Creato da donmichelangelotondo il 27/10/2013
proporre buoni e belli pensieri
 

Messaggi del 21/05/2022

21 maggio 2022, 6

Post n°3138 pubblicato il 21 Maggio 2022 da donmichelangelotondo

"Nello sport si vince senza uccidere,

in guerra si uccide senza vincere"

(Shimon Peres)

 

 
 
 

21 maggio 2022, 5

Post n°3137 pubblicato il 21 Maggio 2022 da donmichelangelotondo

(Leggo)
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me»

Gv 15,18-21.


...e niente, Gesù non ci ha mai ingannato o preso in giro.


(Prego)

O Signore, che ci hai detto che il servo non è più grande del suo padrone, concedi a noi, da te eletti e amati come tuoi amici, di discernere ciò che nel mondo è contro la tua volontà da ciò che invece è conforme alla tua Parola.


(Agisco)

Di fronte alle difficoltà rinnovare e rinfrancarci nel nostro mettere la fiducia in Lui.

 

 
 
 

21 maggio 2022, 4

Post n°3136 pubblicato il 21 Maggio 2022 da donmichelangelotondo

Dalla politica della Fratellanza e dell'Unità alla retorica dell'odio
Di
Vincenzo Pastore -
21 Maggio 2022
Il futuro dei Balcani, complicato e sempre pronto a deflagrare, passa da quello dell'Europa e della Russia

La Costituzione del 1974 dava la possibilità alle Repubbliche di Jugoslavia (Serbia, Croazia, Slovenia, Bosnia, Macedonia, Montenegro) di potersi separare dalla Federazione e di diventare indipendenti, ad eccezione delle due province Vojvodina e Kosovo, dove vivevano delle minoranze, che godevano tutto sommato di una certa autonomia. In un certo senso, Tito aveva intuito che dopo la sua morte, avvenuta il 4 marzo 1980, la Repubblica Socialista avrebbe potuto sciogliersi. Fino ad allora, serbi, croati, bosniaci e sloveni avevano vissuto fianco a fianco, in pace, cercando di favorire "l'unità e la fratellanza" tra le varie etnie e anche dopo la dipartita del Maresciallo non ci furono nell'immediato grossi problemi di convivenza.

La caduta del Blocco Orientale ha favorito ataviche rivalità tra le diverse etnie che hanno scatenato l'inferno delle guerre jugoslave. Non è un caso che la prima Repubblica a separarsi, la Slovenia, avesse vissuto il distacco in maniera quasi indolore, in virtù del fatto che lì le spinte etniche erano meno pressanti rispetto al resto della Federazione e per la maggiore vicinanza del territorio al contesto mitteleuropeo, col quale gli sloveni avevano maggiore affinità. Diverso discorso per quei territori dove vivevano fianco a fianco croati, serbi e musulmani che si fronteggiarono in una guerra che conobbe l'infausta variabile della pulizia etnica. Non solo bisognava reclamare l'indipendenza territoriale, ma i confini nazionali dovevano essere "purificati" dalla presenza straniera. Si doveva perseguire il sogno della Grande Serbia, della Grande Albania o della Grande Croazia, una riunificazione etnica che avrebbe disgregato il vecchio Stato in entità etniche allargate, che minacciavano anche Stati sovrani terzi (discorso che riguarda la creazione di una Grande Albania comprendente territori della Grecia).

A questo proposito, difficile pensare a una proiezione geografica della distribuzione etnica dei vari popoli, allorquando le etnie convivevano e si mescolavano, nel vero senso della parola, rendendo impossibile una delineatura grafica sulla cartina. E allora la soppressione, le violenze e gli esodi si resero utili per eliminare la presenza ostile, un tempo il fratello nell'unità dello Stato (il motto della RSFJ era "Bratstvo e Jedinstvo fratellanza e unità). Portare a termine l'unità etnica ha comportato la creazione di Stati sui quali restano forti dubbi e resistenze. È il caso del Kosovo, eticamente diviso un tempo in albanesi e serbi (non esisterebbe il kosovaro in senso stretto), che rappresenterebbe il primo passo verso la creazione della Grande Albania, una transizione verso uno Stato unitario albanese; o il caso ancor più spinoso della Bosnia-Erzegovina, un Paese creato a tavolino all'indomani degli accordi di Dayton, che non dispone di una vera e propria costituzione, ma di un accordo internazionale scritto in inglese, dove il fuoco del conflitto brucia ancora sotto la brace, in una situazione volutamente tenuta in sospeso dalle forze straniere, pronte a riaccendere la miccia nella polveriera balcanica.

