogli, alle figlie cinquantenni e alle giovani amanti un aiuto da casa.

Non ci riescono quasi mai, avrete notato, e quando succede diventa notizia: perbacco, eccola, una donna. Forse - forse - è sbagliato il metodo. Si potrebbe procedere per meriti, per competenze, per qualità specifiche e poi all'interno di quelle osservare un equilibrio: tra i molto bravi a far quello che serve scegliere uomini e donne in parti uguali. Lo so, è una vecchia storia ma esco dalla Biennale curata da Cecilia Alemani (naturalmente indicata come la "Biennale delle donne", indeterminato plurale) con la sensazione rinnovata che le eccellenze tra gli spiriti illuminati siano distribuite a prescindere dai sessi, basta offrire tribuna a chi ha qualcosa da dire per averlo chiaro.

Tra tutte l'esposizione di Marlene Dumas a Palazzo Grassi brilla per potenza visionaria, eretica e poetica, erotica, ironica. Le bocche, i sessi, le gallerie di volti (saranno maschi? Saranno femmine?) e non occorre essere giovani all'anagrafe per leggere il tempo, non è detto che un'artista di 68 anni non sia in grado di decifrare il futuro meglio di qualcuno dell'età dei suoi figli, o altrettanto. Pensa te.

 

 
 
 

27 aprile 2022

Post n°3004 pubblicato il 27 Aprile 2022 da donmichelangelotondo

(Leggo)

«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» Gv 3,16-21.

 

Dio non si limita a rendere migliori solo coloro che già sono già buoni. Dio non prende le distanze nei confronti del male. Non osserva dall'alto tutte le cose così poco appetitose che sono nel mondo. Dio entra in tutto il mondo buono e cattivo, trasformandolo con la sua Luce!

 

(Prego)

O Signore Gesù, che ci chiami a fare ogni giorno la scelta fra la luce e le tenebre, Fa' che le nostre opere siano compiute in Dio con quella fedeltà alla verità che sei tu stesso, Sapienza eterna del Padre, che vivi e regni nei secoli dei secoli.

 

(Agisco)

Come il nostro Dio NON E' VENDICATORE, così nella mia vita fugga ogni tentazione di vendetta.

 

 
 
 

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