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Più nero che qui


Più nero che qui (Monetti Ragusa Editori, 2014) è l’ultima opera di Antonio Giugliano, già autore di Racconti Bastardi (trovate qui nel blog la recensione digitando il titolo). Giugliano confeziona un libro dal ritmo serrato, rutilante, dai toni cupi, dalla prosa allucinata.   L’inizio ricorda atmosfere alla Blade Runner, con questa città incessantemente bagnata da una pioggia che anziché apparire purificatrice, sa di sporco e corruzione, così come sporca e corrotta è l’allegorica società che fa da cornice ai travagli di un amore “incatenato” tra un uomo e una donna sposata con un boss della malavita (che però potrebbe essere un qualunque uomo potente del Belpaese). L’autore descrive un mondo grottesco che porta il lettore a domandarsi se sia più grottesco quello del libro o quello reale.  Nascosto tra le varie metafore che Giugliano adopera nel libro, vi è un memento da tenere in attenta considerazione: l’inquietante quanto reale presagio è rappresentato dal monte Cacagna.  Più nero che qui è a mio modesto parere un buon libro sulla deriva della società e sull’amore, che pur mascherato dal tanto sesso (esplicito, selvaggio, compulsivo), traspare da queste pagine “violente”, lasciando al lettore un retrogusto dolceamaro. Nonostante i soffocanti miasmi di Cacastreppa. Voto personale: 7 e mezzo.