Non è giusto tuttavia pensare all'inevitabilità di un conflitto etnico e lo dimostra la secolare convivenza delle varie etnie, come viene spesso ricordato dai romanzi di Andrić e dalla volontà di creare uno Stato degli Slavi del Sud che riunisse i vari popoli in un'unica realtà nazionale e che si liberasse dell'oppressione austro-ungarica. Ancor oggi a Belgrado ad esempio vivono e lavorano croati, albanesi e macedoni, in un contesto di tolleranza, e proprio in Serbia esistevano scuole per albanesi e ungheresi (presenti ancora), insomma in favore delle minoranze. Anche dal punto di vista della lingua, le differenze sono pressoché minime. Viene da pensare che la disgregazione dello Stato jugoslavo sarebbe stata inevitabile anche perché costituzionalmente definita a suo tempo, ma un conflitto così cruento e sanguinoso poteva essere evitato, soprattutto dalle potenze atlantiche che hanno colpevolmente indugiato sugli orrori che venivano commessi al di là dell'Adriatico, sfruttando la debolezza storica della Russia.

Il futuro dei Balcani, complicato e sempre pronto a deflagrare, passa da quello dell'Europa e della Russia. L'attuale conflitto ucraino russo potrebbe divenire il pretesto (la Republika Srpska da tempo chiede di separarsi da Sarajevo e il Kosovo teme un'azione di Belgrado) per riaprire la contesa in nome di ragioni etniche sempre disponibili per la causa.

 

 
 
 

21 maggio 2022, 3

Post n°3135 pubblicato il 21 Maggio 2022 da donmichelangelotondo

LE PICCOLE LIBERTÀ
Di
Monica Fornelli -
21 Maggio 2022
di Lorenza Gentile

Questo racconto leggero, di piacevole lettura, scorre veloce e nella sua semplicità ti rapisce perché ci si ritrova a vivere una Parigi non da turisti, ma da "iniziati" al gusto un po' bohémien della ville lumière.

La trama si perde nei meandri dei pensieri e delle emozioni di Oliva mentre assapora ed impara piano piano ad apprezzare quelle piccole libertà che ti fanno sentire viva.

"Ci sono piccole libertà che ci cambiano per sempre perché tante piccole libertà ne fanno una grande."

Nella semplicità delle piccole cose dimora l'eterno di uno sguardo rivolto al nostro io più felice.

Seguire il proprio istinto, mordere con passione attimi di vita imprevisti ed improvvisi, non darsi per vinti perseverando nell'inseguire i propri sogni: tutto questo così apparentemente impalpabile nell'ovvietà dei desideri che ognuno di noi possiede si tramuta in opportunità vere e concrete nell'inaspettata quotidianità di Oliva.

Ci si ritrova, così, ad annusare una nuova positività nel pensare ai tanti "qui ed ora" che tessono la nostra vita immaginando che basta volere perché tutto diventi possibile.

Un felice salto nel regno del realizzabile mangiando macarons stando a cavalcioni sul muretto che costeggia la Senna.

Siete pronti anche voi ad intraprendere questo viaggio? Dedicatevi del tempo spensierato!!!

