solitudine nel vento

trovando...mi


..Egli mi conquista l’intelletto e l’anima, ogni giorno di più, ogni ora di più, senza tregua, contro la mia volontà, contro la mia resistenza. Le sue parole, i suoi sguardi, i suoi gesti, i suoi minimi moti entrano nel mio cuore. Quando parliamo insieme, talvolta io sento che la sua voce è come l’eco dell’anima mia. Accade talvolta che io mi senta spingere da un subitaneo fascino, da un’attrazione cieca, da una violenza irragionevole, verso una frase, verso una parola, che potrebbe rivelare la mia debolezza. Mi salvo per prodigio e viene allora un intervallo di silenzio, nel quale io sono agitata da un terribile tremito interiore. Mi sembra che una fiamma mi corra sotto la pelle del viso, quasi che io stia per arrossire. S’egli cogliesse quell’attimo per guardarmi risolutamente negli occhi, sarei perduta. Io non so prendere una risoluzione non so fare un proposito. Io mi abbandono un poco a questo nuovissimo sentimento, con il trepidante ardire di chi, per cogliere le violette, s’avventura sull’orlo di un abisso in fondo a cui rugge un fiume vorace. Egli non saprà nulla dalla mia bocca. Le anime saliranno insieme un breve tratto, berranno qualche sorso alle fonti perenni, quindi ciascuno riprenderà la sua via, con maggiore confidenza con minor sete. I moti del mio spirito prendono forma d’interrogazione, di enigmi. Io interrogo di continuo me stessa e non rispondo mai.Non ho avuto il coraggio di guardare proprio in fondo, di conoscere con esattezza il mio stato, di prendere una risoluzione veramente forte e leale. Io sono pusillanime, vile, ho paura del dolore, voglio soffrire il meno possibile, voglio ancora ondeggiare, temporeggiare, palliare. Salvarmi con sotterfugi, invece di affrontare a viso aperto la battaglia decisiva. Il fatto è questo: che io temo di rimanere sola con lui, d’aver con lui un colloquio grave. L’ artificio è indegno di me. O voglio assolutamente rinunziare a questo amore, ed egli udirà la mia parola triste e ferma.  O voglio accettarlo nella sua purità, ed egli avrà il mio consenso spirituale. Ora io mi domando: che voglio?  Quale scelgo delle due vie? Rinunziare? Accettare? Rinunziare è ormai come strappare, con le mie unghie una parte viva del mio cuore. L’angoscia sarà suprema, lo spasimo passerà i limiti di ogni sofferenza. Accettare è l’eroismo che viene coronato, premiato dalla divina dolcezza che segue ogni forte elevazione morale, ogni trionfo dell’anima sulla paura di soffrire. Accetterò. Ara con pianti, anima dolorosa, per mietere con canti d’allegrezza!...(D'Annunzio... Il piacere)