dottormanser

Storia di un uomo


Da qualche parte ho già scritto che la mia passione per la lettura è nata una volta terminate le scuole. Prima di diplomarmi avrò letto sì e no (più no che sì) una decina di libri. Se dovessi giustificare la cosa direi che all'epoca tra andare a scuola la mattina fino al pomeriggio, poi fare allenamento la sera e studiare dopo cena, tempo per godersi un libro non ce n'era proprio materialmente. Alle nove di sera spesso ero con la testa appoggiata sulla scrivania cotto come una pera e più di una volta mi sono addormentato a letto vestito. Se a questo fatto aggiungiamo che i proffi ti sceglievano libri noiosi da leggere in un paio di settimane per fare la famosa scheda del libro, la frittata era fatta: voglia di letteratura zero! Apro parentesi: secondo me neanche i proffi leggevano i libri che ci davano perché pur non leggendo il libro in questione riuscivo sempre a prendere almeno 7 scrivendo due cavolate (ai miei tempi si davano i voti con i numeri, non so ora). Chiusa parentesi. Tra la decina scarsa di libri che ho detto di aver letto fino alla fine c'è Storia di un uomo di Fred Uhlman, uno dei pochi libri che ho apprezzato alle Superiori. Tra l'altro nella quarta di copertina c'è una frase che devo aver inserito anche in Come un fiore nel deserto e che mi porto dentro da allora: "E' la storia di un uomo... la cui unica ambizione, ahimè irrealizzabile è raggiungere le stelle non con un razzo ma con la propria arte." Allora è la mia storia, mi dissi prima di iniziarlo! :-)
(scheda pubblicata per l'edizione del 1987)scheda di Ventavoli, B., L'Indice 1988, n. 4Già dal titolo volutamente incolore emergono gli intenti narrativi di Uhlman, conosciuto dai contemporanei più per la sua attività di pittore che per il suo talento letterario. È questa una straordinaria autobiografia nata non dalla volontà di immortalare eventi ma dal desiderio di raccontare la storia di un uomo, ebreo, nato in Germania nel l90l, e quindi coinvolto nelle grandi catastrofi del nostro secolo. Pur dedicando molta attenzione all'evoluzione dell'antisemitismo durante il regime hitleriano, Uhlman procede pacatamente, conducendoci per mano, come un eroe di Bellow, attraverso i luoghi della sua diaspora, nella Parigi dei grandi pittori, poi nella Spagna della guerra civile e infine nell'idilliaca Inghilterra. Gli eventi più sconvolgenti sono frammisti alla minuteria dell'aneddoto e l'autobiografia assume la forma di un romanzo intriso di garbati sentimenti, dello stupore e della delicatezza propri di un uomo che si è salvato per puro caso dal crollo degli argini della razionalità. Pagina dopo pagina emerge il ritratto di un individuo che ha inseguito con passione il sogno di vivere per l'arte, di un cittadino che ha cercato in ogni anfratto della storia di affermare il valore della tolleranza e della cortesia, di un maturo gentiluomo di campagna che tira le somme di un'esistenza, sinceramente convinto di aver fallito nel suo intento: diventare un grande artista. Ma questa autobiografia, insieme al successo postumo del romanzo "L'amico ritrovato", è la più netta smentita di quella convinzione.