 

 
 
 

21 maggio 2022, 2

Post n°3134 pubblicato il 21 Maggio 2022 da donmichelangelotondo


La gestione dei rimproveri in un team
di Riccardo Luna
La gestione dei rimproveri in un team
20 Maggio 2022 alle 12:45
1 minuti di lettura

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Se c'è una cosa che ho imparato in tanti anni che mi occupo di startup e che seguo la cultura della Silicon Valley, è l'importanza della gestione dei rimproveri in un team (ma anche in una famiglia): se vuoi che una squadra resti una squadra, se non vuoi umiliare chi ha sbagliato, se lo vuoi aiutare a sbagliare meno, il rimprovero non è mai pubblico. Davanti ai colleghi. In una chat che tutti possono leggere.

La segnalazione di un errore si fa in privato. Fare il contrario è una pubblica gogna. Vuol dire esporre il malcapitato anche alla riprovazione dei colleghi: è un'umiliazione inutile e dannosa che giorno dopo giorno demolisce una squadra. Lungi dall'impedire altri errori, che invece ci saranno, impedisce altre iniziative, proposte, idee. Trasforma i componenti di un team in automi che per evitare i rimproveri si debbono conformare a svolgere esattamente le mansioni che gli sono state affidate senza cambiare nulla, senza proporre nulla. Senza il coraggio di segnalarti se stai facendo a tua volta un errore. Questo impoverisce una squadra. Che diventa come una pianta senza fiori. Viva, ma spenta.

Una volta il preside di una scuola media ha chiamato un ragazzo per sospenderlo per cattiva condotta. Per i primi 20 minuti lo ha riempito di elogi per il suo talento, al punto che quello pensava lo stesse premiando. Poi gli ha detto che a malincuore lo sospendeva un giorno così che potesse tornare a essere se stesso. Quel preside ha capito tutto: i rimproveri sono fondamentali, ma vanno ridotti al minimo. Solo per le cose davvero importanti e senza umiliazioni. Perché sulla paura di sbagliare non si costruisce alcun successo.

 

 
 
 

21 maggio 2022

Post n°3133 pubblicato il 21 Maggio 2022 da donmichelangelotondo


Incanto fonico ordigno di poesia

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La performer Silvia Calderoni porta in scena MDLSX da Middlesex di Geoffrey Eugenides

La performer Silvia Calderoni porta in scena MDLSX da Middlesex di Geoffrey Eugenides

La voce l'orecchio la parola il respiro, elenca Mariangela Gualtieri, "semi della divinità". "Mi pare sia sempre più necessario dare voce viva alla poesia, diffonderla come si dà pane agli affamati perché sempre più la denutrizione è psichica e interiore". Arte Orale, poiché la poesia nasce appunto come evento sonoro: recitata a memoria, cantata, declamata. "Avventuroso cammino verso la solonostra voce. Solonostra voce. Giace sul fondo bambina ammutolita striminzita giace".

Non ha bisogno di maschere, la nuda voce: maschere per non patire, per proteggere sé, per abbellire sé. "L'incanto fonico", lo chiamava Amelia Rosselli: così s'intitola questo libro gioiello manuale da mandare a mente. Sottotitolo, "l'arte di dire la poesia". Strumenti, alcuni: il silenzio, la memoria, la paura, l'attenzione, il respiro, il pianto. "L'aristocrazia degli attenti. La sola a cui appartenere". E ci guardava entrare da un manifesto, il volto di Mariangela Gualtieri, ieri all'ingresso dell'Angelo Mai - luogo dove si fa un teatro che dà a ciascuno il posto che cerca, luogo libero, nella Roma assediata.

Di nuovo Silvia Calderoni con la compagnia Motus portava in scena, come dal 2015 fa con incessante successo, MDLSX da Middlesex di Geoffrey Eugenides. "Un ordigno sonoro", dice il programma di sala. Incanto, ordigno. Non si può dire, bisogna vivere l'esperienza di libertà dei confini del corpo, di appartenenza ciascuno al proprio corpo che Calderoni offre al pubblico affamato e spesso infine in lacrime di gioia. Viene voglia di esserci ogni sera a trovar pace ma "non potrò tornare, domenica", le ho detto. "Non posso". Ha sorriso: "Il teatro è fatto per questo: per essere perso". Il teatro, e anche noi.

 

 
 
 

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